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Noi, Popolari, non ci alleeremo con Alfano. Parola di Marazziti

Niente lista comune con i fuorisciti dal Pdl, spinta sociale rivolta agli ultimi, contrasto degli antieuropeismi, attenzione ai territori e agli indecisi. Il deputato eletto con Scelta civica, Mario Marazziti, chiarisce a Formiche.net strategie ed obiettivi dei Popolari italiani, all’indomani dell’assemblea al Teatro Quirino di Roma, avviata dopo l’uscita di Mauro & Co. da Scelta Civica in collaborazione con l’Udc. Dove va, dunque, la “nave popolare” messa in cantiere da Mario Mauro e dal mondo cattolico (tra cui Lorenzo Dellai, Lucio Romano, Andrea Olivero, Gregorio Gitti) che ha scelto il divorzio dai montani?

TUTTE LE FOTO DELL’ASSEMBLEA POPOLARE CON MAURO, CASINI E CESA

L’Assemblea dei Popolari ha rilanciato l’offensiva europeista anti populismo, ma ha chiarito anche il rapporto tra centristi e alfaniani?
Innanzitutto sull’Europa noi contrasteremo certamente un euroscetticismo che in questo momento è molto forte e che si radica in un grande disagio sociale. In Italia, come nel continente, esistono alcuni populismi che rischiano di avere un successo elettorale che potrebbe portare forze fortemente antieuropeiste nel Parlamento europeo, aprendo una fase decisamente complessa.

Quale Europa immaginate?
Gli Stati Uniti d’Europa, ma anche un continente che dimostri di diventare più flessibile in quanto rischia di non avere lo slancio per risultare competitivo con la grande Asia e con gli Usa. Pensiamo che siano maturi i tempi per discutere in Europa se le risorse utilizzate per ridurre le distanze tra i Paesi, possano essere considerate investimento e non semplicemente debito. Quindi per contrastare i i populismi occorre un movimento politico che riprenda a parlare con la gente, a radicarsi sul territorio, che compia la fatica di aiutare il disagio per comprendere che noi siamo la maggiore forza di giustizia sociale.

Dialogando con chi e su quali basi?
Sta nascendo un’aggregazione politica, con forze molto autorevoli come le energie liberate da Scelta civica, nuova e non composta da nomenklature. Il che porta ad aprirsi in maniera federata anche ad altre realtà della società civile che non hanno rappresentanza politica.

E rispetto al tentativo di Angelino Alfano?
Siamo due cose diverse.

Da queste colonne esponenti come Lorenzo Dellai e Gregorio Gitti hanno osservato che, in rapporto al Nuovo Centrodestra di Alfano, voi avete lo stesso elettorato ma diverse prospettive: quali?
Intanto ritengo che non abbiamo solo lo stesso elettorato. Quello di Alfano secondo noi ha una proposta molto libera senza le pesantezze del passato. In questo senso una fetta del bacino alfaniano può avere in noi una risposta molto precisa.

Fin dove intendete spingervi allora?
Il nostro elettorato è quello di chi pensa che i poveri debbano stare al centro, che la famiglia sia una grande risorsa anche in termini di welfare per l’Italia, che ha una tradizione liberal-democratica, che crede nella libertà di impresa ma anche nei diritti della persona. Non penso a noi come la semplice casa dei moderati ma al contrario ad una grande forza riformista dalla spiccata caratura sociale.

Si sente quindi di escludere una grande lista comune, popolari e alfaniani, alle europee di maggio?
Non è nel nostro progetto. In questo momento facciamo una scelta di campo e rilanciamo il popolarismo europeo per liberarlo dai populismi. Questo, in parte, ci distingue da alcuni amici di Scelta civica che non hanno avuto una posizione chiara in merito. Noi vogliamo riprendere il dialogo con i territori che nella start-up di Sc è stato avviato.

Perché si è interrotto?
E’ stato un movimento straordinario in una campagna elettorale condotta senza mezzi.

Cosa non ha funzionato in Sc?
La rappresentazione che è stata data anche dai colleghi di Sc e dall’attuale direzione del partito, l’ho sempre trovata infondata. Non era in corso un progetto più confessionale collocato dal centrodestra, come scritto in questo momento sul sito di Sc, come ragione della separazione dei gruppi. Uno scenario, per quanto mi riguarda, surreale. Ma su questo si è voluta marcare la differenza e si sono fatte delle forzature.

Quali le distanze nel merito?
A livello europeo sicuramente una parte degli attuali parlamentari di Sc pensano più all’Alde e non al Ppe. Ma il presidente Monti non più di un mese fa aveva detto chiaramente Ppe. Pertanto non è su questo che è maturata la voglia di distinzione. Ragioni profonde non ne vedo, ma riscontro una differenza di progetto in quanto è molto più evidente la voglia di costruire un soggetto aperto, liberale, popolare e democratico con i presenti al teatro Quirino sabato scorso (ecco la gallery), rispetto agli amici che in questo momento sono alla dirigenza di Sc.

Come replicare a chi osserva che le operazioni centriste non hanno poi così tanto appeal fra gli elettori?
Non lo hanno avuto anche a causa di una legge elettorale che ha impedito la nascita di forti realtà alternative al bipolarismo muscolare ma al tempo stesso bisogna dire che tale sistema è anche in una crisi radicale, in quanto già si è creata una quadripartizione: un grande partito del non voto, un forte movimento grillino che non rientra nel bipolarismo e il 10% raccolto con Sc. La vera sfida oggi è come riannodare un dialogo vero e non solo virtuale con quasi metà dell’Italia che non ha rappresentanza politica, non porsi la domanda sul centro o sul centrino. In tutti i partiti purtroppo i riformisti sono in minoranza, mentre sono maggioranza nel paese e non stanno assieme.

Se si votasse oggi chi sarebbe il vostro candidato premier?
Un elemento che caratterizza la nostra scelta è la fortissima lealtà al governo Letta: non solo una necessità ma la chiave che abbiamo per uscir dalla crisi.

twitter@FDepalo


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