Un parere non vincolante, ma significativo sull’evoluzione del Tap, il gasdotto che porterà il gas azero in Italia attraverso il Salento con vantaggi anche nella bolletta di casa nostra, secondo alcuni esperti. No dal comitato Via all’approdo di San Foca, ritardi e la tentazione di virare su Brindisi. Ecco come la Regione Puglia guidata da Nichi Vendola si fa megafono politico e operativo alle proteste ultra ambientaliste.
SECONDA BOCCIATURA
Il giudizio della Regione Puglia equivale a una seconda bocciatura dal momento che il comitato regionale per la Via (valutazione di impatto ambientale) ha prodotto un “giudizio negativo di compatibilità” sul progetto. Il nodo sta nell’approdo alla marina di Melendugno del gasdotto della Tap, con il porto di San Foca che gli ambientalisti vorrebbero preservare da un punto di vista naturalistico e anche turistico. Il documento non è vincolante né obbligatorio, ma di fatto segue quello analogo espresso nel settembre 2012, quando vennero segnalate carenze di documenti.
VIRATA SU BRINDISI?
L’analisi di altre opzioni localizzative è il passo successivo che andrà compiuto in questo senso. Al momento sul tavolo del consorzio Tap ve ne sono cinque: San Foca di Melendugno (quella prescelta); a nord del Comune di Lendinuso; presso la centrale elettrica di Cerano; presso il petrolchimico di Brindisi; a nord dell’aeroporto di Brindisi. Secondo i rilievi del comitato è stata omessa “ogni valutazione in ordine alla possibilità che le normative consentono”. Il riferimento è alla scelta diretta su Melendugno escludendo a priori le altre. Mentre invece sia i comitati no tap locali che alcuni analisti si spingono a sostenere che invece proprio Brindisi potrebbe essere il naturale approdo del gasdotto.
REAZIONI
Una presa di posizione politica. La chiede a questo punto il primo cittadino di Melendugno, Marco Potì, che in passato aveva epitetato l’approdo a San Foca come “una iattura per l’integrità ambientale della marina di Melendugno“. Esultano per lo stop regionale il Comitato «No Tap» e anche il gruppo Sel alla Regione (“la bocciatura è una straordinaria vittoria dei cittadini”). Il consigliere regionale forzista Erio Congedo dice che adesso “l’obiettivo non può che essere quello di giungere a una soluzione che non cada sulla testa dei cittadini”. Mentre il presidente del movimento Italia Destati, Sandro Quintana, sottolinea il “no ad interessi di varia natura politica per un progetto strategico, ma che in realtà lede il Salento”.
IL PROGETTO
Porterà dall’Azerbaijan all’Italia oltre 10 miliardi di metri cubi di gas (estendibili a 20 miliardi) approdando sulle coste pugliesi. Dovrebbe coprire il fabbisogno annuo di 7 milioni di famiglie. È considerato un “progetto strategico” e di “interesse comune” per l’Unione Europea. Il governo Letta si è speso molto per il progetto, in quanto “costituisce per l’Italia un utile strumento per diversificare fonti energetiche e fornitori di energia, con positive ricadute dal punto di vista della sicurezza”.
FRONTE DEL NO
Gianluca Maggiore, del comitato No Tap, è da sempre in prima linea contro il progetto dell’infrastruttura energetica. “Uno, dieci, cento Valsusa” è lo slogan che riecheggia nella battaglia No Tap e che caratterizza il fronte del no. Uno dei fronti più caldi è quello sanitario: secondo l’oncologo Giuseppe Serravezza il governo dovrebbe porre come priorità proprio la valutazione del danno sanitario. Nell’occhio del ciclone anche il micro tunnel (del diametro tre metri, 600 metri sulla terraferma, circa 800 in mare) che dovrebbe aggirare i vincoli sul cordone delle dune e sulla macchia mediterranea. Al pari della posidonia, presente nelle acque prospicienti San Basilio, che dovrebbe portare alla classificazione dell’area marina come sito di interesse comunitario.
I NO TAP e IL M5S
Il deputato pentestellato Alessandro Di Battista ha più volte espresso la contrarietà all’opera, motivandola lo scorso 5 dicembre con un atto di disobbedienza civile. Infatti il Movimento 5 Stelle in occasione dei lavori sul voto sull’Accordo tra Grecia, Albania e Italia per il progetto “Trans adriatic pipeline” si è appellato all’articolo 119 comma 4 del regolamento di Montecitorio secondo il quale “durante la sessione di bilancio è sospesa ogni deliberazione, da parte dell’Assemblea e delle Commissioni in sede legislativa, sui progetti di legge che comportino nuove o maggiori spese o diminuzioni di entrate”.
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