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Che cosa penso di Hollande, di Berlusconi e di Faraone. Parla Pierluigi Battista

Sexy gate, incontri clandestini e sicurezza nazionale. Il caso francese che ha visto coinvolto il presidente François Hollande riporta di attualità il sottile fil rouge esistente tra sfera privata e pubblica, con le immancabili speculazioni del caso. Per ragionare sul limite alla diffusione delle notizie e sul ruolo pubblico dei protagonisti, Formiche.net ha sentito il parere di Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera.

Battista, dove ci condurrà il giustizialismo mediatico e politico?
In Italia esso si fonda su quello giudiziario, eviterei di paragonare le due cose. Nel caso italiano c’è un processo che sta giungendo al secondo grado, dove non stiamo dando giudizi squisitamente morali.

Quali le analogie con il caso francese?
Non esistono, perché lì non vi è un’inchiesta ufficiale. Ho letto che Hollande aveva proposto per la sua amica un incarico a Villa Medici a Roma: al momento sono semplici registrazioni di una vicenda privata che non dovrebbero suscitare tutto questo interesse. Il punto è se certe questioni che accadono possano mescolarsi o meno con gli affari pubblici, tutto qui. Non mi sembra che un presidente sia censurabile perché fugge in motorino a 150 metri dall’Eliseo dopo essere stato con una sua amica.

E cosa lo sarebbe?
Trovo che eventualmente sia più censurabile se questa donna avesse avuto dei benefici pubblici in luogo di quella conoscenza. Personalmente penso che quello che accadeva ad Arcore non poteva da solo essere sufficiente a ritenere un uomo politico incapace di ricoprire un ruolo pubblico. In caso di risvolti esterni, invece, è chiaro che il problema diventa di tutti.

A quali risvolti fa riferimento?
Del bunga-bunga non mi interessa, non è quello il nodo. Trovo anche abbastanza pretestuosa la vicenda di Ruby, c’è un elemento fortemente morboso nel voler inquadrare finanche il linguaggio dell’accusa e della difesa: tutte cose che con la giustizia non dovrebbero avere nulla a che fare. Ma ci sono due elementi che riguardano tutti.

Quali?
Il primo riguarda la famosa telefonata di Berlusconi in questura, di cui i riverberi giudiziari non tocco, non avendo elementi per giudicare. Ma se un premier alza il telefono per chiedere qualcosa, ecco che in quel momento la faccenda si fa pubblica. E ‘lui che porta le serate di Arcore in questura e a nostra conoscenza. Il secondo prende il nome di Nicole Minetti, che è divenuto un fatto istituzionale e oggi, dopo che ha smesso di essere un astro nascente della politica italiana, è tornata all’antico ruolo legato al mondo della pubblicità e della moda.

Quindi il passaggio significativo è dal privato alla sfera pubblica? E in che misura?
In questo caso non vedo cosa centri il giustizialismo. La morale non entra nella vicenda, perché con il caso Berlusconi si è trovato un modo per demolire il grande nemico. Tutti coloro che hanno scritto fiumi di inchiostro per dimostrare quanto fosse corrotto e pervertito, dai fatti francesi dovrebbero dedurre alcune cose. La storia di Mitterand è stata pazzesca, con due famiglie, un appartamento di Stato, un’assunzione.

Come leggere la cautela con cui i media francesi stanno seguendo il caso?
E’ abbastanza impressionante, in Francia sono successe delle cose in Italia mai accadute. Persone che negli anni scorsi hanno raccontato qualcosa che riguardasse il Presidente della Repubblica hanno perso il posto di lavoro. Il ruolo politico sul sistema dell’informazione francese è più soffocante di quanto non lo sia a casa nostra. Nel giorno in cui Hollande doveva spiegare la sua svolta liberale, le domande sulla vita privata sono state fatte quasi tutte da corrispondenti stranieri. I quotidiani francesi si sono comportati in modo molto sciovinista. In altre circostanze sono stati meno indulgenti.

Avrebbero dovuto esserlo?
Sono contrario al giustizialismo e all’accanimento, ma anche quando accadevano le note cronache tra Carlo d’Inghilterra e Lady D nessuno si rifiutava di leggere quei resoconti. Da sempre i segreti attirano, anche perché nella vicenda c’è l’ex moglie Segolene Royale, che è stata candidata alla presidenza, la compagna tradita che va in ospedale e l’amante che sognava l’Italia.

Significa che Hollande deve lasciare il suo posto?
No, non va neanche moralmente contestato se non c’è stato alcun reato, o alcuna connessione con un privilegio.

Secondo i canoni del nuovismo anti Casta di cui anche Renzi si è fatto interprete, il piddì Faraone, coinvolto in un’indagine sui rimborsi, si dovrebbe dimettere o no?
Sono contro il finanziamento pubblico i partiti. Il caso Faraone è tutto da vedere, è da verificare se con quei denari compiva attività politica o acquistava asciugacapelli. Così come i giornalisti francesi non fanno le domande a Hollande, noi invece dovremmo chiedere al magistrato in questione perché si interessa a quei tremila euro di Faraone. E definire se li ha spesi per piaceri personali o per comprare cartelloni elettorali. Non lo difendo a priori, ma il nodo è perché esca una notizia del genere.

twitter@FDepalo



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