Che succede se un Paese dell’euroclub dovesse dire basta alle manovre tutte austerità e tagli imposte dalla troika perché consapevole che i propri cittadini non ne hanno più? L’interrogativo campeggia sul Financial Times, a proposito del caso greco, dove i rappresentanti dei creditori internazionali chiedono almeno un miliardo e mezzo di euro, che il governo dovrà reperire in qualche modo.
ANCORA SACRIFICI
Jeroen Dijsselbloem, numero uno dell’Eurogruppo, lo ha detto esplicitamente: esorta circa la necessità di fare progressi nei cambiamenti strutturali, ma anche nei negoziati con la troika. “Il processo di valutazione dovrebbe essere completato immediatamente – ha assicurato – Molti ministri delle Finanze della zona euro hanno cominciato a perdere la pazienza”. Ha ammesso che ci sono stati sforzi significativi, ma ha sottolineato la necessità di “nuove sacrifici dei greci”. Tuttavia, ha ribadito che l’Europa fornirà nuovi aiuti ad Atene dopo la fine del programma corrente. “La Grecia ha ancora un po’ di lavoro da fare”, ha ribadito intervistato dal quotidiano ellenico Ta Nea, anche se ad Atene registra “la mancanza di progressi nel paese a fronte degli impegni presi”. Per poi evidenziare in modo un po’ avventato come le misure concordate nel programma di sostegno non sono “misure di austerità”, nonostante il 70% dei greci viva con meno di settecento euro al mese e l’intero settore dei diritti, dalla salute al welfare, viva una congiuntura drammatica. Mentre i trecento deputati non hanno subito un ridimensionamento delle spese.
TAGLI NATALIZI
Lo scenario più probabile è che la Grecia il prossimo Natale sarà attesa da un’altra sforbiciata a pensioni, stipendi e indennità per ovviare all’aut aut imposto da Bruxelles e Berlino: ovvero in assenza di un report positivo da parte della troika, niente nuova tranche di aiuti ad Atene. E nella consapevolezza che il premier greco Antonis Samaras, atteso nelle prossime ore a Berlino da frau Merkel, non avrà il coraggio di dire ciò che i suoi ministri stanno lasciando intendere alla stampa nazionale e non. Cioè che il limite di sopportazione degli undici milioni di cittadini ellenici è stato superato e che nuove risorse o si potranno recuperare dal buco nero della grande evasione, quindi dando seguito alle inchieste sulla Lista Lagarde in cui compare anche i primo consigliere economico del premier, Stavros Papastavrou, laureato ad Harvard, l’università americana dove insegnano l’ex premier Papandreou e l’ex ministro dell’Economia Papacostantinou (quest’ultimo accusato di non aver fatto protocollare la lista giunta da Parigi per corriere diplomatico). Oppure da una ristrutturazione del debito o quantomeno di un memorandum che taglia welfare e diritti, senza investire nella ripresa.
QUI BRUXELLES
La questione ancora una volta verte sul budget. Il portavoce del commissario europeo Olli Rehn, Simon O’Connor, ha lasciata aperta la possibilità che la Commissione europea riceva una sorta di bilancio suppletivo da parte del governo greco, che al momento accusa ancora una forte divergenza con la troika proprio sui numeri del 2014. Il nodo risiede nel fatto che la legge di bilancio ellenica non può essere approvata senza il benestare dei creditori internazionali, che al momento detengono la maggior parte del debito greco. Ma su dimensioni e gap di bilancio ad Atene non si vede come si possa giungere ad un accordo. Quest’anno è stata introdotta persino una tassa sulle auto a metano, quando il resto del continente incentiva l’utilizzo di fonti alternative e meno inquinanti. Ma la Grecia, per questo e per mille altri aspetti, rappresenta un’autentica e drammatica eccezione.
twitter@FDepalo