“Rimango doppiamente allibito nell’apprendere dal portavoce Della Vedova che la riunione del direttivo prevista per oggi di Scelta Civica si risolverà nell’approvazione di un documento ‘montiano’ e che chi non lo condivide sarà pregato di lasciare il partito”. Così il capogruppo alla Camera di Sc, Lorenzo Dellai, affida a Formiche.net tutto il suo stupore per il vertice di oggi post dimissioni di Mario Monti. E avverte: “Nessun processo politico al ministro Mauro. Ma niente lista comune alle europee col Pdl”.
Quel documento ha il sapore di un aut aut?
Spero che queste dichiarazioni da ultimatum e queste bozze di documenti siano delle boutade, o meglio delle iniziative incontrollate e non quello che dovrà andare al vaglio del voto questa sera. Se così fosse si determinerebbe una spaccatura della quale credo nessuno oggi sente il bisogno.
Chi ha tradito Mario Monti?
Nessuno all’interno di Sc ha immaginato di tradire la linea politica per prefigurare accordi di qualsiasi tipo con il senatore Berlusconi o con il Pdl. Ho ragione di ritenere, avendogli parlato a lungo, che questo non sia l’intendimento del ministro Mario Mauro e degli altri che con lui hanno sostenuto negli ultimi giorni la direttrice che sembra essere l’oggetto dello scontro.
Qual è il punto di disaccordo allora?
Credo vi sia l’esigenza di monitorare attentamente tutto ciò che accade nell’intero quadro politico, nel presupposto che comunque un ciclo si è esaurito. Naturalmente Sc è chiamata a interagire con questi processi politici. Spero per queste ragioni che stasera non si voglia forzare il direttivo, con un documento che determini un processo politico al ministro Mauro. Di contro mi auguro si apra un ampio dibattito, anche alla luce del difficile momento circa la tenuta di un governo che è nell’interesse del Paese. Sarebbe paradossale che venisse proprio da Sc un elemento di fibrillazione e di destabilizzazione, visto che siamo nati per offrire un contributo di serietà.
Ha fatto bene Monti a compiere quel passo indietro?
Rispetto la sua decisione, ma credo abbia sbagliato perché di fronte a problemi politici la strada dovrebbe essere quella del chiarimento. Invece quelle dimissioni hanno comportato un’accelerazione drammatica.
La vera frattura allora è tra cattolici e laici?
Penso di no. La politica italiana si muove per fortuna sul piano della laicità e i tempi della divisione fra credenti e non, è ampiamente superata. Ma un partito politico quando supera la sua fase primordiale è chiamato a definire più precisamente i contorni della propria identità. Voglio dire che per affrontare le elezioni è stato sufficiente e prezioso riferirsi ad un insieme di proposte programmatiche, valorizzando l’esperienza del governo tecnico.
Ma dopo?
Quando si transita verso la volontà di diventare un soggetto politico vero e proprio, come noi abbiamo deciso di fare, a quel punto serve aggiungere un ragionamento più complessivo di identità e visione politica. In questo senso certamente si confrontavano in Sc delle visioni differenti, ma non per questo incompatibili.
Popolari contro liberali?
C’è una tradizione che si riferisce al popolarismo ed una che si richiama ai contenuti della cultura liberale. Penso però che la politica sia sintesi, non divisione. Dunque oso pensare che in Italia ci sia bisogno di una forza politica popolare che incorpori anche i valori liberal-democratici che ormai fanno parte del sistema.
Possibile una lista unica alle europee di maggio con Sc, Udc e Pdl?
La escludo, nessuno che io sappia dentro Sc ne ha fatto cenno. Nessuno ha mai pensato che quel richiamo al Ppe, che lo stesso presidente Monti aveva evocato e che fa parte della mia cultura politica, possa diventare l’ombrello sotto il quale alle europee far convivere progetti politici che oggi nel nostro Paese sono radicalmente diversi. Un conto è l’attenzione a ciò che sta accadendo all’interno del Pdl, altro dichiarare alleanze che in questo momento non si spiegherebbero dal punto di vista delle visioni e dei programmi. Creerebbero solo grande confusione.
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