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Vi spiego perché viviamo in un post Snowden world. Parla Ignatius

La portata intrinseca delle rivelazioni sul programma di spionaggio della National Security Agency americana è destinata a fare del Datagate un vero e proprio spartiacque dell’epoca moderna. Un “post Snowden world“, lo ha definito qualcuno.
Come David Ignatius, editorialista del Washington Post, autore di diversi bestseller negli Usa e keynote speaker in un seminario promosso a Roma dal Centro Studi Americani, che in una conversazione con Formiche.net spiega cosa è cambiato nei rapporti tra Stati Uniti ed Europa.

Qual è lo stato di salute delle relazioni tra Usa ed Europa nel mondo dopo Snowden? E che sfide possono affrontare insieme?
La sfida principale per gli Stati Uniti in questo momento è quella di ricostruire la fiducia con l’Europa per i danni fatti dalle rivelazioni di Snowden. Molti europei si sentono come se l’America li abbia spiati, abbia invaso la loro privacy. Queste preoccupazioni devono essere ridotte. E per farlo gli Stati Uniti hanno bisogno di fare due cose. La prima è applicare nuovi metodi più efficienti di intelligence; non è stato pregevole controllare i telefoni cellulari di leader alleati, come Angela Merkel. Bisogna cercare di essere meno invasivi riducendo allo stesso modo potenziali rischi. In secondo luogo penso che gli Stati Uniti debbano iniziare a considerare l’idea di mostrare alle nazioni amiche d’Europa e, chissà, anche agli altri Paesi, che le loro conversazioni non sono “rubate” dagli americani, che bisogna dar per scontato che facciano parte della sfera privata e che vengono selezionate per contrastare il terrorismo e il crimine internazionale. C’è poi un altro nodo importante in questa discussione ed è: come possiamo avere regole che proteggano la privacy, limitino la possibilità che le agenzie d’intelligence ci spiino e tengano allo stesso tempo internet più aperto possibile? Internet si sta espandendo in modo dinamico; solo vent’anni fa non esistevano i browser e guarda invece dove siamo oggi. Se questo è avvenuto in modo così veloce è proprio perché non ci sono stati regolamenti o limiti, mentre ora i politici si dicono indignati e vorrebbero burocratizzare la Rete. Ma bisogna essere molto cauti, perché rallentando internet si va incontro anche a ripercussioni economiche e non solo. Ad esempio, in Cina, dove la diffusione di internet è volutamente frenata per motivi politici, le aziende cinesi non riescono ad essere presenti allo stesso modo dei loro competitor sul piano globale. E questa è una riflessione che l’Europa dovrebbe fare.

Il Medio Oriente brucia: Libia, Siria, Egitto e non solo. Crede che sia davvero il frutto del disimpegno degli Usa nell’area in virtù del “pivot to Asia” e della rivoluzione energetica di shale oil e gas?
Credo che il pivot abbia diverse ragioni. Una è il riconoscimento che il futuro politico ed economico mondiale, dal punto di vista sistemico, sia in Asia e gli Stati Uniti bilanciano con questo uno spostamento dal Medio Oriente, dove sono troppo presenti. Personalmente, però, credo che le relazioni transatlantiche debbano rimanere forti perché gli Usa commetterebbero un errore a voler intraprendere questo nuovo percorso da soli. Penso che sia stato davvero intempestivo che lo scandalo dell’Nsa nel momento in cui l’America stava pensando seriamente con l’Europa al Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), che avrebbe portato via tutta l’attenzione al pivot to Asia e avrebbe stretto ancora di più le relazioni economiche e commerciali tra le due sponde dell’Atlantico, creando di fatto quasi un blocco unico alternativo a Cina e Asia. Io credo che sia importante riprendere quanto prima a discutere del TTIP, grazie al supporto di tutti gli alleati europei ma in particolar modo dell’Italia, che tra qualche mese eserciterà la presidenza di turno dell’Unione europea.
Il vostro Paese è una nazione tradizionalmente amica con la quale condividiamo facilmente gli obiettivi da raggiungere, nonché la medesima visione del mondo.

I negoziati sul nucleare iraniano di Ginevra 2 sembrano essersi arenati. Perché? Come legge l’ostruzionismo francese? E cosa accadrà nelle prossime settimane?
L’accordo con l’Iran era davvero vicino ad essere raggiunto. E credo ci siano due elementi che abbiano fatto dire all’Iran che non poteva accettarlo. Gli Usa hanno rifiutato di riconoscere alla Repubblica Islamica il diritto di arricchire l’uranio in preambolo a questo accordo; e, sempre gli americani, hanno insistito che fermassero immediatamente lo sviluppo del reattore ad acqua pesante di Arak. L’Iran non riteneva accettabili queste condizioni e ha preferito rinviare un accordo. Dopodiché Fabius, che non fatto nessuna delle due proposte che ho illustrato, ha reagito in modo insolitamente rumoroso e pubblico al volgere dei negoziati, lasciando ipotizzare quasi una spaccatura nel gruppo dei 5+1, come se gli altri avessero un atteggiamento troppo morbido nei confronti di Tehran. Perché lo ha fatto? Io credo perché Fabius abbia visto in questo l’opportunità per la Francia di proteggere e garantire l’Arabia Saudita nel caso in cui venisse meno la tradizionale alleanza con gli Stati Uniti, in modo da prendere il suo posto tra i Paesi occidentali di riferimento. Credo che i francesi lo vogliano in modo spropositato.

Mid-term elections. Che giudizio daranno i cittadini dell’Amministrazione Obama?
Credo che questa tornata sarà un referendum fra le politiche del presidente in carica e l’attività dei parlamentari repubblicani. Da un lato la gente critica lo stallo dello shutdown generato dall’opposizione, ma dall’altro è arrabbiata con Obama per molti motivi, ad esempio per la riforma del sistema sanitario che – a causa delle scarse adesioni al programma e ai problemi con il sito internet – è un tema che imbarazza il presidente ogni giorno.

Dopo il giro di boa del medio termine si aprirà lo spazio per discutere delle prossime presidenziali. Quali gli scenari sul fronte democratico e repubblicano?
Sul fronte democratico c’è Hillary Clinton, ma ci sarà spazio anche per Joe Biden, John Kerry e qualche sorpresa. Ma credo che sia più interessante ciò che accade nel mondo repubblicano, dove il fermento è palpabile. Tutto è da costruire e stanno emergendo personalità nuove e interessanti, come Chris Christie.



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