“Non mi interessa usare i mattoni del vecchio muro per ricostruire un altro muro un po’ più in qua, o un po’ più in là”, dice subito il capogruppo alla Camera di Scelta Civica, Lorenzo Dellai, a proposito dei fermenti Popolari post scissione del Pdl. E propone di fare come la storia ha insegnato: “Quando a Berlino è caduto il muro – dice a Formiche-net – non ne hanno ricostruito uno in un luogo diverso, ma hanno utilizzato lo spazio usato da quel muro per costruire una nuova parte di città, con un nuovo disegno urbanistico, nuove sky line”.
Il Nuovo Centrodestra di Alfano ha le potenzialità per avviare alleanze con il centro e con chi non si riconosce nel centrosinistra?
Appartengo a una cerchia di persone che preferisce prima avviare dei ragionamenti per comprendere ciò che succede, e dopo esprimere giudizi, valutazioni o posizionamenti. Una premessa, che non è retorica, per dire che secondo me ogni fatto che accade nel sistema politico italiano va interpretato alla luce di un qualcosa di più strutturale.
Ovvero?
Abbiamo una serie di fatti di superficie di cui ci occupiamo quotidianamente e di cui però ci sfugge il senso strutturale. Guardando a un parallelismo con la Germania dove è caduto il muro di Berlino, anche in Italia sta accadendo un qualcosa di simile: è finito l’assetto politico edificato dal ’94 ad oggi, attorno all’iniziativa di Berlusconi e a quella in sua opposizione. Il muro cade non solo da una parte ma anche dall’altra.
E quindi nel sistema politico italiano che cosa cambierà?
La caduta di quel muro modificò non solo i paradigmi locali dell’epoca, ma anche quelli occidentali. Un passaggio che ci serve per comprendere le questioni di oggi, ovvero se e in che termini è possibile immaginare un paradigma della politica italiana. A me non interessa molto usare i mattoni del vecchio muro per ricostruire un altro muro un po’ più in qua, o un po’più in là.
Come uscirne dunque?
Penso che dovremmo fare come la storia ci ha insegnato: quando a Berlino è caduto il muro non ne hanno ricostruito uno in un luogo diverso, ma hanno utilizzato lo spazio usato da quel muro per costruire una nuova parte di città, con un nuovo disegno urbanistico, nuove sky line. Ciò che conta è capire se gli avvenimenti dell’attuale momento politico italiano appartengono alla costruzione di un altro muro o di un nuovo progetto urbanistico della città.
Qual è lo scenario auspicato da Scelta civica?
Nel primo caso non saremmo interessati, parlo personalmente ma anche a nome delle persone con cui faccio politica: non trovo utile partecipare alla restaurazione di un muro, in quanto paradigma del passato. Lo stesso concetto di centrodestra è legato a Berlusconi e con lui finirà: è il percorso di una fase politica che sta andando a compimento. Se invece si volesse immaginare, con la prudenza e il tempo che necessitano, una riprogettazione dello spazio politico compresi i contenuti, allora saremmo interessati a discuterne.
Su quale passaggio non transigete?
Il paradigma secondo noi non può essere quello di un nuovo centrodestra. Guardiamo con molta attenzione ciò che è accaduto nel Pdl, pensiamo che l’iniziativa coraggiosa di Alfano di approdare a gruppi parlamentari autonomi contribuisca a dare stabilità al governo Letta. Prendiamo atto che in questa fase si dichiarano in continuità con una storia politica, ma non hanno affrontato il problema dello schema politico legato alle alleanze.
Vi aspettavate di più?
Si è iniziato a muovere un processo, che ha comunque effetti positivi rispetto alla stabilità del governo: un punto che teniamo molto a cuore. Ma sarà necessario attendere come evolverà, quali saranno i paradigmi che si muoveranno non attorno a visioni topografiche ma a visioni legate alle identità e alle culture.
Crede che il futuro della Terza Repubblica sia nel bipolarismo?
Da cattolico democratico di formazione “morotea” ho sempre considerato che il valore della democrazia dell’alternanza fosse fondamentale. Una democrazia che non produce alternanza al proprio interno, rischia di ripiegarsi su se stessa. In realtà il forte dramma degli anni ’70 e ’80, penso alla vicenda Moro, è proprio qui. Con una democrazia inceppata incapace di capire come produrre fenomeni e processi di alternanza. Quindi se per bipolarismo si intende una democrazia che produca proposte dialettiche, identificabili e concorrenti, allora mi auguro sia capace di dare al cittadino l’idea di poter scegliere tra visioni future.
Contrariamente?
Se viceversa per bipolarismo si intende un’artificiosa divisione del Paese in due, con differenze e culture politiche plurali annullate in uno schieramento o nell’altro per il semplice fatto che bisogna essere alternativi, non siamo interessati. Sarebbe una mera riproposizione della sterilità della democrazia politica italiana dell’ultimo ventennio.
Come costruirla?
Bisogna che le parti in causa e in gioco si ridefiniscano in ragione di appartenenze, valori e programmi autentici e non essere artificiosamente costruiti attorno a una visione topografica. Se ne discute pochissimo, molto dipenderà da come evolveranno le situazioni che si sono appena messe in moto.
Crede che un dialogo con il quasi nuovo segretario del Pd, Matteo Renzi, sia nell’agenda di Scelta Civica?
Sc sta vivendo al proprio interno un processo di chiarificazione definitivo, ma anche questo passaggio del riferimento a Renzi mi lascia del tutto indifferente. Mi chiedo: quale il programma, i valori, la visione? Credo che nei prossimi mesi assisteremo a processi di grandi cambiamenti, per cui non tirerei affrettate conclusioni, limitandomi a dire che due sono le grandi priorità politiche al momento: la continuità del governo Letta almeno fino alla metà del 2015 per ragioni legate al contesto italiano ed europeo; il chiarimento che il sistema politico italiano ha l’obbligo perseguire al proprio interno.
Con quali modalità?
C’è bisogno di una ricomposizione attorno a linee di autentica visione politica: e purtroppo non sta avvenendo. Per questo sabato prossimo al teatro Quirino di Roma daremo vita ad un’Assemblea popolare per l’Italia: un’occasione libera di riflessione aperta a chi crede che la visione popolare, di matrice cattolica come di quella laica, possa ancora recitare un ruolo importante.
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