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Il libro di Gates che accusa Obama sulla lotta al terrorismo

Nuovi problemi per Barack Obama, che dopo gli scossoni del conflitto siriano e del government shutdown deve ora fronteggiare le accuse di Robert Gates, ex capo della Cia e ministro della Difesa durante i governi Bush (2006-2008) e dell’attuale capo di Stato americano (2008-2011).

LE ACCUSE A OBAMA
Gates, nel libro di prossima uscita intitolato “Duty: memoirs of a secretary at war” (traducibile con “L’incarico: le memorie di un segretario in tempo di guerra”), usando toni particolarmente aspri critica le decisioni di Obama in politica estera, soprattutto in Afghanistan e nella lotta al terrorismo.

LE ANTICIPAZIONI DEL LIBRO
I contenuti del tomo di 549 pagine edito da Knopf, la cui uscita è prevista martedì 14 gennaio, sono stati anticipati da New York Times e il Washington Post, che hanno rivelato come secondo l’ex segretario alla Difesa “Barack Obama sbagliò a condurre la guerra in Afghanistan. Quando mandò 30 mila soldati nel Paese asiatico, prima che a metà 2011 iniziasse il ritiro graduale delle truppe, lo fece controvoglia e senza convinzione“. Aggiungendo che non ha “mai dubitato del sostegno di Obama alle truppe, ma solo del suo appoggio alla loro missione“, della quale sarebbe stato “scettico“, “non fidandosi del generale David Petraeus“.
Gates ha criticato anche il vicepresidente Joe Biden, accusato di “avvelenare il pozzo” contro la leadership militare e di aver “sbagliato tutte le scelte in politica estera e sicurezza nazionale degli ultimi 40 anni“.
Parole dure, che cozzano con l’immagine pacata e i toni misurati del generale americano, per 26 anni al servizio della Casa Bianca con ruoli di altissima responsabilità.

L’ESTRATTO SUL WSJ
A queste indiscrezioni si aggiunge un brano pubblicato martedì sul Wall Street Journal apparentemente per promuovere il libro, nel quale Gates scrive anche che “il problema fondamentale di Obama in Afghanistan è che le sue preferenze politiche e filosofiche per ridurre gradualmente il ruolo degli Stati Uniti erano in conflitto con la sua stessa retorica pubblica a favore della guerra…, le raccomandazioni quasi unanimi dei suoi consiglieri civili e militari anziani presso i dipartimenti di Stato e della Difesa, e le realtà sul terreno“.

LE CRITICHE A GATES
A pagare il prezzo più alto alle critiche di Gates potrebbe non essere però Obama, al giro di boa del suo secondo mandato, ma Hillary Clinton, desiderosa – forse – di cimentarsi con la competizione presidenziale e anch’ella giudicata non proprio positivamente nel libro.
Come spiega un commento di Chris Cillizza sul Wapo, “Bob Gates potrebbe solo aver consegnato ai repubblicani (e forse anche a un democratico o due) un argomento nella loro potenziale lotta per mantenere la Clinton lontana dalla presidenza nel 2016“.
Ma sulla stampa a stelle e strisce c’è anche chi “comprende” Gates e se la prende direttamente con il democratico Obama, che doveva aspettarsi le critiche – anche se tardive – di un ex segretario alla Difesa repubblicano. A lui sarebbe spettato “il compito di mettere al suo posto un uomo di maggior fiducia”.

GUERRA CONTINUA COL PENTAGONO
Che il rapporto di Obama con il Pentagono non fosse rose e fiori lo si era intuito già da tempo, in particolar modo a settembre scorso, durante la fase più acuta del conflitto siriano.
Nell’occasione un maggior generale dell’esercito in pensione, Robert H. Scales, aveva criticato la scelta del presidente di dichiarare guerra a Damasco.
Dopo aver raccolto le confidenze di diversi soldati e ufficiali, Scales ritenne che al Dipartimento della Difesa ci fosse “imbarazzo per essere associati con il dilettantismo dei tentativi dell’Amministrazione Obama di predisporre un piano che abbia un senso strategico e che esporrebbe solo a una inutile perdita di vite umane. Nessuno alla Casa Bianca – prosegue l’ex generale – ha qualche esperienza in guerra o la comprende“. Quella in Siria, concluse, “è una guerra che il Pentagono non vuole“.
Critiche dettate non solo dalla diffidenza verso l’operato di Obama, ma anche, sottolinearono alcuni osservatori, dal braccio di ferro tra il Pentagono e l’Amministrazione Usa per limitare i tagli al budget previsti dal sequester.

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