È confortante per gli europeisti vedere che, nonostante il crescente euroscetticismo e la crisi dell’UE, decine di migliaia di persone continuino a manifestare a Kiev per legare il loro destino a un’Unione Europea sempre più “ammaccata”. La crisi dell’UE non ha diminuito l’attrazione che una consistente parte degli ucraini provano per l’Europa. Essa è stata finora alquanto fredda nei loro confronti.
TRA EUROPA E RUSSIA
Il suo soft power non è però sostenuto da adeguate risorse economiche. Lady Ashton ha incontrato a Kiev il presidente ucraino – il discusso Viktor Yanukovich (nella foto) –, affermando al suo rientro a Bruxelles che l’incontro è stato un grande successo. Il presidente ucraino deve essere un “furbacchione”. Deve barcamenarsi fra Russia ed Europa forse per scelta, ma più probabilmente per necessità. Dopo aver rifiutato di firmare l’accordo di associazione con l’UE, ha inviato una delegazione ad alto livello a Bruxelles per riprendere i negoziati per l’associazione. L’ha fatto verosimilmente per calmare la piazza, che non riesce più a controllare.
L’ACCORDO CON PUTIN
Parallelamente, sta elaborando con Putin un accordo. Essa prevede aiuti finanziari alla disastrata economia ucraina. Kiev sta esaurendo le sue riserve monetarie. È poi vitale per Kiev evitare l’aumento del prezzo del gas russo, che copre il 60% dei consumi ucraini. Insomma, cerca di tenere i piedi in due staffe. Presiede un Paese fortemente diviso, che non ha saputo finora assumersi la responsabilità della propria sovranità e indipendenza. Vorrebbe cercare di entrare a far parte di un impero, per farsi mantenere da esso. Le contrapposizioni interne gli impediscono di fare una scelta. Rischierebbe di perdere le elezioni presidenziali del 2015 e anche di essere cacciato “a furor di popolo”, come gli capitò a seguito della “Rivoluzione Arancione” del 2004.
DIVISIONI INTERNE
L’Ucraina è divisa fra filorussi, prevalenti nel Sud e nell’Est del paese, e indipendentisti, sostanzialmente filoeuropei, maggioritari nelle regioni occidentali. Nella parte centrale del paese, i due gruppi sono frammischiati e hanno una consistenza pressoché eguale. L’Ucraina è un paese di frontiera, come dice il suo stesso nome. Storicamente ha fatto parte d’imperi: la Confederazione polacco-lituana e gli imperi zarista, asburgico e ottomano. Anche religiosamente è diviso. L’Ortodossia è maggioritaria, ma comprende tre chiese diverse: una fa capo al Patriarcato di Mosca e appoggia il governo filorusso. La seconda – quella ucraina del Patriarcato di Kiev – ha appoggiato la rivolta e dato rifugio ai dimostranti feriti dalla polizia. La terza è quella “autocefala” e si è tenuta prudentemente in disparte. A Ovest domina poi la Chiesa Uniate, cattolica di rito greco-ortodosso; vi sono infine qualche centinaia di migliaia di cattolici romani. Entrambi sono indipendentisti e antirussi.
UNA RIVOLTA SENZA STRATEGIA
A differenza della Rivoluzione Arancione, la rivolta è stata spontanea. Viene denominata “EuroMaidan” (Maidan significa indipendenza ed è anche il nome della piazza in cui più numerosi sono stati i dimostranti, mobilitati, come nella “primavera araba”, dai social network). A parte la richiesta della firma dell’accordo di associazione con l’UE, delle dimissioni di Yanukovich, di democrazia, libertà e dignità, la rivolta/protesta non ha obiettivi precisi. Ne ha solo nebulosi e irrealistici. Anche l’opposizione politica è divisa fra moderati e indipendentisti, entrambi collegati con le Fondazioni tedesche Adenauer e Ebert e con l’americana National Endowment for Democracy, da un lato, e i radicali nazionalisti del partito “Nostra Ucraina – Partito dell’Autodifesa”, dall’altro. Manca un coordinamento unitario. La rivolta è quindi priva di strategia. Non si vede come il “potere del popolo”, che essa pretende di rappresentare, possa essere convertito in “potere politico”.