“E’ un dibattito che non comprendo”, dice senza mezzi termini il costituzionalista ed ex senatore del Pd Stefano Ceccanti, a proposito del congresso dei socialisti europei come un pericolo all’anima cattolica del Pd. Ceccanti, in una conversazione con Formiche.net, ne spiega le ragioni e analizza ai raggi x i candidati alle primarie dei democrat, non senza pungere un popolare come l’ex ministro Beppe Fioroni.
Qualcuno vede il congresso del Pse a Roma come una prospettiva esclusivamente socialista per il Pd: è così?
Francamente è un dibattito che non comprendo e di cui mi sfugge il senso. A livello europeo ciò che esiste è fondamentalmente il gruppo parlamentare, non il partito che è una realtà molto soft. Noi abbiamo deciso di stare nel gruppo parlamentare dell’alleanza di democratici e socialisti. E nessuno propone di uscirne.
Quindi un falso allarme?
L’unico posto che esiste davvero è dove attualmente siamo. Ciò che emergerà in occasione delle elezioni europee, ovvero la candidatura a Presidente della Commissione europea di Martin Schultz proposta da democratici e socialisti, è un punto che vede tutti favorevoli. Per il resto il Pd, rivendicando la sua autonomia, non è entrato fino ad oggi in questo partito socialista europeo. Ma farne parte esplicitamente non cambierebbe nulla quanto a effetti concreti.
La collocazione europea del Pd può essere un elemento foriero di frizioni interne?
Credo ci sia dietro un ragionamento simbolico ma che non ha nulla a che vedere con i contenuti. Nel senso che le insistenze sia sull’adesione, sia sulla non adesione al partito che in larga parte non esiste, in quanto fa solo delle raccomandazioni soft ai partiti dei paesi membri, sono per coloro che provengono dai Ds mere riaffermazioni di precedenti identità, per gli altri che non hanno medesima provenienza una forma di affermazione di identità in negativo. Ma tutto ciò non cambia nulla rispetto agli effetti dell’esistente: ovvero il gruppo parlamentare europeo e quell’indicazione di Schultz come candidato presidente. Tra l’altro neanche gli esponenti popolari propongono di uscire dal Pse. Inoltre lo stesso gruppo del Ppe negli ultimi anni ha assunto una posizione di marcata fisionomia di centrodestra soprattutto alla luce dell’ingresso di buona parte dei gruppi di centrodestra europei.
Condivide allora la tesi dell’ex direttore dell’Unità Emanuele Macaluso, secondo cui è impensabile oggi una battaglia politica in Italia separata dall’Europa?
Sì, ma anche Macaluso tende a trasformare il ragionamento in un qualcosa di tipo identitario. Il Pd non ha volutamente scritto nel proprio nome “socialista”, perché punta ad accordarsi a un centrosinistra internazionale in cui con il termine socialista si definisce solo una parte, mentre l’aspetto più importante è il termine democratico inteso all’americana. Persino il piccolo partito socialdemocratico tedesco sostiene che in Europa bisogna andare oltre l’Internazionale socialista e abbracciare l’Internazionale Democratica. Per cui un conto è dove siamo, un altro come ci stiamo, perché sosteniamo uno schieramento democratico a livello internazionale.
Il popolare Fioroni dalle nostre colonne ha detto che per ri-fare una sinistra con Sel e tutti gli estremi nel Pd non ci voleva certo Matteo Renzi: è così?
Fioroni ci ha abituati sempre a posizioni molto tattiche. Mi sembra che Renzi non abbia fatto altro che sostenere ciò che pensiamo in molti. Ma Fioroni ha per caso proposto di uscire dal gruppo Pse? O di indicare qualcun altro alla presidenza della Commissione europea in alterativa a Schultz? No. Per cui stiamo parlando del nulla.
La candidatura del Pse a Presidente del Parlamento europeo del giovane greco Alexis Tsipras come va letta?
Mentre la Presidenza della Commissione è una candidatura che si riferisce agli elettori, quella del Parlamento dipende da un accordo tra i due partiti in quanto tradizionalmente è sempre stato così. La scelta del leader greco sarebbe positiva perché ribadirebbe il legame tra la Grecia e l’Unione europea.
Tornando al Pd, qual è il suo candidato ideale alla segreteria?
Procederei per esclusione. Quella di Pittella è una candidatura a sfondo locale, anche in vista di una ricandidatura alle prossime europee: non è una mossa per la guida del Pd, quindi la escludiamo. Civati si muove invece su una linea movimentistica-oppositoria, piuttosto confinante con alcune istanze dei Cinque stelle mentre il Pd necessita di esprimere una posizione maggioritaria e di governo. La scelta di Cuperlo, come dimostra l’intervista di D’Alema, ribadirebbe l’identità di una sinistra tradizionale, ma ciò non farebbe compiere passi in avanti al partito che ha già sofferto di tale logica alle scorse politiche con la candidatura di Bersani.
Resta Renzi…
L’unico nome che apre effettivamente a segmenti di elettorato che mai fino ad oggi hanno votato centrosinistra: penso che per queste ragioni vada votato. Alle primarie non sceglieremo solo un organizzatore ma un segretario che, come nella fisiologia europea, sia anche candidato premier.
Il passo indietro di Romano Prodi era nel novero delle cose?
Dopo i 101 era nella logica delle cose. Ma mi auguro che dopo l’appuntamento dell’8 dicembre ci sia un coinvolgimento tale dal basso che lo spinga ad un nuovo impegno.
La resa dei conti del Pdl di sabato prossimo potrebbe portare “scosse di assestamento” anche fra i popolari del Pd?
Mi sembrano solo fantasie.
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