Per la terza volta da quando è Papa, Francesco è tornato nella chiesa madre della Compagnia fondata da Sant’Ignazio di Loyola, la chiesa del Gesù di Roma. Una celebrazione che ha avuto “anche carattere di ringraziamento per l’iscrizione nel catalogo dei santi del beato Pietro Favre”, il compagno di Ignazio che Bergoglio ha deciso di canonizzare il giorno del suo compleanno, il 17 dicembre scorso. Già dalle preghiere iniziali, mentre la teoria di sacerdoti s’avvicinava all’altare, è stata invocata l’intercessione di San Favre, dopo Sant’Ignazio e San Francesco Saverio.
L’INQUIETUDINE DEL GESUITA
E il nome del primo presbitero della Societas Iesu è tornato a riecheggiare durante l’omelia pronunciata dal Papa. “Favre era un uomo di grandi desideri, un altro Daniele. Era un uomo modesto, sensibile, di profonda vita interiore e dotato del dono di stringere rapporti di amicizia con persone di ogni genere”, ha sottolineato Francesco richiamando quanto detto da Benedetto XVI nel suo discorso ai gesuiti del 22 aprile 2006. Tuttavia, ha aggiunto il Pontefice, Favre “era pure uno spirito inquieto, indeciso, mai soddisfatto. Sotto la guida di Sant’Ignazio ha imparato a unire la sua sensibilità irrequieta ma anche dolce, direi squisita, con la capacità di prendere decisioni. Era un uomo di grandi desideri; si è fatto carico dei suoi desideri, li ha riconosciuti”. Favre “aveva il vero e profondo desiderio di essere dilatato in Dio: era completamente centrato in Dio, e per questo poteva andare, in spirito di obbedienza, spesso anche a piedi, dovunque per l’Europa, a dialogare con tutti con dolcezza, e ad annunciare il Vangelo”.
“LA COMPAGNIA RISCHIA DI DISORIENTARSI”
Il discorso di Bergoglio era prima di tutto diretto ai confratelli della Compagnia: “Ognuno di noi, gesuiti, che segue Gesù, dovrebbe essere disposto a svuotare se stesso. Siamo chiamati a questo abbassamento, essere degli svuotati. Essere uomini che non devono vivere centrati su se stessi perché il centro della Compagnia è Cristo e la sua chiesa. E se il Dio delle sorprese non è al centro, la Compagnia si disorienta”. Per questo, ha aggiunto Francesco, “essere gesuita significa essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto: perché pensa sempre guardando l’orizzonte che è la gloria di Dio sempre maggiore, che ci sorprende senza sosta. E questa è l’inquietudine della nostra voragine. Questa santa e bella inquietudine!”. Il peccato, poi, più volta richiamato dal Papa – segno che è tutt’altro che abolito, naturalmente. “Perché peccatori, possiamo chiederci se il nostro cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o se invece si è atrofizzato; se il nostro cuore è sempre in tensione: un cuore che non si adagia, non si chiude in se stesso, ma che batte il ritmo di un cammino da compiere insieme a tutto il popolo fedele di Dio”.
LE AFFINITA’ TRA BERGOGLIO E FAVRE
Pietro Favre è un modello per Papa Francesco. Basta rileggere alcuni passaggi dell’omelia di stamattina per comprenderlo meglio. Bergoglio dice che “Favre prova il desiderio di lasciare che Cristo occupi il centro del cuore. Solo se si è centrati in Dio è possibile andare verso le periferie del mondo. E Favre ha viaggiato senza sosta sulle frontiere geografiche tanto che si diceva di lui ‘pare che sia nato per non stare fermo da nessuna parte’”. In un’intervista apparsa oggi su Avvenire, padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, ha ribadito quanto stretto sia il legame tra il Pontefice e il primo compagno di Ignazio: “Me ne sono reso conto quando l’ho intervistato ad agosto. Le motivazioni di questa affinità sono diverse. Innanzitutto perché Favre è stato in grado di dialogare con tutti. nel tempo della riforma, percepì che la misericordia e il dialogo erano le strade maestre da percorrere”. Inoltre, prosegue Spadaro, “la simpatia di Bergoglio va anche al fatto che Favre, pur nella irrequietezza e nell’indecisione, era in grado di prendere decisioni forti, senza mai perdere una tipica dolcezza”.
LA CHIESA DI FRANCESCO E’ QUELLA DI FAVRE
Ma è sull’idea di chiesa che il direttore della Civiltà Cattolica vede una forte assonanza: “Penso che l’idea di chiesa coltivata da questo santo corrisponda all’idea di chiesa di Francesco, che l’ha riassunta nell’immagine dell’ospedale da campo. Favre visse uno stile fatto di dolcezza, preghiera, umiltà e dialogo in un’Europa infiammata dalle divisioni. Mentre il continente ribolliva, lui coltivava la sua idea di riforma curando relazioni autenticamente evangeliche”.