Matteo Renzi sta riuscendo a incarnare ciò che Beppe Grillo voleva essere nella politica italiana, di lotta e di governo, ragiona con Formiche.net Claudio Cerasa del Foglio che segue da tempo mosse ed evoluzioni del sindaco di Firenze. Cerasa analizza movimenti e prospettive non solo del Pd, ma anche delle varie componenti del centrodestra, con una previsione: torneranno alla casa del “padre” Silvio.
Quanto ci guadagna il Pd renziano non più da Prima Repubblica con l’Italicum e quanto la stabilità politica del Paese?
Renzi con la riforma elettorale riesce a fare quello che Grillo vorrebbe fare ma non riesce: ovvero essere contemporaneamente uomo di lotta, in quanto si oppone alla lenta stabilità del governo e alla sua tendenza a non accelerare i processi di riforma, e anche uomo di governo, perché mette insieme tutte le forze parlamentari che Napolitano voleva unite all’inizio della legislatura. Da questo punto di vista è un successo formidabile.
Il governo ne esce rafforzato?
A breve termine sì, dal momento che non riformare la legge elettorale avrebbe molto probabilmente condotto il Paese ad elezioni anticipate. Viceversa con un percorso simile la possibilità che l’esecutivo vada avanti è maggiore. Ma una volta che l’Italicum verrà approvato bisognerà capire i tempi e a quel punto credo potrebbe esserci la tentazione di andare al voto.
Quando Giovanni Toti propone a Renzi di mettersi alla prova con un governo di scopo gli tende un trappolone, visto che il segretario Pd non lo aveva mai ipotizzato?
E’un meraviglioso trappolone per incastrarlo in questo governo e in questo modo “bruciarlo” prima delle prossime elezioni. Fossimo nella Prima Repubblica, sarebbe un percorso quasi naturale perché Renzi è il segretario di un partito che ha ricevuto una forte investitura popolare e con un appeal superiore all’attuale premier e in teoria potrebbe essere lui a guidare il governo in futuro. Detto questo sono convinto che Renzi non abbia alcuna voglia di farsi crescere i baffi e fare il D’Alema.
Chi non ne esce bene è Enrico Letta, stretto nella morsa comunicativa post accordo Renzi-Berlusconi?
Penso di no, perché l’accordo offre a Letta la possibilità di sfruttare la forza del Pd e anche di una nuova intesa creatasi attorno alla legge elettorale, per fare le riforme, per utilizzare al meglio le risorse aggiuntive nelle casse dello stato, oltre agli gli aiuti economici europei. E quindi provare anche a non limitarsi a migliorare un po’ i fondamentali economici ma a stimolarli. Tutto dipenderà dal tipo di campagna che faranno Renzi e Letta alle europee. Andare alle urne nel semestre di presidenza europeo con un Pd incapace di esprimere al meglio le proprie potenzialità, per Letta sarebbe una bocciatura clamorosa. Lo stesso per Renzi, non riuscire a portare il partito al livello che immagina sarebbe un flop.
Alcuni si spingono a sostenere che gli alfaniani starebbero commettendo i medesimi errori di Gianfranco Fini, cronologici e di merito: è così?
I presupposti ci sono tutti, non riescono ad avere ancora una loro identità definita, l’elettorato si basa su piccole ridotte locali e hanno una vocazione non maggioritaria. Il perimetro politico mi sembra ridotto, ma di buono c’è che questo gesto aggregherà tante altre piccole realtà come l’Udc di Casini e gli scissionisti di Scelta Civica. Dubito che con questi numeri scompariranno ma non saranno forza decisiva.
Il centro Popolare di Mario Mauro che ruolo potrà giocare?
Non vedo alcun tipo di prospettiva politica, è una piccolissima stella in una microscopica galassia che si andrà ad aggregare ad una galassia più grande. Torneranno anche loro, come tutti, verso la cosiddetta casa berlusconiana del padre.
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