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Müller sui divorziati richiude la porta aperta da Papa Francesco

Al Sinodo straordinario sulla pastorale della famiglia manca un anno, ma le riflessioni sull’argomento non mancano. Il tema è delicato, come dimostra il caso di Friburgo, dove un piccolo ufficio diocesano ha emanato un documento in cui si apriva alla possibilità di riammettere ai sacramenti i divorziati risposati.

Un incidente che aveva fatto clamore, al punto che l’amministratore apostolico, mons. Robert Zollitsch (di certo non un conservatore) era stato costretto a chiarire la portata insignificante della lettera, sminuendone il contenuto.

Quel documento, diceva il presidente della conferenza episcopale tedesca, non poteva avere valore pratico. Andava letto alla luce dell’invito all’accoglienza di tutti nella chiesa e alla misericordia. In effetti, la misericordia è una delle parole più usate dal Papa impegnato a sanare le ferite nel suo ospedale da campo. E proprio in riferimento alla questione della famiglia, dei sacramenti e della situazione dei divorziati, durante la conferenza stampa a bordo dell’aereo Rio-Roma dello scorso luglio si era detto convinto che questo “è il tempo della misericordia”. Ma ecco che, a tre mesi di distanza, arriva sull’organo ufficiale della Santa Sede, l’Osservatore Romano, una inversione completa. A compierla è il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, mons. Gerhard Ludwig Müller.

“Il falso richiamo alla misericordia”

Due pagine per dire la sua sul tema, in qualità di custode dell’ortodossia cattolica: “Attraverso quello che oggettivamente suona come un falso richiamo alla misericordia si incorre nel rischio della banalizzazione dell’immagine stessa di Dio, secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare. Al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la santità e la giustizia; se si nascondono questi attributi di Dio e non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno mediare alle persone la sua misericordia”. Parole chiarissime, che a una prima lettura potrebbero sembrare una smentita completa di quanto detto dal Papa. In realtà, Müller precisa il significato vero e primario di misericordia, evitando per l’appunto, facili banalizzazioni. Come se il pentimento non fosse necessario, che tanto Dio è buono e perdona tutto e tutti.

Il concetto “problematico” di coscienza

Su un altro punto, però, la distanza appare ampia, tra il prefetto e il Pontefice: è il caso del primato della coscienza. Scrive Müller che “sempre più spesso viene suggerito che la decisione di accostarsi o meno alla comunione eucaristica dovrebbe essere lasciata alla coscienza personale dei divorziati risposati. Questo argomento, che si basa su un concetto problematico di “coscienza”, è già stato respinto nella lettera della Congregazione del 1994. Certo, in ogni celebrazione della messa i fedeli sono tenuti a verificare nella loro coscienza se è possibile ricevere la comunione, possibilità a cui l’esistenza di un peccato grave non confessato sempre si oppone. Essi hanno pertanto l’obbligo di formare la propria coscienza e di tendere alla verità; a tal fine possono ascoltare nell’obbedienza il magistero della Chiesa, che li aiuta «a non sviarsi dalla verità circa il bene dell’uomo, ma, specialmente nelle questioni più difficili, a raggiungere con sicurezza la verità e a rimanere in essa» (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis splendor, n. 64)”. E ancora, “se i divorziati risposati sono soggettivamente nella convinzione di coscienza che il precedente matrimonio non era valido, ciò deve essere oggettivamente dimostrato dalla competente autorità giudiziaria in materia matrimoniale. Il matrimonio non riguarda solo il rapporto tra due persone e Dio, ma è anche una realtà della Chiesa, un sacramento, sulla cui validità non solamente il singolo per se stesso, ma la Chiesa, in cui egli mediante la fede e il Battesimo è incorporato, è tenuta a decidere”. Il richiamo, sottolinea il titolare dell’ex Sant’Uffizio, va a uno scritto dell’allora cardinale Ratzinger risalente al 1998 e pubblicato sull’Osservatore Romano due anni fa (“La pastorale del matrimonio deve fondarsi sulla verità” .

No all’ipotesi ortodossa sulle seconde nozze
Chiusura netta anche all’ipotesi “ortodossa”, cui aveva fatto riferimento Francesco sempre nell’intervista aerea. In quella circostanza, il Pontefice aveva detto che “Con riferimento al problema della Comunione alle persone in seconda unione, perché i divorziati possono fare la Comunione, non c’è problema, ma quando sono in seconda unione, non possono. Io credo che questo sia necessario guardarlo nella totalità della pastorale matrimoniale. E per questo è un problema. Ma anche – una parentesi – gli Ortodossi hanno una prassi differente. Loro seguono la teologia dell’economia, come la chiamano, e danno una seconda possibilità, lo permettono. Ma credo che questo problema – chiudo la parentesi – si debba studiare nella cornice della pastorale matrimoniale”. Müller, invece, benché riconosca che “oggi nelle Chiese ortodosse esiste una varietà di cause per il divorzio, che sono solitamente giustificate con riferimento alla oikonomìa, la clemenza pastorale per i singoli casi difficili, e aprono la strada a un secondo o terzo matrimonio con carattere penitenziale”, spiega che “questa prassi non è coerente con la volontà di Dio, chiaramente espressa dalle parole di Gesù sulla indissolubilità del matrimonio, e ciò  rappresenta certamente una questione ecumenica da non sottovalutare”.

 

L’apertura alle dichiarazioni di nullità matrimoniali
Dove il prefetto mostra un’apertura, invece, è sul tema della nullità dei matrimoni: “La mentalità contemporanea si pone piuttosto in contrasto con la comprensione cristiana del matrimonio, specialmente rispetto alla sua indissolubilità e all’apertura alla vita. Poiché molti cristiani sono influenzati da tale contesto culturale, i matrimoni sono probabilmente più spesso invalidi ai nostri giorni di quanto non lo fossero in passato, perché è mancante la volontà di sposarsi secondo il senso della dottrina matrimoniale cattolica e anche l’appartenenza a un contesto vitale di fede è molto ridotta. Pertanto, una verifica della validità del matrimonio è importante e può portare a una soluzione dei problemi”.

 


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