Skip to main content

Come Papa Francesco combatte crimini e corruzioni. Parla padre Luciano Larivera

“Un autentico spirito di fraternità vince l’egoismo individuale che contrasta la possibilità delle persone di vivere in libertà e in armonia tra di loro. Tale egoismo si sviluppa socialmente sia nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente diffuse, sia nella formazione delle organizzazioni criminali. Queste organizzazioni offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato, tanto più quando hanno connotazioni religiose”. Così scriveva nel messaggio per la sua prima Giornata Mondiale della Pace, Papa Francesco, lo scorso dicembre.

CRIMINALITA’ TRANSNAZIONALE, UNA SFIDA PER LA CHIESA

Sul tema, quello della criminalità organizzata transnazionale, si discuterà domani alle ore 18.00 in una conferenza a Roma, nella sede della Civiltà Cattolica, la prestigiosa rivista della Compagnia di Gesù. Interverrà padre Luciano Larivera S.I., giornalista e membro della Commissione economica della Provincia d’Italia dei gesuiti. Alla questione, Larivera ha dedicato recentemente due articoli, il primo pubblicato lo scorso 4 gennaio, “La globalizzazione del crimine organizzato”, e il secondo, “Sovranità statale e criminalità organizzata”, apparso sull’ultimo numero della Civiltà Cattolica.

LE RISPOSTE DELLA CHIESA AL CRIMINE ORGANIZZATO

Criminalità organizzata che sempre più rappresenta anche una sfida per la Chiesa, come più volte ha ribadito anche il Pontefice. Ma qual è la risposta che la chiesa può dare a questi fenomeni? Come contrastarli? “Innanzitutto con il lavoro educativo, lavorando con coloro che escono dall’ambito della criminalità, operando nelle comunità per il recupero dei tossicodipendenti”, dice a Formiche.net padre Larivera. Fondamentale, però, è anche l’attività di denuncia, come avviene in tanti contesti. Si pensi al Messico, dove la Chiesa assume sempre più un ruolo civile per difendere la popolazione, o le posizioni assunte nella Terra dei fuochi. Importante è il ruolo delle comunità cristiane attive per evitare che i singoli individui rimangano soli e quindi più facilmente esposti alle rappresaglie”, aggiunge.

IL RUOLO DI MEDIAZIONE

Ma ci sono anche situazioni più “intime” in cui la Chiesa si fa sentire, e qui il giornalista della Civiltà Cattolica cita “i Monti di pietà, che possono aiutare le famiglie e le piccole imprese a non cadere nella rete dell’usura”. E poi c’è la voce del Papa, a livello più ampio: “Francesco insiste più sul problema della corruzione, di cui fa parte anche la corruzione politica”. A ogni modo, sempre più la Chiesa assume ruoli di mediazione, come in America centrale: “In Salvador essa si è proposta come mediatrice tra le Maras, lavorando nelle carceri dove sono detenuti i capi criminali, cercando di capire il problema. In Nicaragua, altro esempio, il tasso degli omicidi è calato, anche grazie alla presenza sul territorio della chiesa. Il lavoro maggiore è nei Paesi che escono da conflitti. Il caso centroafricano è di scuola, a tal proposito”, chiarisce Larivera: “Il problema è quello di evitare che una guerra civile faccia passare un Paese da un’economia povera a un’economia di guerra. Si guardi alla Siria, realtà dove si sta consolidando sempre di più un’economia di guerra e un’economia criminale, con il traffico di clandestini e la presa del monopolio sui rifornimenti petroliferi, ad esempio”.

PERICOLI E CONSEGUENZE DI QUESTA GLOBALIZZAZIONE

Papa Francesco ha più volte parlato della globalizzazione, e spesso in termini non positivi. Ha messo in guardia sui suoi effetti a Lampedusa, dove ha parlato di “globalizzazione dell’indifferenza”, ha avvertito sui rischi di arrivare a un “pensiero unico”. Pericoli e rischi che si possono ormai constatare anche nell’espansione dei flussi commerciali, con gli illeciti che possono così essere celati più facilmente, nella deregolamentazione del web, nella cybercriminalità. Tutte sfide nuove anche per la chiesa. “Il fatto è che la globalizzazione è stata fatta senza la capacità adatta di governance, senza gli strumenti per gestirla. Un po’ come l’Unione europea, messa in piedi senza prevedere i meccanismi per gestirne le crisi”, dice Larivera. “La globalizzazione, inizialmente fatta per favorire commerci e occupazione, è in realtà servita ad aprire il mercato a nuove droghe che prima non arrivavano. Si guardi alla Cina, tanto per citare un Paese”. I pericoli sono oggi maggiori anche perché è arduo per un Paese – specie se non toccato prima dallo sviluppo all‘occidentale – adeguarsi subito agli strumenti repressivi propri del sistema giudiziario: “I processi legati alla giustizia, alla chiarezza, all’adeguamento delle normative sul terreno della criminalità transnazionale sono sempre più lenti. Un Paese deve continuamente prevedere e inserire nel proprio ordinamento nuovi strumenti di indagine, e prima che l’adeguamento sia realizzato passa sempre molto tempo”.

LA CRISI FINANZIARIA E’ PRIMA DI TUTTO ANTROPOLOGICA

Il crimine transnazionale è favorito anche dalla crisi finanziaria ed economica post-Lehman Brothers, scrive Larivera nell’articolo del 4 gennaio, aggiungendo che tale crisi è sottesa da quella antropologica. Un concetto illustrato da Benedetto XVI e ripreso con vigore da Francesco e che ben si adatta alla situazione corrente. Esemplare in tal senso, dice il nostro interlocutore, è il recente film The Counselor: “Ci dice cosa siano l’avidità e la ferocia. E’ quel mondo che cambia te, non se tu che cambi quel mondo. Il meccanismo dell’avidità ti porta a uccidere, si vede il segno del demonio. La globalizzazione ha permesso all’uomo oltre le proprie capacità di gestire il rischio sistemico. La libertà, quindi, ha aumentato questo rischio – il fatto che si possa comprare più benzina a prezzi più bassi ha fatto sì che non si calcolassero i rischi per l’ambiente, ad esempio”.

QUAL E’ IL SENSO DELL’UOMO GLOBALE?

Per padre Larivera, questo “è un problema di antropologia umana: qual è il senso dell’uomo globale? Guardiamo al Brasile e pensiamo per un attimo al problema delle foreste in pericolo. Certo, è un problema delle autorità locali, ma ancor di più un problema dell’umanità. Fondamentale, più che imporre regole, è dare incentivi. Il punto è discutere come dare questi incentivi”. Si torna al punto di partenza, dunque: “il problema è la mentalità riduttivista dell’uomo, mentre la realtà è molto più organica”.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter