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Storace, Meloni e Fini, chi bisticcia per la cassa di Alleanza nazionale?

Francesco Storace, leader de la Destra, l’ha detto a chiare lettere sabato scorso a Roma battezzando il movimentoxlalleanzanazionale assieme a Roberto Menia e ad Adriana Poli Bortone: “Tenetevi i soldi, ma lasciateci il simbolo”. Perché uno dei tratturi da percorrere per comprendere cosa sta accadendo nel mondo della destra italiana, porta dritto a via della Scrofa, storica sede del Msi e di An, ma luogo fisico in cui si trova la cassaforte di famiglia della destra italiana: che ha in pancia un patrimonio stimato in svariati milioni di euro (230 milioni di euro, scrive oggi il quotidiano la Repubblica).

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Movimentoxlalleanzanazionale
Il dado è stato lanciato sul tavolo da gioco dal nuovo triumvirato destroso Storace-Menia-Poli Bortone, che non intendono certo attendere gli eventi sponda Pdl né farsi tagliare fuori da riunioni e assemblee sotto l’ombrello dell’Officina dei Fratelli d’Italia, che tra l’altro pare abbia incassato il “no, grazie” a guidarla da parte di Giuseppe Cossiga. Ragion per cui, dopo i veti e le liste di proscrizione stilate da Fdi, hanno deciso di andare da soli, ritrovando il simbolo di An e l’entusiasmo dei duemila sostenitori intervenuti sabato scorso al Parco dei Principi (ecco tutte le immagini).

Officina
Ma è proprio quello il punto: i “concorrenti” Meloni e La Russa non ci stanno, sostengono che il simbolo non può essere toccato perché è di tutti. Bene, è stato detto loro alcuni mesi fa, quando la destra iper balcanizzata iniziava a leccarsi le ferite della scottatura elettorale: ma adesso cosa impedirebbe di riunificarsi? E qui sta il punto della questione, perché se da un lato c’era la volontà politica e personale di azzerare un passato e un presente sull’altare di un futuro tutto da costruire, dall’altro i veti (alcuni dei quali anche suggeriti dagli ex aenne rimasti nel Pdl) ancora una volta hanno schiacciato le novità. Freni che coincidono con i cordoni della borsa.

Veto
“Giù le mani dal simbolo di Alleanza nazionale, non può essere usato che senza che ciò sia stato concordato con la Fondazione che ne è unica titolare”. É l’avvertimento lanciato pochi giorni fa dal presidente della Fondazione Alleanza Nazionale, Franco Mugnai secondo cui “nessuno, senza un previo concerto con la Fondazione, è autorizzato all’utilizzo del simbolo”. E quanti intendessero farlo sono invitati a “desistere da tale utilizzo non concordato, evitando iniziative unilaterali che provocano inutili tensioni e divisioni fra quanti, viceversa, hanno unitariamente condiviso il percorso storico di An”. La replica a stretto giro, nei fatti, è ciò che il nuovo triumvirato ha poi pubblicamente sostenuto.

Menia dixit
“Chi ha paura del simbolo di An” si è chiesto per tutta risposta il coordinatore di Fli, Roberto Menia? Che osserva: “Se qualcuno la giudica nostalgia pura è padrone di farlo, ma non per questo strumentalizzi il nostro slancio invocando commi e leggine. La forza delle idee sta in chi crede ad una bandiera, più che in un patrimonio”.

Cda
Oltre a Franco Mugnai, senatore pidiellino, nel cda della Fondazione di An ci sono Francesco Biava (ex alemanniano passato con Fratelli d’Italia), Pierfrancesco Gamba, Gianni Alemanno, Antonino Caruso, Egidio Digilio, Maurizio Gasparri, Donato Lamorte, Ignazio La Russa, Maurizio Leo, Marco Martinelli, Altero Matteoli, Roberto Petri, Giuseppe Valentino. Un cda per tre quarti berlusconiano e per un quarto targato Meloni-La Russa. ”Come pensate che possano essere d’accordo nello spartirsi il bottino” si chiede un vecchio dirigente missino passato da Fiuggi? “Quelli lì sarebbero disposti anche a congelare tutto, pur di non dare un centesimo ai compagni di ieri”. Capito?


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