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Tutte le amorevoli e natalizie sculacciate di Papa Francesco

Brevissimo come non accadeva da anni. Ha impiegato meno di venti minuti, Papa Francesco, per indirizzare il suo saluto natalizio ai dipendenti della curia romana. Quasi meno del tempo speso dal decano del collegio cardinalizio, Angelo Sodano, per il saluto al Pontefice. Nessun accenno al Concilio e all’ermeneutica della continuità opposta a quella della discontinuità o della rottura, come fece nel suo primo discorso di Natale alla curia Benedetto XVI, nel 2005. Francesco, dopo un “saluto particolare” al neo segretario di stato mons. Parolin “che da poco ha iniziato il suo servizio” nella Terza Loggia del Palazzo apostolico, è passato alla parte clou del discorso.

“ANDARE IN PENSIONE CONSENTE DI PREGARE E PENSARE ALLA PROPRIA ANIMA”

Con estrema schiettezza e chiarezza, Bergoglio ha assestato anche qualche buon colpo alla struttura vaticana in via di riforma. Innanzitutto, il saluto ai pensionandi: “Esprimo la mia gratitudine a coloro che in questo periodo terminano il loro servizio e vanno in pensione. Sappiamo bene che come sacerdoti e vescovi non si va mai in pensione, ma dall’ufficio sì”, ha detto il Papa, che ha aggiunto: “Ed è giusto” così, “anche per dedicarsi un po’ di più alla preghiera e alla cura delle anime, incominciando dalla propria!”. Un invito esplicito a ricordarsi che la missione è prima di tutto essere pastori, più che meri funzionari burocratici. Tante volte, il Pontefice argentino ha messo in guardia dal rischio di trasformare la Chiesa in un edificio pieno di uffici, in “quella vuota ong” che per lui rappresenta uno tra i peggiori incubi.

IL RIMPIANTO PER I VECCHI CURIALI

Certo, non tutto è da buttare, nonostante il C8 sia all’opera per rifondare il governo dalle radici: “Io ammiro tanto questi monsignori che seguono il modello dei vecchi curiali, persone esemplari. Ma anche oggi ne abbiamo, persone che lavorano con competenza, con precisione, abnegazione, portando avanti con cura il loro dovere quotidiano”. L’aveva già detto, Bergoglio, che il livello di chi opera entro le mura leonine si è abbassato rispetto al passato. L’occasione era stata offerta dalla lunga conferenza stampa a braccio con i giornalisti a bordo dell’aereo Rio-Roma dello scorso luglio, quando il Pontefice aveva rimpianto il modello di “vecchio curiale” di un tempo.

IL CURIALE DEVE STUDIARE E AGGIORNARSI

Due, ha detto il Papa, sono le “caratteristiche dell’officiale di curia che vorrei sottolineare: la professionalità e il servizio“. Professionalità, ha aggiunto, “significa competenza, studio, aggiornamento”. E questo, “è un requisito fondamentale”. Naturalmente, ha chiosato Francesco, “la professionalità si forma e in parte anche si acquisisce. Ma penso che, proprio perché si formi, e perché venga acquisita, bisogna che ci sia dall’inizio una buona base”.

“SENZA PROFESSIONALITA’ SI SCIVOLA VERSO LA MEDIOCRITA'”

La seconda caratteristica è il servizio, da intendersi come “servizio al Papa e ai vescovi, alla chiesa universale e alle chiese particolari”. E qui Bergoglio è andato giù duro: “Quando non c’è professionalità, lentamente si scivola verso l’area della mediocrità. Le pratiche diventano rapporti cliché e comunicazioni senza lievito di vita, incapaci di generare orizzonti di grandezza”. D’altra parte – e anche su questo punto è tornato a ribadire parole già usate in passato – “quando l’atteggiamento non è di servizio alle chiese particolari e ai loro vescovi, allora cresce la struttura della curia come una pesante dogana burocratica, ispettrice e inquisitrice, che non permette l’azione dello Spirito Santo e la crescita del popolo di Dio”.

“IL SACERDOTE SIA PRIMA DI TUTTO APOSTOLO”

Ma c’è anche una terza qualità, la più importante, che il Papa gesuita lascia alla fine: la santità della vita. Questa, spiega Francesco, “è alla base della qualità del lavoro e del servizio”. Santità “significa vita immersa nello Spirito, apertura del cuore a Dio, preghiera costante, umiltà profonda, carità fraterna nei rapporti con i colleghi”. Ma significa anche apostolato, “servizio pastorale discreto, fedele, portato avanti con zelo a contatto diretto con il popolo di Dio”. E questo “è indispensabile per un sacerdote”.

“BASTA CON LE CHIACCHIERE, FACCIAMO OBIEZIONE DI COSCIENZA”

Santità nella curia “significa anche obiezione di coscienza“. Pensando forse agli scandali e alla zizzania degli ultimi anni, ai corvi e a Vatileaks, Francesco dice che serve “obiezione di coscienza alle chiacchiere”. Forse, aggiunge, “dobbiamo esercitare anche noi questa obiezione di coscienza per difenderci da una legge non scritta dei nostri ambienti che purtroppo è quella delle chiacchiere”. Attenzione però, chiarisce il Pontefice: “Badate che non voglio fare solo un discorso morale. Perché le chiacchiere danneggiano la qualità delle persone, danneggiano la qualità del lavoro e dell’ambiente”.



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