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Così la rivalità tra Washington e Berlino infiamma le sponde dell’Atlantico

La risposta di Angela Merkel al Datagate passa dalla creazione di un network europeo di comunicazioni, per evitare che mail e dati dei cittadini del Vecchio Continente transitino attraverso gli Stati Uniti. È la proposta che la cancelliera tedesca rivolgerà al presidente francese François Hollande nel corso di un vertice bilaterale in programma mercoledì prossimo a Parigi.

BASTA INTERCETTAZIONI
Quella che qualcuno ha già ribattezzato Euronet, è l’estrema reazione della leader cristiano-democratica per stimmatizzare e contrastare l’egemonia americana nel mondo di internet, che preoccupa la Merkel non solo per lo spionaggio dei cittadini, ma per la possibile violazione di segreti industriali. Ma anche – come sottolinea il New York Times – per togliersi un sassolino dalla scarpa, dopo che lo scorso anno le rivelazioni della talpa Edward Snowden portarono a galla che ad essere intercettati dalla National Security Agency non erano solo i capi di Stato e di governo di Paesi avversi, ma anche alleati come la Merkel, per l’appunto. E non è un caso che la Cancelliera stia cercando di fare asse proprio con il presidente francese, “conteso” anche dagli Usa in una sua recente visita alla Casa Bianca.

UNA NUOVA GOVERNANCE
La sfida tra l’Ue e Washington sul versante della Rete è ormai accesa e non riguarda solo la Germania. La Commissione di Bruxelles ha proposto la settimana scorsa una serie di misure per modificare su un piano globale i criteri di assegnazione dei nomi di dominio più importanti come .com o .org, che rimangono contrattualmente collegati agli Usa. Una parte del piano di Berlaymont prevede di dare tempi certi a una internazionalizzazione dell’Icann – l’internet Corporation for Assigned Names and Numbers – l’ente non profit che regola gli aspetti fondamentali della Rete ed è per ora appannaggio esclusivo di Washington, un rafforzamento dell’Internet Governance Forum globale e mira anche a costituire una piattaforma online per la creazione di sistemi di trasparenza sulle politiche di internet, il Global Internet Policy Observatory, oltre a revisionare i conflitti tra leggi o giurisdizioni nazionali. Richieste che per il momento hanno trovato la disponibilità al dialogo degli Stati Uniti, che non vogliono però – come rimarcato dal Wall Street Journal – cedere aspetti importanti della gestione di internet.

IL NODO DEL TTIP
L’offensiva della Merkel, giunta a seguito di altre frizioni per le divergenze tra America e Unione europea sulla gestione diplomatica della crisi ucraina evidenziata da Reuters, si collega poi ad un altro, delicatissimo dossier che in queste ore vede discutere le due sponde dell’Atlantico, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip), l’accordo commerciale che promette di eliminare ostacoli in una vasta gamma di settori economici, semplificando l’acquisto e la vendita di beni e servizi tra Usa ed Europa. Oggi a Bruxelles riprendono i negoziati per il patto che, secondo il quotidiano diretto da Jill Abramson, sono importanti per il presidente americano Barack Obama, ma meno urgenti di quelli analoghi portati avanti per la creazione di una zona di libero scambio tra Stati Uniti e Asia che escluda la Cina, il Trans-Pacific Partnership (Tpp).

LA SFIDA DEL SURPLUS
La cautela del capo di Stato secondo molti analisti va letta non solo nell’ambito della normale dialettica tra Bruxelles e Washington per strappare il miglior accordo possibile, ma anche nella crescente irritazione tedesca per alcune ingerenze americane anche in campo economico. Negli scorsi mesi, infatti, dopo l’apertura del dibattito sulla bilancia commerciale tedesca -, che nella media degli ultimi tre anni ha accumulato uno squilibro tra import ed export superiore al 6 per cento del Pil, contravvenendo alle regole comunitarie – il Tesoro Usa criticò la Germania nel suo rapporto semestrale sulle valute. Per gli Stati Uniti la politica di Berlino “imbragherebbe” l’euro frenando il decorso della recessione dell’Eurozona. Parole non gradite a Berlino, che alla vigilia delle elezioni europee deve fronteggiare le stesse accuse da parte dei numerosi partiti euroscettici, in salita nei consensi, ma che trovano conferma in un appello lanciato dall’Ocse. È il britannico Telegraph a dare oggi conto delle parole di Pier Carlo Padoan, capo economista e vicedirettore generale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (oltre che uno dei nomi circolati nel “totoministri” per il primo esecutivo di Matteo Renzi), che ha avvertito che “o la Germania accetterà di avere un’inflazione più alta, o larghe parti dell’Europa saranno risucchiate in una spirale deflazionistica“.



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