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Come gli estremismi ecologisti intralciano lo strategico gasdotto Tap

Negli ultimi mesi è venuta montando nel Salento sudorientale una dura polemica degli amministratori di diversi Comuni dell’area – e segnatamente del primo cittadino del centro costiero di Melendugno – contro l’ipotesi che il gasdotto della Tap-Trans Adriatic pipeline, provenendo dalla Grecia e dall’Albania, riemergesse proprio in prossimità della spiaggia della rinomata cittadina turistica salentina per innestarsi poi, alcuni chilometri più a nord, nella grande rete di distribuzione della Snam.

LA STRATEGICITA’ DI TAP

Com’è noto, la realizzazione della Tap – che porterà il gas dai grandi giacimenti dell’Azerbaijan sino in Italia – è un impegno che è stato sottoscritto dal nostro governo e approvato dall’Unione Europea e pertanto si colloca nel contesto delle relazioni economiche strategiche riguardanti il Paese la cui posizione geografica, con particolare riferimento alla sua area meridionale, lo rende un hub energetico di prima grandezza nello scacchiere euromediterraneo, se è vero che già da anni arrivano in Sicilia i grandi metanodotti dall’Algeria e dalla Libia, mentre al Nord giungono quelli dal Mare del Nord e dalla Russia. La domanda di gas tenderà a crescere nei prossimi anni, anche se bisognerà poi verificarne l’esatta dimensione alla luce di una ripresa dell’economia che non si prevede a breve particolarmente robusta.

IL RUOLO DELLA SOCIETA’ TAP

La società realizzatrice della Tap da tempo, nel pieno rispetto di tutte le complesse norme vigenti, sta svolgendo, dopo accurate analisi geognostiche dei siti, studi e progettazioni per scegliere il punto di approdo ottimale nel Salento del nuovo metanodotto e ha individuato quello più idoneo proprio nell’area del Comune di Melendugno che, invece, si oppone con durezza alla scelta temendo un impatto ambientale tale da lederne l’immagine di rinomata città turistica, con danni pesanti alla sua economia.

LA POSIZIONE DELLA REGIONE PUGLIA

La Regione Puglia ha promosso una campagna di ascolto del territorio e il Sottosegretario De Vincenti – che aveva seguito tutto l’iter internazionale del progetto – è venuto nel Salento prima di Natale a confrontarsi con le Autorità locali e i comitati di cittadini con i quali, purtroppo, non si è riusciti ad andare ad di là di un dialogo molto approssimativo, fatto più di invettive e di schiamazzi, che non di analisi rigorose di fattibilità. Nei giorni scorsi, peraltro, il Comitato regionale per la Via ha espresso parere negativo sul progetto – parere obbligatorio ma non vincolante ai fini della stessa Via da rilasciarsi da parte del Ministero dell’Ambiente – affermando fra l’altro che non erano state specificate le opere di allaccio ai metanodotti della Snam, compito peraltro spettante alla stessa e non alla società proponente – ma il Sottosegretario De Vincenti ha affermato che si terrà conto del parere dello stesso Comitato, cercando un punto di approdo diverso da quello ipotizzato, pur dopo gli accurati studi dalla società realizzatrice della Tap.

LE IPOTESI

E’ opportuno ricordare peraltro che un altro gasdotto internazionale, l’IG Poseidon, è in via di avanzata elaborazione progettuale, e dovrebbe approdare sempre nel Salento, ma a sud di Melendugno e cioè a nord di Otranto, la cui Amministrazione comunale, a differenza dell’altra, aveva già dato il suo assenso. Qualche organo di stampa locale, allora, non ha escluso che si possano unificare i due progetti: un’ipotesi di difficile praticabilità per diverse ragioni, la prima delle quali è costituita non solo dalla diversità dei soggetti proponenti, ma anche dalla mancanza – nel caso dell’IG Poseidon – proprio del combustibile trasportabile ovvero del gas, non essendovi ancora accordi con Paesi fornitori, anche se poi questo stesso progetto aveva già avuto una positiva valutazione di impatto ambientale da parte del Ministero competente.

GASDOTTO TAP VERSO BRINDISI?

Altri giornali ipotizzano invece che l’approdo della Tap possa essere a sud di Brindisi – registrando peraltro la netta contrarietà delle Autorità locali –  in prossimità della centrale a carbone Federico II dell’Enel che qualcuno propone anche di riconvertire a metano. L’Enel, però, lo ha escluso categoricamente, anche per la pesante ricaduta occupazionale che un’ipotesi di questo genere avrebbe, dal momento che una centrale a metano impiegherebbe molte unità lavorative in meno rispetto alle 500 dirette – oltre alle quasi mille nell’indotto – che oggi la Federico II assicura: una centrale nella quale peraltro l’Enel sta portando avanti proprio in questi mesi ulteriori investimenti per circa 400 milioni per migliorare ancora l’ecosostenibilità del sito e per coprirvi il grande carbonile.

GLI ESTREMISMI ECOLOGISTI

Insomma, nonostante gli accurati studi svolti dalla società realizzatrice della Tap e la sua più volte ribadita volontà di confrontarsi costruttivamente con le popolazioni locali – mostrando ad esse i vari accorgimenti che sono stati studiati sotto il profilo progettuale per azzerare quasi del tutto ogni forma di impatto delle opere di approdo del gasdotto, e i risvolti economici della sua realizzazione – ripetute manifestazioni di estremismo ecologista, al momento irriducibile, rischiano ancora una volta di trasformare quella che è una grande opportunità per il territorio locale e per il nostro Paese in un nuovo elemento che potrebbe scoraggiare ogni altro investimento estero sul nostro territorio. Già in Puglia era stato sabotato per molti anni – sino a costringere la British gas a ritirarlo – il suo progetto per un grande rigassificatore a Brindisi.

DOMANDE AMARE

Succederà così anche per l’approdo della Tap ? E questo sarebbe poi un risultato compatibile con il programma Destinazione Italia che con tanta enfasi il Governo sta portando avanti?

Federico Pirro

Università di Bari – Centro studi Confindustria Puglia



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