Manca solo un giorno alle primarie per la scelta del Segretario del Partito Democratico da parte degli elettori. Matteo Renzi, con ogni probabilità, sarà il nuovo segretario del Pd e rinnoverà l’energia politica del Partito. Il Sindaco di Firenze ha non solo una strada stretta all’interno degli equilibri del partito, ma scelte nelle quali potrebbe giocarsi tutto.
LA PALUDE DEMOCRATICA
E’ il rischio che Renzi conosce maggiormente, ovvero la possibilità di rimanere immobilizzato tra le spire delle correnti del Partito Democratico. Non solo i corpaccioni che supportano i suoi avversari, ma persino alleati interni potrebbero rivelarsi letali di fronte a precise scelte politiche e programmatiche. I notabili, ex margheritini, che Matteo ha imbarcato poterebbero porre il veto sulle scelte più coraggiose del Sindaco, soprattutto nel rapporto con i sindacati, sul tema delle privatizzazioni, sulla riforma della pubblica amministrazione. Il liberismo del consigliere Gutgeld (GUARDA LA PHOTOGALLERY) non è digeribile dall’ala ex-DS, ma sarà accettabile dagli ex Ppi? Renzi potrebbe avere difficoltà evidenti a tenere unito il partito, tanto a livello parlamentare quanto nel dibattito pubblico, su determinate istanze politiche. Il rischio è quello di perdere brillantezza tra l’opinione pubblica e soprattutto l’attrattività verso gli elettori del centrodestra. Più netta sarà la sua affermazione domani (l’ideale sarebbe sfondare il 65%), maggiori le possibilità di Renzi di sfuggire alle sabbie mobili.
SULLA LEGGE ELETTORALE L’AVVERSARIO E’ NAPOLITANO
Allo stato attuale si voterebbe con un proporzionale puro che costringerebbe Renzi e il Pd a costruire una coalizione per le elezioni e probabilmente ad ampliarla ulteriormente per governare. Sarebbe la fine del sogno renziano: Matteo verrebbe sfibrato dalle continue contrattazioni, dagli strappi parlamentari, dall’instabilità di un Governo così costruito. In questo campo, l’avversario si chiama Giorgio Napolitano, il capo dello Stato sostenitore di un modello larghe intese alla tedesca per far convergere al centro il baricentro politico ed evitare strappi in Europa. Renzi dovrà battersi in ogni modo per ottenere un sistema elettorale bipolare e maggioritario.
LE CARTE DI LETTA
Il Presidente del Consiglio è politico abile e fine conoscitore della strategia renziana. L’idea è che giocherà il più possibile di sponda con Alfano e Napolitano per tenere in piedi il Governo in nome della stabilità fino al 2015. E poi? Si ritirerà davvero dietro il carisma di Matteo o cercherà di tenere unito il Pd sfidando Renzi alla premiership e puntando sul sostegno non solo dell’area sinistra del PD, ma anche sul tradimento dei cattolici piddini da sempre vicini all’ineffabile Letta? Anche per lui, molto dipenderà dalla legge elettorale che verrà varata in Parlamento. Le sue carte, in questo ambito, sono migliori di quelle del Sindaco di Firenze sia perché controlla la maggioranza che sostiene il suo governo, sia perché può contare sull’indipendenza, partitica almeno, di Alfano rispetto a Berlusconi. Una legge che costringa, complice la forza elettorale di Grillo, al compromesso coalizionista in Parlamento è quella che meglio si addice al duo Presidente del Consiglio-Ministro dell’interno.
CHE FARE CON IL GOVERNO?
La domanda, ironia della sorte, è leniniana: che fare? Per non perdere né credibilità né forza impattante Renzi dovrebbe tirar giù il Governo Letta e andare al voto. Su questa strada si frappone il problema della legge elettorale, che potrebbe impedire a Matteo di completare la pars destruens della sua campagna. Sostenere, da Segretario del Pd, un governo così immobilista e di compromesso per quasi due anni rischia di far precipitare il gradimento di Matteo a picchi troppo bassi. Lo renderebbe un uomo di partito, ne ridurrebbe il piglio da outsider, lo istituzionalizzerebbe facendolo apparire come gli altri, lo ridurrebbe a politico verboso e senza nerbo. Meno Letta va avanti, maggiore sarà il saldo per Renzi. Anche qui, più Renzi uscirà forte dal voto delle primarie, più potrà osare nel mettere sotto stress il Governo.
LA SFIDA PIU’ DIFFICILE
Dice di volerla cambiare, ma la subalternità dell’Italia ai diktat e alla burocrazia di Bruxelles è stata totale. Un pezzo di establishment imprenditoriale e finanziario a cui Renzi si rivolge è convintamente inserito nei meccanismi di potere a Bruxelles. Una volta insediatosi a Palazzo Chigi riuscirà a scardinare un sistema tecnicamente molto rigido e capace d’indebolire ogni azione politica dei leader europei? E’ probabilmente la sfida più difficile, in Europa chi ha l’economia più in forma comanda. E per tornare a crescere a noi servono anni di riforme e questi si fanno seriamente solo con una maggioranza molto “militarizzata”. Torniamo così alla summa di tutti i problemi elencati. Una strada piena di buche quella del Sindaco, vittima e allo stesso tempo sfruttatore, di un sistema debole, instabile, lento e sempre più delegittimato.