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Datagate, che cosa ha detto Minniti al Copasir

Ha provato a spegnere il fuoco delle polemiche del caso Datagate Marco Minniti (Pd, nella foto), che ieri è stato ascoltato dal Copasir in merito al ruolo di Servizi e governo nel programma di sorveglianza elettronica Prism messo in atto dalla National security agency americana.

LE PAROLE DI MINNITI
Il sottosegretario con delega all’Intelligence ha escluso che i Servizi “sapessero” della raccolta dati Usa su comunicazioni italiane e ha rimarcato che non c’è evidenza che quanto accaduto in Francia sia successo anche in Italia.
Gli americani sono gelosi dei loro sistemi e poco propensi a divulgare le loro metodologie pur se a Paesi amici come l’Italia, anche se pochi giorni fa, proprio il Copasir, in un incontro con i vertici di Cia ed Nsa ha ricevuto spiegazioni di massima sul metodo utilizzato da Washington per raccogliere dati.
È ragionevolmente certo” che le comunicazioni all’interno del territorio italiano non siano state intercettate dal sistema di “pesca a strascico” e “fin dalle prime notizie di stampa sul caso Snowden – ha aggiunto Minniti in audizione – sono stati attivati canali diretti con gli Usa, con lo svolgimento di importanti incontri bilaterali, ai massimi livelli tecnici, che si sono aggiunti agli incontri svolti dal gruppo di lavoro Ue-Usa costituito appositamente nello scorso mese di luglio“.

LE RASSICURAZIONI DI KERRY
Incontri che hanno preceduto quello di ieri nella capitale italiana tra il premier Letta e il Segretario di Stato americano John Kerry. Roma ha chiesto a Washington di verificare le indiscrezioni secondo cui l’attività di spionaggio statunitense abbia interessato anche il nostro paese. Istanza che Washington ha accolto con atteggiamento definito “collaborativo” dalle autorità italiane: l’intero dossier, ha spiegato la delegazione statunitense, è oggetto di un approfondito esame della pubblica amministrazione.
Il tutto all’indomani della lettera che il garante per la Privacy Antonello Soro (Pd) ha rivolto a Palazzo Chigi di chiarire i contorni della vicenda perché, se fossero vere le voci, sarebbero “violati i principi fondamentali in materia di riservatezza” dei cittadini e messi in luce i punti critici nella sicurezza dei nostri sistemi informatici.

IL FRONTE DEGLI SCETTICI
Scettici alcuni membri del Comitato, come Claudio Fava (Sel) e Felice Casson (Pd), che ritengono invece probabile che anche gli italiani siano “spiati” dal “Grande orecchio” Usa.
Il primo sottolinea che “ci sono documenti pubblici, come l’intervento al Congresso americano del capo dell’intelligence Usa, James R. Clapper, che ammette la raccolta a strascico di dati nei confronti anche di cittadini non americani per ragioni di sicurezza“. E dunque, aggiunge, “non c’è nessuna ragione per ritenere che quanto è venuto fuori in Francia non sia accaduto anche in Italia“.
Il deputato di Sel evidenzia poi come “mentre la Francia convoca l’ambasciatore americano, il nostro Governo vuole tranquillizzare, ma io la penso diversamente da Minniti, non sono tranquillo e ricordo che le intercettazioni, secondo la legge italiana, sono reato“. Sulla stessa linea Casson, secondo cui “desta preoccupazione il fatto che nessuno sia in grado di dire che il fenomeno sia limitato alla Francia, anzi, la logica fa pensare che possa essere successo anche altrove“.


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