Altro che voto. Con questa riforma elettorale si ipoteca il governo sino alla scadenza del 2015, ragiona Paolo Gentiloni, già ministro delle Comunicazioni con Prodi premier e membro della direzione nazionale Pd. Secondo cui l‘Italicum mette l’Italia al passo con i sistemi già in vigore in Francia, Spagna e Gran Bretagna.
Renzi premier di larghe intese smentirebbe se stesso?
Senza dubbio. Soprattutto se non ci fosse un passaggio elettorale.
Quindi a maggio assieme alle europee si potrebbe votare anche per le politiche?
Questo non è detto, anzi mi sembra escluso se andasse avanti il processo riformatore che oggi ha fatto un buon passo avanti. L’avanzamento delle riforme infatti porta con sé la messa in sicurezza dell’esecutivo fino al 2015.
Quali i vantaggi dell’Italicum?
Innanzitutto il fatto che si conferma, correggendo i rilievi avanzati dalla Consulta, che un proporzionale puro condannava il Paese all’ingovernabilità e al rischio di larghe intese permanenti. Invece adesso c’è la possibilità di rafforzare un sistema bipolare attraverso il doppio turno, che per noi è sempre stato il modo migliore per assicurare con chiarezza la vittoria di uno degli schieramenti in campo. Lo si fa con il meccanismo dei collegi plurinominali che, pur non essendo l’ideale, certamente avvicina gli eletti agli elettori.
Considerato lo spiccato decisionismo renziano, il buon asse con il Colle e il vento delle primarie, perché non mettersi alla prova subito con un governo di scopo, così come chiesto anche da Giovanni Toti?
Non credo che quella richiesta sia nata per amore di Renzi o del suo futuro politico, in generale penso che l’Italia abbia bisogno di un governo forte politicamente assieme ad una leadership di qualità per affrontare i nostri problemi, in molti casi incancreniti da 20 anni. Oltre che per ottenere dall’Ue più flessibilità su alcune regole ormai indifendibili: tutto questo può farlo un esecutivo che sia legittimato da un voto popolare.
Fondate le critiche di chi vede nell’Italicum il tentativo di togliere rappresentatività ai piccoli?
L’accordo sulla riforma non riguarda solo Pd e Fi, ma anche il Ncd: tre forze politiche a cui si affianca un dissenso di doppia natura. Da una parte quello del M5S, che si è purtroppo sottratto sempre e comunque a qualsiasi dialogo sul tema, perché interessato al mantenimento dello status quo. Sia il Porcellum sia la modifica della Corte sono preferiti da una forza come il M5S che investe sulla paralisi del sistema.
Come replica alle obiezioni circa le soglie di accesso?
Rispetto l’opinione di chi le ritiene troppo elevate, ma segnalo che sono tra le più basse d’Europa sia sul piano formale che su quello sostanziale, penso ai casi inglesi, spagnoli e francesi con meccanismi che escludono dalla rappresentanza partiti che hanno il 10%: altro che il 4,5 previsto dall’Italicum. Diverso è il discorso politico, capisco bene che i piccoli sono chiamati ad una sfida nel prossimo anno. D’altra parte un Parlamento diviso in dieci o quindici gruppi non mi pare negli ultimi decenni che abbia aiutato il Paese.
Enrico Letta rischia di essere messo nell’angolo dall’asse elettorale e decisionale di Renzi e Berlusconi?
Credo che il Premier abbia giustamente apprezzato l’accelerazione impressa da Renzi e abbia più volte affermato che condivideva l’idea di un’intesa coinvolgendo sia le forze governative sia le altre. Dopo di che le forze in maggioranza sono state coinvolte, seppure non in modo totale, mentre tra quelle di opposizione l’unica con cui è stata possibile fare l’accordo è stata Forza Italia.
Letta ne trarrà benefici?
Sì, se il processo andrà avanti con una stabilizzazione del suo governo. Ricordo che appena 25 giorni fa, quando è iniziata l’accelerazione renziana, la critica che gli rivolgevano, anche dall’interno del Pd, era che volesse picconare il governo. Sta accadendo il contrario, perché senza questa legge la legislatura non avrebbe potuto proseguire.
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