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Job Act, ecco come il montiano Ichino seduce Renzi

Il neo-segretario del Pd ha capito bene una cosa: che alla grande maggioranza della gente non interessa quasi niente della bandierina di partito che può stare su questa o quella cosa seria da fare, ma interessa solo che quella cosa si faccia.

Ora, tra le cose serie da fare lo stesso neo-segretario del PD ha ripetutamente indicato come urgentissime queste tre, in materia di lavoro: codice semplificato, servizi di assistenza nel mercato del lavoro più efficienti, contratto a protezione crescente. E si è spinto a prometterle “entro tre mesi”.

Si dà il caso, però, che – se si esclude il disegno di legge Nerozzi n. 2000/2010, a suo tempo ostracizzato – su nessuno di questi tre punti il Pd vecchia gestione abbia elaborato una proposta; mentre su ciascuno dei tre punti, in questa legislatura, è stata Scelta Civica a presentarla, e a farlo attingendo proprio alle stesse idee-forza e alle stesse elaborazioni a cui ha attinto Matteo Renzi.

Se le cose stanno così – ed esse stanno così – il solo modo in cui il neo-segretario del Pd può mantenere le promesse fatte è quello di accettare che il suo Jobs Act, la cui pubblicazione è annunciata tra due settimane, presenti molte rilevanti sovrapposizioni rispetto alle proposte di Scelta Civica. Il rifiutarlo per ragioni di bandierina, di patriottismo di partito, non sarebbe da Renzi; anzi, contraddirebbe proprio uno degli elementi più innovativi e positivi del suo modo nuovo di concepire e fare la politica.

Articolo tratto dal sito di Pietro Ichino


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