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I consigli di Financial Times e New York Times sul buco greco

Mentre ad Atene si prepara il terreno all’ennesimo scontro tra i rappresentanti dei creditori internazionali e il governo greco sulle misure da attuare entro il prossimo 31 dicembre (altre tasse e eliminazione della firma del ministro del lavoro per procedere ai licenziamenti), due dei più rilevanti quotidiani internazionali, il New York Times e il Financial Times, affrontano lo spinoso caso ellenico in maniera differente e peculiare.

PROGRAMMA RIFORMISTA

Sul Nyt l’economista Aristide Hatzis scrive che la Grecia è una parte di un continente travolto dalla crisi, mentre il potere economico si sta spostando verso i paesi emergenti. Tuttavia, solo l’Europa può aiutare la Grecia a recuperare. E indica tre priorità: liberalizzazioni e lotta alla tassazione eccessiva che produce sommerso; protezione adeguata dei deboli e a basso reddito; riforma dei sistemi obsoleti di istruzione e salute.

VALUTAZIONE SHOCK

Il FT propone una valutazione-shock: analizzando il piano di sostenibilità delle finanze elleniche proposto dalla troika, osserva che nel corso dei prossimi quattro anni, la Grecia o torna alla dracma, o fallisce. In un’analisi sulla coalizione di governo di Germania, il Financial Times rileva che “la classe politica è impreparata per quello che accadrà nei prossimi quattro anni. La grande minaccia per la Germania non sarà l’incremento demografica, ma la crisi del debito in corso nella zona euro”. E porta come esempio di scenari futuri la valutazione Ocse sul debito greco: si stabilizzerà al 160% del PIL nel 2020. Mentre il sostegno dell’UE e del FMI in tutti i programmi di recupero diffusi si basa sul raggiungimento del 124% del PIL. Per cui scrive “o la Grecia farà default o lascerà l’eurozona o entrambi”. E chiede all’Ue di concedere estensioni sui prestiti con scadenze più lunghe e tassi di interesse più bassi.

NEGOZIATI

Proseguono intanto i negoziati della troika con il governo di Atene. Il premier conservatore Antonis Samaras è alla ricerca di un complicatissimo equilibrio, non fosse altro perché se da un lato pochi giorni fa (nel silenzio quasi totale della stampa italiana) Moody’s per la prima volta in sei anni non ha espresso una valutazione negativa sui conti greci, dall’altro è ancora una volta la squadra dei creditori internazionali a fare notizia per via del disaccordo che esiste con il governo ellenico.

MISURE SUPPLEMENTARI

Il nodo sono le aste sulle proprietà e i licenziamenti collettivi, che possono da un lato testare la forza dei gruppi parlamentari al governo delle larghe intese, ma dall’altro portare alla rottura e quindi alla caduta del governo, visto che la maggioranza parlamentare (151 minimo su 300 eletti) può contare solo su tre deputati in più del necessario. “Creare un proprio parlamento e portare lì le misure” è la frase che con frequenza il premier Samaras utilizza ironicamente con i propri collaboratori nei vertici fiume convocati con il titolare delle finanze Stournaras. Sarà quest’ultimo a dover avallare entro Natale le misure lacrime e sangue condicio sine qua non per accedere all’ennesima tranche di aiuti economici, pena il default: quando il ministro delle Finanze dovrà, sotto la pressione della troika, attuare misure dal grande costo sociale e politico. Nonostante l’euforia creata temporaneamente ad Atene nelle ore successive all’incontro di Samaras con la cancelliera Merkel, il governo ellenico “scopre” solo oggi che la troika gioca al rialzo.

I NODI

Ad oggi i punti di disaccordo sono da ricondurre essenzialmente a due macro elementi. Sulle aste immobiliari Atene insiste sul fatto che è necessario abbassare la soglia per il valore oggettivo della residenza al fine di soddisfare i nuclei familiari in difficoltà. Al contrario, la troika preme per l’introduzione di criteri di reddito, che, però, i due partner di governo rifiutano: temono che in quel caso fuori dall’ombrello protettivo verrebbero a trovarsi moltissime famiglie, con conseguenti ripercussioni in termini di credibilità del governo (al momento già ai minimi). Tra l’altro è all’orizzonte  una ricapitalizzazione delle banche per undici miliardi di euro per coprire il deficit di finanziamento di 2014 -2015. In secondo luogo i licenziamenti collettivi: la troika pretende di abrogare la legge esistente così da non essere indispensabile la firma del Ministro del Lavoro. Il governo invece propone che sia una circolare ministeriale a stabilire i casi degli esuberi. E l’Eurogruppo del prossimo 9 dicembre diventa sempre più una data cerchiata in rosso anche nel nuovo Bundestag.

twitter@FDepalo

 



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