“Tante cose sono state dette ma tante altre ancora no, e sono sicuro che il Papa sta facendo di tutto per comprendere meglio la successione di quegli eventi. Io sono sereno, ho sempre servito la chiesa con lealtà ed onestà e continuerò a farlo”. Ettore Gotti Tedeschi torna a parlare, in un’intervista al Messaggero, della sua cacciata dallo Ior, la banca vaticana che aveva guidato per quattro anni. Vede in Papa Francesco un uomo deciso ad andare avanti “sulla questione della trasparenza finanziaria, una riflessione che con Bergoglio è destinata a proseguire in modo coerente, esattamente come era iniziata quando sono stato chiamato da Benedetto XVI alla guida dello Ior”. Ripercorre le sofferenze sue e della sua famiglia, ricorda quanto “la mia vita sia stata picconata con una crudezza inimmaginabile”. Si dice pronto a raccontare tutto al nuovo Papa, “anche in confessione, se ritiene il caso”.
“HA DIMOSTRATO DI NON AVERE DELEGHE OPERATIVE”
E questo perché Gotti Tedeschi vuole essere sicuro che lui conosca tutta la verità. Uscito la scorsa estate dall’inchiesta della Procura di Roma circa le operazioni sospette avvenute allo Ior – 23 milioni di euro trasferiti nel 2010 da un conto aperto presso il Credito Artigiano a uno di Jp Morgan; passaggio considerato illegale dai magistrati – perché “ha dimostrato di non avere alcuna delega operativa”, Gotti Tedeschi spiega al Messaggero che la sua defenestrazione fu un fatto “inatteso, non previsto, di una violenza inaudita”. “Essere destituito in quel modo, ingiusto e brutale, ha arrecato anche tanto male alla mia famiglia. Questo è un aspetto che ancora mi causa dolore”.
LE ACCUSE DELLA SEGRETERIA DI STATO
Il riferimento del banchiere va a quanto avvenne il 24 maggio 2012. Quel giorno, la Segreteria di stato pubblicò un comunicato dai toni mai sentiti prima dalle parti della Terza Loggia in cui si annunciava la sfiducia per il presidente. Venivano diffuse le motivazioni che avevano condotto all’epilogo: incapacità di portare avanti i doveri di base del presidente; incapacità di rappresentare pubblicamente e difendere la banca di fronte a notizie imprecise da parte dei media; eccessivo accentramento; progressivi comportamenti sbagliati ed erratici; incapacità di fornire spiegazioni sulla diffusione dei documenti in suo possesso. Tradotto: c’è lui dietro Vatileaks. Accuse che hanno lasciato il segno: “La cosa più devastante – dice nell’intervista – è stata la volontà di denigrarmi e diffamarmi, attraverso una operazione sistematica che ha gettato discredito sulla mia vita professionale e personale”. A corredo di tutto ciò vanno ricordate le veline che circolarono all’epoca su presunte “disfunzioni psicopatologiche” di cui Gotti Tedeschi sarebbe stato affetto: “Le ferite restano ma si deve guardare avanti con fiducia”, spiega.
BERTONE FUORI ANCHE DALLO IOR
Ma nei gesti di Papa Francesco, l’ex presidente dello Ior vede la prosecuzione della strada da lui intrapresa per portare l’istituto bancario alla completa trasparenza. Il percorso è lungo, come ha mostrato anche il rapporto Moneyval dello scorso dicembre, ma i primi frutti iniziano a vedersi.
Nel frattempo, tra commissioni e consulenze, il Pontefice sembra aver deciso di rinnovare anche la commissione cardinalizia di controllo sullo Ior, ora guidata dal cardinale Tarcisio Bertone. Pochi giorni prima della rinuncia, Benedetto XVI aveva confermato nel suo incarico l’ex segretario di Stato e aveva sostituito il cardinale Attilio Nicora (storico nemico di Bertone) con il cardinale Domenico Calcagno.
L’ASCESA DEL CARDINALE (BERGOGLIANO) SANTOS ABRIL
A neppure un anno di distanza, Francesco avrebbe deciso – stando a quanto riporta Maria Antonietta Calabrò sul Corriere della Sera – di nominare il cardinale Santos Abril y Castellò nuovo numero uno dell’organismo. Tra i nuovi ingressi, viene dato per scontato anche quello di Pietro Parolin, segretario di stato. Confermato il cardinale Jean-Louis Tauran, mentre lascerebbero Odilo Scherer e Telesphore Toppo. Santos Abril y Castellò, spagnolo, è dal 2011 arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore. Diplomatico di carriera, è stato nunzio in Camerun, Gabon, Guinea Equatoriale e Jugoslavia. Nel 2000, la nomina a responsabile della nunziatura in Argentina (ed è qui che conosce il cardinale Jorge Mario Bergoglio). Tre anni più tardi è richiamato in Europa, sempre nei Balcani. Rinuncia all’incarico per raggiunti limiti d’età nel 2011, quando è chiamato a sostituire il cardinale Law a Santa Maria Maggiore. L’anno dopo, nel concistoro del febbraio del 2012, è creato cardinale.