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Chi è Alberto Bagnai, l’economista anti euro di sinistra corteggiato dalla destra

Nel V-Day di Genova Beppe Grillo è tornato ad attaccare le fondamenta economiche dell’Unione monetaria europea, rilanciando il referendum sulla permanenza nell’euro e proponendo una Ue con due valute distinte e parallele, adeguate alle realtà dei paesi del Nord e del Mediterraneo. Un orizzonte che costituisce da tempo un tema centrale nel mondo scientifico e accademico.

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Fra gli studiosi più critici del percorso di integrazione finanziaria e dei parametri di bilancio che hanno ispirato il Trattato di Maastricht e il Fiscal Compact, vi è Alberto Bagnai, professore di Politica economica nell’Università “Gabriele d’Annunzio” di Pescara e collaboratore del Centro di ricerca in economia applicata alla globalizzazione dell’Università di Rouen. Promotore dell’associazione “A/Simmetrie”, del sito “goofynomics” e di un un blog sul Fatto Quotidiano, ha pubblicato nel 2012 “Il tramonto dell’euro. Come e perché la fine della moneta unica salverebbe democrazia e benessere in Europa”. Libro che interpreta la crisi attuale come sbocco prevedibile del percorso di integrazione monetaria. Bagnai è tra quei professori che proprio per le sue tesi sono corteggiati da movimenti e partiti, come sottolineato da Marco Cobianchi su Panorama.

Rilevando come “gran parte degli studiosi avanzi ricette per salvare l’euro da se stesso modificando le regole di bilancio comunitarie”, l’economista Bagnai si prefigge l’obiettivo di “salvare i cittadini dalla moneta unica”. Responsabile, a giudizio di una persona “orientata a sinistra che ha votato per il Partito comunista italiano finché ne ha avuto l’opportunità”, della compressione dei diritti delle classi lavoratrici, dell’umiliazione e del ricatto della precarietà imposto ai poveri e al ceto medio. Per lui l’unica prospettiva ragionevole è abbandonare la valuta comune a favore di “un’integrazione culturale, sociale ed economica”.

LO SCONTRO CON LA SINISTRA
La sua prospettiva culturale è allo stesso tempo “socialista, populista, nazionalista”. Perché il suo avversario è una globalizzazione indiscriminata a egemonia finanziaria, ammantata dell’internazionalismo liberal-liberista che invoca l’abbattimento di frontiere per la creazione di un mercato mondiale omogeneo. E che non può fare a meno dell’euro, “pilastro del più grande progetto di predominio oligarchico nella storia del Vecchio Continente”. Mentre, spiega richiamandosi a filoni “giacobini” e ostili al federalismo presenti nei partiti progressisti europei, “soltanto lo Stato nazionale può garantire un’effettiva sovranità popolare e la dignità dei lavoratori”. Bagnai aveva tentato di illustrare le sue tesi in un confronto aperto due anni fa da Rossana Rossanda sulle pagine del Manifesto.

Nell’articolo “L’uscita dall’euro prossima ventura” dell’agosto 2011 aveva scritto che “l’introduzione dell’euro era stata l’opera di poche élite, imposta in maniera paternalistica a un popolo ignaro per imprimere un’accelerazione alla completa unificazione”. Aveva denunciato “l’acquiescenza dei progressisti al Trattato di Maastricht, manifesto ideologico liberista, e verso il cambio fisso, arma per coartare salari e diritti dei lavoratori”. Aveva osservato che “l’integrazione fiscale non è politicamente sostenibile perché nessuno vuole pagare per gli altri, presentati dal bombardamento mediatico come pigri, poco produttivi, irresponsabili”. Aveva messo in guardia dalla “lotta secolare della Germania per dotarsi di un mercato di sbocco: scopo raggiunto grazie alla domanda dei paesi europei drogata dal cambio fisso che sostiene la crescita tedesca”. Aveva anticipato “l’avvento di un governo tecnico salutato dalla sinistra come liberatore” e l’ascesa delle destre anti-euro come il Front National di Marine Le Pen. Ricevendo un’accoglienza improntata a scetticismo tra i protagonisti del dibattito: “Che attribuivano a esecutivi cialtroni il fallimento di un progetto concepito per sottrarre agli Stati la politica fiscale, monetaria, industriale”.

LUCI E OMBRE NEL RAPPORTO CON IL MOVIMENTO 5 STELLE
La polemica contro i parametri dell’Unione monetaria lo accosterebbero in modo naturale all’offensiva rilanciata ieri dal leader Cinque Stelle. Ma i rapporti con il mondo animato da Beppe Grillo sono più controversi di quanto si pensi. Scrivendo sul blog del leader M5S il 9 febbraio 2013, Bagnai gli riconosceva il merito di aver portato il problema della moneta unica nella campagna elettorale: “I fondatori dell’Ue sapevano benissimo che imporre una valuta comune a realtà diverse e con un regime fiscale scollegato avrebbe condotto a una crisi”.

Ma in un’intervista rilasciata il 26 febbraio bocciava “l’ambiguità e l’evanescenza di una strategia economica che mescolava una diagnosi di destra e terapie di sinistra demagogica”. È di destra, spiegava lo studioso, “l’idea che la crisi sia frutto della nostra corruzione e del debito pubblico, pienamente sostenibile nel breve e lungo termine. Grillo ha fatto propria tale lettura associandola a ricette come il reddito di cittadinanza o il mancato pagamento del debito, che allarmano inutilmente i mercati”. Ai suoi occhi il comico ligure si prestava al “disegno reazionario e liberista che, imputando al settore pubblico le colpe di un colossale fallimento del mercato finanziario privato, punta a ridurre il peso dello Stato nell’economia tagliando scuola, sanità universale, previdenza”.

In una conversazione con Repubblica del 22 marzo l’economista smentiva le indiscrezioni che lo indicavano come candidato premier del M5S: “È una storia paradossale. Non ho mai avuto contatti diretti con l’oscuro vertice del Movimento né con gli eletti”. Poi respingeva il progetto di consultazione popolare sulla permanenza nella moneta unica lanciato da Grillo: “Referendum e democrazia diretta su questo tema sono stupidaggini. Per uscire dall’euro bisognerebbe agire segretamente e per decreto. Da 30 anni il popolo italiano vive in una cappa di disinformazione, non avrebbe gli strumenti per decidere”. Scetticismo ribadito il 23 maggio: “Terrorizzati dalla crisi e dalla paura del salto nel buio i cittadini voterebbero massicciamente per l’euro accentuando la marcia verso la precarietà”.

LA CONTROVERSA PARTECIPAZIONE AL CONVEGNO DI ALEMANNO
Convinzione ed entusiasmo hanno invece spinto Bagnai a contribuire al Convegno “L’Euro contro l’Europa?”, promosso per il 7 dicembre dalla Fondazione Nuova Italia di Gianni Alemanno. Un’iniziativa che vedrà un confronto sulle prospettive dell’Unione Europea con rappresentanti di filoni e mondi lontani, a lungo contrapposti. E che presenterà all’opinione pubblica la petizione popolare “Entro il 2014: nuove regole in Europa o l’Italia esce dall’Euro”. A riprova della volontà di oltrepassare tradizionali steccati ideologici è il parterre dei partecipanti.

L’apertura sarà riservata al filosofo “orgogliosamente marxista” Diego Fusaro, il quale vede nell’euro il simbolo e lo strumento di un “capitalismo assoluto” che mercifica ogni dimensione dell’agire umano sottoponendola alla tirannia dei mercati finanziari. A seguire, gli economisti Jacques Sapir dell’École des hautes études en sciences sociales di Parigi, già consulente dei governi socialisti francesi e supporter del Front de Gauche, autore del libro “Bisogna uscire dall’euro?” le cui analisi vengono utilizzate spesso da Marine Le Pen, e Brigitte Granville, direttrice del Centro di ricerca sulla globalizzazione presso la Queen Mary University di Londra e autrice di “Remembering inflation”. Al termine, una tavola rotonda intitolata “Sovranità e solidarietà: dall’Eurozona all’Europa”, con Alemanno, Stefano Fassina, Luigi Casero, Guido Crosetto e lo stesso Bagnai.

LE RAGIONI DI UNA SCELTA CONTROCORRENTE
Si prospetta una consonanza e saldatura originale tra mondi diversi. Agli amici e follower che criticano la scelta di esplorare un sentiero condiviso con l’ex sindaco della Capitale, Bagnai ricorda che “non è colpa sua se questo dibattito in Italia sta diventando appannaggio della destra”. Osserva che “nel 1971 l’economista Nicholas Kaldor aveva previsto come una moneta unica avrebbe portato l’Europa al conflitto e alla disgregazione politica, per cui l’unica forma di fraternità è rimuovere una valuta fallimentare in sé e non per colpa dell’austerità”. Rifiuta infine di chiedersi quale sia lo scopo recondito dell’iniziativa: “Siamo in una casa in fiamme. A chi ci aiuta ad indicare l’uscita non voglio chiedere la carta di identità. E in ogni caso molto meglio Alemanno rispetto a Matteo Renzi, che si sta trasformando da delfino del PD a tonno nella tonnara dell’euro”.

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