Torna il terrore in Russia, dove due stragi, con un bilancio complessivo di almeno 32 morti e 72 feriti, si sono susseguite a Volgograd a meno di 40 giorni dall’inaugurazione, il 7 febbraio, dei Giochi Olimpici Invernali di Sochi 2014.
L’EMIRO DEL CAUCASO
La guerra delle Olimpiadi è però già cominciata da mesi. Prima di ieri – come spiega Repubblica – c’erano già state altre vittime, a fine ottobre, sempre a Volgograd, ex Stalingrado, “simbolo ideale della voglia di Impero della Nuova Russia di Putin“. Altre ne vengono minacciate ogni giorno dall’uomo più ricercato del Paese, “dall’inafferrabile Emiro del Caucaso Doku Umarov che ha giurato di punire con un bagno di sangue la spericolata provocazione decisa dal Cremlino: imporre a tutti i costi un evento di interesse mondiale come i Giochi Olimpici Invernali in una delle aree a più alto rischio del Paese“.
L’ATTACCO ALLE OLIMPIADI
Le Olimpiadi, nelle intenzioni del Cremlino, avrebbero dovuto stendere un velo sulla guerra che Putin vorrebbe far “dimenticare“. Ma “la scommessa rischia di dimostrarsi troppo azzardata. Proprio Doku Umarov, che qui chiamano a ragione “il Bin Laden russo” – prosegue il quotidiano diretto da Ezio Mauro –, aveva lanciato un anno fa la Guerra Santa contro i Giochi di Sochi. Con il tipico schema da Signore del Terrore: un video registrato da qualche parte delle montagne che dominano il mar Caspio, nel quale compariva con la sua lunga barba nera, una vistosa tuta mimetica e il fedele kalashnikov in pugno“. Con parole di fuoco “che infervorano il miscuglio di popolazioni e etnie che abitano quelle terre“, accomunate “quasi sempre da un atavico rancore nei confronti della Russia e da un po’ di tempo omogeneizzati da una fede islamica sempre più integralista e vicina ai dettami della famigerata Al Qaeda“. Che potrebbe supportare anche attivamente Umarov, inviando uomini in zona, così come il terrorista ha fatto inviando i suoi in Siria.
LE PAROLE DEL TERRORISTA
A sottolineare l’importanza della chiamata alle armi di Umarov è il New York Times, che ricorda le sue parole nel video-messaggio: “Hanno in programma di tenere le Olimpiadi sulle ossa dei nostri antenati, sulle ossa di molti, molti musulmani morti, sepolti nel territorio della nostra terra sul Mar Nero“. E la testata americana ripercorre brevemente anche le tappe dell’ascesa di Umarov, emerso dalle rovine del movimento separatista della Cecenia, ampiamente sconfitto dalle autorità russe sotto la presidenza di Putin, che ha rivendicato la responsabilità per due attentati suicidi a Mosca nel 2010 e nel 2011.
LE VEDOVE NERE AGLI ORDINI DELL’EMIRO
E sul Bin Laden russo torna anche Guido Olimpio, che dalle pagine del Corriere della Sera rivela come per infliggere i loro colpi, gli estremisti del Caucaso hanno creato una piccola armata. “Giovani militanti – si legge -, determinati e senza remore nel mietere vite di innocenti. Spesso, al loro fianco, le vedove nere. Una delle prime ricostruzioni ha indicato in Oksana Aslenova la responsabile dell’attacco a Volgograd. Altre fonti hanno poi parlato della presenza di un giovane, con uno zaino sulle spalle, e di un’altra donna tutti dilaniati dalla bomba“. Se fosse confermato il ruolo di Oksana sarebbe la ripetizione di un modus operandi. Ovvero di attentati portati a segno da donne che hanno visto morire i loro mariti negli scontri con i soldati e hanno deciso di trasformarsi in “bombe che camminano”, le cosiddette Vedove nere. La donna, prosegue l’articolo “ha indossato la carica esplosiva e si è fatta saltare ieri nella stazione. Lo stesso percorso di una sua amica Naida Asiyalova, responsabile di un attentato su un bus sempre nella stessa città, e di Madina Aliyeva, 25 anni, legata a due compagni «martiri» vendicati facendo strage di militari. Talvolta manipolate, altre volte – conclude Olimpio – fermamente convinte che sia giusto obbedire agli ordini di Doku Umarov“.