Skip to main content

Berlusconi, Vendola e un paio di pensieri garantisti

La notifica degli avvisi di conclusione di indagini ai vari indagati nell’inchiesta “ambiente svenduto” all’Ilva di Taranto consente ad essi di presentare entro venti giorni dalla data della stessa notifica memorie difensive e altri documenti alla Procura, ed anche di essere ascoltati in merito ai reati contestati. Successivamente, la Pubblica accusa valuterà se chiedere o meno in sede di udienza preliminare il rinvio a giudizio, che verrà deciso peraltro dal Giudice al termine della stessa udienza, che potrebbe anche durare molto a lungo. Si è voluto ricordare quanto stabilito dal codice di procedura penale soltanto per sottolineare un’ovvietà: e cioè che l’avviso di conclusione di indagini è solo un momento – significativo certo, ma ancora preliminare – di un iter giudiziario ancora lungo e che giunge a sentenza definitiva solo al terzo grado di giudizio.

La semplice riproposizione di tali elementi – in un momento in cui il clima quotidiano della vita politica italiana sembra arroventarsi sempre di più sulle questioni irrisolte della giustizia – vuole richiamare l’attenzione dei lettori sulla necessità che in ogni schieramento politico, fra tutti i partiti, su certa stampa di opinione e più in generale nell’opinione pubblica nazionale si ritorni a ricordare e a praticare i principi di civiltà giuridica, costituzionalmente sanciti, che dovrebbero caratterizzare il ricorso alla giustizia e la sua amministrazione.

E’ una considerazione questa che lo scrivente – un convinto garantista per formazione culturale ed esperienza accademica e professionale – ritiene debba valere per qualsiasi cittadino che sia chiamato a rispondere in sede giudiziaria dei propri comportamenti, pubblici e privati; ed ovviamente anche per quei cittadini che si chiamino Nichi Vendola e Silvio Berlusconi, giusto per essere molto chiari.

Lo sappiamo: oggi in Italia, il dibattito sull’uso della giustizia e sulla riforma dei suoi ordinamenti non riesce ancora a superare la fase dei talk show e degli articoli di autorevoli opinionisti sulla stampa, senza che si avvii nell’unica sede competente – e cioè in Parlamento – quel processo legislativo capace di riformare in profondità un assetto della giustizia di cui il Paese ha ormai impellente bisogno da molti anni.

Ci riusciremo nei prossimi mesi, alla luce anche del lavoro svolto in materia a suo tempo dai saggi nominati dal Presidente Napolitano? E’ auspicabile, ma non sarà facile ottenere il riordino, anche perché le opposte fazioni usano da lungo tempo le questioni della giustizia come armi contundenti per sterili accuse e controaccuse, rispetto alle quali il cittadino contribuente, utente primo quando occorra dei servizi di giustizia, resta inerme e indifeso.

Allora, per quanto possa apparire scontato l’appello lanciato con questo intervento, chi scrive rivolge un invito – staremmo per dire una supplica – a tutte le forze politiche, agli operatori della giustizia, e a tutti coloro che ne hanno titolo ad avviare (finalmente) quel percorso di riforma degli ordinamenti giudiziari che gli Italiani attendono con impazienza, insieme ai provvedimenti della legge di stabilità e ad una politica economica che rilanci il Paese e la sua occupazione.

Ma un elemento deve essere assolutamente chiaro al Legislatore: l’Italia ha bisogno di ordinamenti giudiziari che ‘garantiscano’ realmente i cittadini, tutti i cittadini, che non possono essere considerati in alcun modo sudditi, o peggio – quando incappino nelle maglie della giustizia – colpevoli, ‘a prescindere’ e quasi sempre dati in pasto a gogne mediatiche in-tol-le-ra-bi-li in uno Stato veramente di diritto. La drammatica vicenda di Silvio Scaglia – detenuto innocente per un anno, come ha voluto ricordare egli stesso affermando tuttavia di avere avuto i mezzi per difendersi, a differenza di tanti cittadini poveri che tali mezzi non hanno – è l’ennesimo, severissimo monito da rivolgersi a tutti coloro che amministrano la giustizia e soprattutto al Parlamento che non riesce a legiferare in materia.

Settori sociali sempre più ampi di questo Paese stanno purtroppo imbarbarendo e avvelenando ogni giorno la vita di molti dei suoi cittadini. Fermiamoci prima che sia troppo tardi, siamo ormai sull’orlo del burrone.

Federico Pirro


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter