Il tempo, si sa, è tiranno, soprattutto in politica. Per questo il nuovo centrodestra di Angelino Alfano ha messo il turbo e si prepara, non solo alla scadenza elettorale di maggio delle elezioni europee, ma ad incarnare un appeal politico maggiormente deciso e riconosciuto su scala nazionale. Ma sulla strada del volenteroso vicepremier ecco alcuni ostacoli a frapporsi tra la generazione dei nuovi 40enni che tentano di rottamare vecchi leader o competitors e la piena legittimazione, politica e popolare.
TRE FRONTI
Tre i fronti che preoccupano non poco Alfano e su cui si stanno concentrando analisi e dossier ad hoc. Innanzitutto quello relativo alla protesta dei forconi, che lo mettono in una posizione diversa (ad esempio da quella di Berlusconi) proprio per il ruolo di titolare del Viminale (ecco il suo intervento alla Camera). La protesta si è snodata in tutta Italia, non solo gli annunciati blocchi delle autostrade e delle ferrovie ma anche gli scontri di ieri all’Università La Sapienza, con momenti di tensione davanti il ministero dell’Istruzione, oltre ai semprepresenti No Tav, e ‘Terra dei Fuochi’. Tra l’altro i forconi hanno concentrato i loro strali davanti alla sede di ‘Riscossione Sicilia’, a Palermo, sventolando mutande e appendendole sugli alberi al grido “siamo rimasti in mutande, prendetevi anche queste”. La domanda è: come evitare tensioni e scontri sociali senza svilire il senso più intimo di una protesta cui partecipano per l’80% cittadini non violenti e disperati?
CONSENSI & CAVALIERE
Altro elemento che turba i sonni del vicepremier è di natura squisitamente elettorale: al momento sembra essere ancora Silvio Berlusconi il catalizzatore di voti non solo della neonata Forza Italia, ma dell’intero (o quasi) universo dell’ex Pdl. Per questo una delle nuove linee guida che gli alfaniani dovranno imparare ad osservare sarà quella dei temi europei, quelli contro la moneta unica e contro lo strapotere tedesco.
ROTTAMATORE
Infine, ma non per ultimo, c’è il dossier Renzi. E’ lui l’antagonista nel medio-lungo periodo di Alfano, e non solo per una questione anagrafica o di leadership. Ma anche (o soprattutto) perché il neo segretario del Pd è il vero dominus partitico dell’esecutivo Letta I, capace in qualsiasi momento di decretarne la fine. Mentre quello era uno dei “posti” ambiti proprio da Alfano: certo, fino a qualche tempo fa, di essere centrale negli equilibri di Palazzo Chigi.
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