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Ecco le macerie della destra italiana: liti, mozioni e veleni

Una guerra infinita a colpi di carte bollate o un passo indietro da parte di tutti per trovare una sintesi? A quarantott’ore dall’infuocata assemblea della Fondazione di An, dove a trionfare non sono state quella o questa mozione, ma liti, urla e insulti dei più disparati, ciò che resta è un campo di macerie con all’orizzonte nuvole ancora più fosche date da “un mondo triste ormai in frantumi”, come lo definisce un ex deputato che aggiunge: “La fondazione non può dare il simbolo in esclusiva a nessuno, non è un marchio commerciale”.

LA CONTESA

Da un lato la mozione vincente passata con 290 voti su 292 votanti (anche se gli aventi diritto erano 1000), che assegna il simbolo di An a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa (giunto a un passo dalla rissa con più d’uno); dall’altra il contenzioso annunciato dalla coppia Altero Matteoli-Maurizio Gasparri contrari, assieme ad altri come Roberto Menia e Adriana Poli Bortone, ad un’assegnazione con così pochi voti. Nel mezzo la scadenza del prossimo 23 dicembre per dare il nulla osta a quanto deciso venerdì scorso.

LA MOZIONE FRATELLI D’ITALIA
“Paradossalmente potrebbero aver vinto il diritto a usare il simbolo, ma decidere con le primarie anche di non utilizzarlo per niente”, ragiona un vecchio dirigente missino, che punta il dito sui numeri. In molti sono pronti a scommettere che una Fiamma presente nel logo di Fratelli d’Italia (FdI) alle prossime elezioni europee, non sarebbe cosa gradita ad anime non destrorse come il liberale Guido Crosetto e il centrista Luciano Ciocchetti.

PRONTO IL RICORSO
Maurizio Gasparri la definisce “operazione illegittima” e annuncia un contenzioso, che potrebbe avere le basi giuridiche idonee a bloccare tutto: contesta il metodo, dal momento che la fondazione non poteva decidere sull’uso del simbolo. E anche il merito del voto, con gli iscritti che in partenza erano più di mille, ma hanno rinnovato l’iscrizione in meno di 700. Quindi hanno detto sì alla mozione di La Russa, Meloni e Alemanno in 290: “Meno di un terzo degli aventi diritto. E quei 400 che non hanno votato?”. Sul tesoretto della fondazione l’ex ministro propone che rimanga congelato o lo si utilizzi per scopi ben precisi, come tenere viva la memoria. E propone di sovvenzionare un regista che voglia fare un film sui fratelli Mattei o uno scrittore che voglia pubblicare un libro sulla storia di Sergio Ramelli.

L’ASSENTE ECCELLENTE
Grande assente all’assemblea Francesco Storace, che ha osservato come La Russa sia “troppo vecchio per giocare a ruba bandiera, una vittoria con meno di un terzo degli aventi diritto è una vittoria di Pirro, non è certo con la boria di chi vuole forzare la mano che si dà una prospettiva alla destra italiana. 290voti sono un po’pochini per scippare un simbolo. E non servono nemmeno per andare in Europa”.

IL RAMOSCELLO DI MELONI
Oggi dalle colonne de Il Giornale Giorgia Meloni prova a lanciare un ramoscello di ulivo e dice: “Le Europee prevedono le preferenze. Chiedo a tutti di mettersi in gioco e candidarsi”. Dove in quel tutti sono chiamati in causa Adriana Poli Bortone, Roberto Menia e gli altri promotori del Movimento per An. Ma se avesse voluto unire e non rompere, ragiona un ex senatore di An, perché non cercare la sintesi nell’assemblea di venerdì anziché fare un’assurda prova di forza?

twitter@FDepalo


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