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Jobs Act, ecco l’ultima renzata

E’ il solito Matteo Renzi quello che presenta nella mail serale il proprio Jobs Act: brillante nella prosa, dirompente nel dettare i ritmi alla scena politica, prudente nella proposta programmatica, realista fino nella fattibilità.

LE PROPOSTE RIFORMATRICI
Certo su alcuni punti il sindaco osa abbastanza: tagliare l’Irap, assegno universale di disoccupazione, via i contratti a tempo indeterminato per i dirigenti pubblici. Queste le proposte più riformiste avanzate dal segretario Pd.

LE TIMIDEZZE LIBERISTE
Timido invece sulla questione articolo 18, che non menziona, dove si limita a proporre una semplificazione delle norme e la riduzione delle forme contrattuali. Anche sul lavoro pubblico dipendente non forza la mano, continuando ad insistere su concorsi e contratti a tempo indeterminato.

LE IMPRONTE SOCIALDEMOCRATICHE
D’ispirazione socialdemocratica tedesca quella di portare nei cda delle società le rappresentanze sindacali. Certo, con la struttura vetusta e mai completata dei sindacati italiani, al di la delle questioni di merito e principio, si fatica ad immaginare una governance che possa ridare slancio alle relazioni industriali.

LE INCOGNITE ENERGETICHE
Bene la riduzione del costo dell’energia del 10%, ma sul punto il sindaco nicchia su dove prendere i soldi per effettuare lo sgravio.

LE COPERTURE OCCULTE
Le coperture sono proprio quelle che Renzi non svela, così come i costi. A quanto ammonta, in termini monetari, l’assegno universale di disoccupazione? Da dove si prendono i soldi per finanziare una seria formazione professionale? E quelli per tagliare l’Irap?

L’ARMA COMUNICATIVA
Un Jobs Act che sembra concepito più come una straordinaria arma di comunicazione, una forte proposta politica più che come un reale piano per scardinare i nodi legislativi e fiscali che incrostano il sistema. Ora c’è solo da aspettare la proposta di legge o invece un eventuale ddl. Perché ancora Renzi e Letta non hanno spiegato se il Jobs Act sarà una proposta del Governo o meno.



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