Dove sta la differenza?
Nell’acquisto di un Suv con risorse derivanti dal finanziamento pubblico del gruppo consigliare?
Nel fatto che, ad un certo punto, si è trovata persino una ex fidanzata che si era concessa una vacanza al seguito dell’uomo politico messo alla gogna?
Nell’organizzazione di un ballo in maschera (che poi risultò pagato in proprio dai padroni di casa) per partecipare al quale occorreva indossare una testa di porco, un po’ trimalcionesca, su di una tunica romana?
Nello scoprire che tutti i gruppi godevano di stanziamenti tanto abbondanti da non sapere come fare a spenderli?
Non ce ne siamo dimenticati: tutti questi fatti hanno costituito un intollerabile surplus di amoralità tale da provocare un sussulto di indignazione popolare grazie ad una campagna mediatica assatanata, in cui si sono distinti i commentatori più “in” dei grandi quotidiani (quelli che con gli attacchi alla Casta hanno trovato l’America) e gli anchorman più accreditati, allo scopo di ottenere le dimissioni della Presidente della Regione Lazio (col solito argomento che “non poteva non sapere”), far cadere la legislatura e indire nuove elezioni.
Bene. Ciò che è stato è stato. Ma, adesso, è venuto il momento di chiedersi se davvero vi sono e dove stanno le sostanziali differenze tra gli eventi di un recente passato che hanno provocato, nel Lazio, importanti sconvolgimenti politici (la Lombardia è un caso a sé, anche se meriterebbe considerazioni non troppo distanti da quelle che stiamo svolgendo), e quanto sta capitando nel Consiglio regionale dell’Emilia Romagna?
In che cosa Francone Fiorito è diverso da Marco Monari? Nella stazza corporea? Certamente, ma la differenza vera è un’altra: il primo era capogruppo del Pdl in una Regione governata dal centro destra; il secondo guidava il Pd in una Regione storica del centro sinistra. Il primo, come tutti quelli della sua parte, era considerato disonesto fino a prova contraria; il secondo, onesto e corretto per definizione.
Vi siete accorti di qualcuno che – sia pure in via teorica – si ponga il problema (che so?) delle dimissioni del presidente Vasco Errani e del ritorno anticipato alle urne? A tali conseguenze non si accenna nemmeno.
Avete notato se davanti alle torri della Regione in zona Fiera qualcuno si sia presa la briga di manifestare? Neanche l’ombra.
L’ordine regna a Varsavia. Eppure, ci sono consiglieri agli arresti, decaduti, sospesi o rinviati a giudizio. Fino ad ora, però, è stata l’opposizione di centro destra a soffrire di più. Poi nel tritacarne del peculato sono finiti tutti i capigruppo; tutti, compresi quelli che fanno maggior esibizione di virtù civiche. Per trarre conclusioni di carattere penale occorrerà attendere la chiusura delle indagini, le valutazioni della magistratura, poi l’esito dei processi.
Ma se si vuole applicare a Bologna (e dintorni) il principio per cui hanno rilievo, in politica, anche gli aspetti etici ben prima e al di là delle loro conseguenze sul piano penale, che cosa dovrebbe succedere, di nuovo, per indurre Vasco Errani a pronunciare in Aula la frase fatidica (“Questi li caccio io”) della presidente Renata Polverini alla Pisana?
Invece, il presidente Errani, dopo un lungo silenzio, ha rilasciato interviste che tentano di metterci una pezza distinguendo tra l’istituzione e le persone che vi operano. Quasi come il sacerdote quando dice messa (“Non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua chiesa”). E ribadendo che, nonostante qualche scorrettezza (censurabile sul piano etico), la Regione Emilia Romagna resta all’avanguardia anche nel campo della moralità pubblica.
Quanto alle prospettive, c’è da aspettarsi soltanto che lo scandalo si allarghi e peggiori, seguendo quei percorsi a cui siamo stati abituati, che sembrano fatti apposta per aizzare l’opinione pubblica: le cene luculliane, i viaggi, i gioielli, gli abiti; insomma la bella vita, con l’aggiunta di alcuni camei, da eccesso di zelo, veramente singolari, come la richiesta del rimborso del gettone del bagno pubblico. Che spettacolo!
All’estero l’uso della carte di credito è uno dei mezzi con cui si combatte l’evasione fiscale, mentre da noi diventa il passepartout per le spese di rappresentanza a gogò. Il Pd, comunque, rischia che gli crolli addosso il mondo in poche settimane, perché la Procura bolognese non fa sconti a nessuno. Agirebbe bene, allora, azzerando tutto, portando la Regione alle elezioni anticipate insieme alle amministrative del prossimo anno.
Soltanto il voto popolare può compiere quell’opera di moralizzazione della vita pubblica che è indispensabile proprio in nome della saldezza delle istituzioni. Almeno così ci hanno insegnato proprio loro, dando la caccia a Silvio Berlusconi che, per i suoi vizi, almeno sprecava soldi suoi.