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Poste Italiane, ecco come privatizzare senza spezzatini. I consigli della Cisl

No allo spezzatino aziendale, apertura ai lavoratori: ecco i consigli per il gruppo statale di Mario Petitto, segretario della Cisl-Poste.

Quali sono stati gli esiti del recente incontro a Palazzo Chigi sul futuro di Poste?
L’incontro non verteva esclusivamente sull’apertura al mercato privato delle quote di Poste Italiane. Si è trattato di un ragionamento più complesso, in quanto al fine di affrontare questa delicatissima questione, è necessario chiarire ciò che ancora non lo è.

Ovvero?
Tre i punti: il rapporto tra Poste Italiane e Cassa Depositi e Prestiti. Poste ha con CdP un accordo per la raccolta del risparmio postale, noi siamo una sorta di polmone di liquidità per lo Stato. In secondo luogo la questione del servizio universale di recapito, infine il fatto che nelle decine di miliardi di debito dello Stato verso la Pubblica amministrazione, Poste vanta due miliardi di crediti.

Quanto pesano quei crediti?
Noi assolviamo al servizio universale che ci è obbligato, il cui costo è di 300 milioni annui, denari che non abbiamo ricevuto per interi. É un punto significativo.

Sulla privatizzazione di Poste invece a che punto è l’iter?
E’ un discorso ancora in embrione, con tre obiettivi: quello del governo di poter racimolare risorse necessarie agli interventi per il Paese; il nostro, esclusivo, che l’azienda rimanga unica con il pacchetto di maggioranza che resti nelle mani dello Stato; quello del management, che vedrebbe chiarire il rapporto tra una Spa solo di proprietà statale ed una no. Su questa strada stanno convergendo gli interessi dei tre soggetti.

In caso di un cambio della governance quali sarebbero le vostre richieste?
Nel momento in cui dovessimo essere coinvolti in un ragionamento simile, ecco che porremmo la questione della partecipazione dei lavoratori alle quote azionarie di Poste Italiane. Proprio nei giorni scorsi è andata in porto la privatizzazione della Royal Mail, anche se lì si è trattato di un processo totale, nel senso che lo Stato non ha più il controllo delle Poste inglesi. In quell’occasione il 10% delle azioni sono state conferite gratuitamente ai lavoratori.

Più che una regalia economica una scelta strategica?
Senza dubbio, perché nel momento in cui si coinvolgono anche i lavoratori all’interno di una quota proprietaria, seppur minoritaria, si stimola una maggiore produttività. Un metodo complesso che però potrebbe portare positività.

Perché il sindacato, che si solito si mette di traverso alla questione della privatizzazione, nel caso di Poste reagisce positivamente?
Perché da anni siamo stati attraversati da una paura maledetta: quella dello spezzatino dell’azienda postale. Si si è parlato dello scorporo di Banco Posta per quotarlo e farlo diventare una banca. Ma l’allarme maggiore si è avuto lo scorso dicembre.

Si riferisce alla vendita di Poste vita?
Si tratta di società del gruppo: scorporare Banco o vendere Vita significa decretare la morte di Poste Italiane. In questo momento siamo l’unica azienda postale al mondo che si sta barcamenando e regge bene proprio in virtù dell’integrazione che abbiamo raggiunto al nostro interno. Gli altri operatori mondiali del settore sono in crisi profonda e lo vivo quotidianamente da vicepresidente del sindacato europeo. La posta tradizionale tende a scomparire, i servizi di corrispondenza andranno ovviamente ricalibrati.

Perché Poste italiane “si salva” da questo trend?
Perché noi siamo insieme banca, servizi finanziari, assicurativi, di telefonia mobile, di provider internet, logistica, corriere, recapito: ossia tutto questo insieme ci consente di reggere l’impatto della crisi. Senza dimenticare il deficit generalizzato dei servizi postali, lo scorso anno da noi di 400 milioni. Compensati dagli utili degli altri settori: ecco come riusciamo ad esistere sul mercato. Con lo scorporo non sarebbe più così.

Quindi qual è la prospettiva che lei suggerisce?
Apriamo Poste ai privati ma senza spezzettare l’azienda e facendola rimanere integra in un quota minoritaria, di modo che il controllo resti intatto. E in questo contesto aprire anche ai lavoratori. Ecco lo scenario auspicato.

twitter@FDepalo



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