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Renzi giudicato dai manager

Nei giorni della gestazione del governo Renzi Formiche.net aveva promosso una serie di analisi e ragionamenti sulle sfide e le incognite che attendono l’ex primo cittadino di Firenze. Fra le personalità coinvolte Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager, l’organizzazione che aggrega e rappresenta migliaia di dirigenti di aziende private e pubbliche.

Terminato l’intervento di presentazione dell’esecutivo e in attesa del voto di fiducia, il nostro giornale è tornato a interpellare il manager. Ne emerge un giudizio di luci e ombre, soprattutto verso la nebulosità nelle indicazioni dei mezzi per realizzare le strategie economico-fiscali del leader del Pd.

La convincono le priorità economiche e fiscali indicate nel discorso del presidente del Consiglio? 

L’ho sentito parlare di responsabilità, di fiducia nel futuro, di consapevolezza delle energie del nostro paese, di ruolo internazionale dell’Italia, centralità di scuola e cultura. Non si può non essere d’accordo ma un giudizio definitivo sul programma potrà essere formulato solo in un prossimo futuro alla luce di elementi valutativi che ora mancano. Concordo con il premier sul coinvolgimento degli imprenditori privati nella salvaguardia e promozione dei beni culturali pubblici. Ripetere l’operazione di restauro del Colosseo compiuta da Diego Della Valle, richiamando anche gruppi stranieri, è un modello da seguire. Ma anche i beni culturali hanno bisogno di essere gestiti con managerialità.

Perché tanta vaghezza nel delineare i mezzi e le risorse con cui intervenire nel terreno economico?

Penso che Renzi debba ancora condividere l’agenda attuativa con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e qualche verifica con Bruxelles è scontata. Perciò ha preferito volare alto. Ritengo fondamentale agire sui tre fronti richiamati dal capo del governo: sblocco totale dei debiti della Pa verso le aziende fornitrici, costituzione e sostegno di un fondo di garanzia per le piccole e medie imprese prive di accesso al credito, riduzione considerevole del cuneo fiscale. Ed è giusto accompagnarle con un taglio rilevante della spesa pubblica. Attendiamo l’opera dei tre ministri chiave: economia, sviluppo, lavoro. Perché è sul dove e come trovare le risorse che arriveranno i “dolori”. Poi tanta, tanta concretezza.

Renzi prefigura un ruolo nevralgico di Cassa depositi e prestiti ed esorta a non essere provinciali nelle privatizzazioni.

Concordo su un ruolo intelligente e moderno della Cassa e sulla esigenza di una visione globale dell’economia. Ma ricordiamoci anche che la privatizzazione del Nuovo Pignone con l’ingresso di General Electric, evocata dal segretario del Pd, è l’unico esempio di alienazione con risultati positivi negli anni Novanta. Quindi facciamo tesoro degli errori compiuti in passato: le privatizzazioni debbono esssere fatte con una visione strategica per rafforzare il sistema produttivo italiano e non certo per fare cassa. Il vero problema riguarda la carenza nel nostro Paese di una moderna cultura di impresa, che frena la crescita dimensionale delle aziende. Occorre favorire la managerializzazione delle nostre pmi solo così potranno crescere, internazionalizzarsi   e creare nuova occupazione. Dal ministro Guidi ci attendiamo massima attenzione a questo tema e siamo pronti a dare il nostro contributo.

Il premier vuole ancorare i manager dei ministeri ai governi politici. Condivide tale propensione allo spoil system?

Per il ruolo che svolgo, pur non rappresentandoli, sono in grado di affermare che nella dirigenza pubblica vi sono fior di professionisti. Il problema non sta tanto nel tipo di contratto e quindi non mi piace l’idea dello spoil system, ma nel gestire questi dirigenti come nel privato e cioè responsabilizzandoli e remunerandoli sui risultati, sulla base di obiettivi chiari e misurabili, dando loro gli strumenti per operare. Questo significa eliminare la gestione da vincoli politici e/o sindacali di cui soffre. Se poi il problema lo riferiamo a poche decine di posizioni apicali (Capi di gabinetto – Uffici Legislativi) il discorso può essere diverso anche tenendo conto che queste posizioni il più delle volte sono ricoperte da magistrati, avvocati e consiglieri di Stato: qui una certa esigenza di ricambio si avverte.

Il nuovo governo potrà rompere il “socialismo reale di comuni e regioni” disboscando la selva di aziende partecipate?

Lo auspichiamo da sempre. Non ha più senso l’esistenza di migliaia di imprese pubbliche territoriali, fonte di clientelismo, corruzione e spartizione di potere. Renzi riuscirà nell’opera poiché si tratta di un tema vissuto ogni giorno dai cittadini nell’accesso ai servizi universali.

Come giudica la squadra di ministri scelta dal leader del Pd?

Penso che in alcuni casi le nomine avrebbero dovuto essere più adeguate alla complessità dei ruoli da ricoprire. Capisco la discontinuità ma era preferibile un maggiore ancoraggio all’esperienza rispetto alla fretta nel privilegiare la freschezza anagrafica.

Condivide l’ipotesi avanzata da Graziano Delrio di un prelievo sui Bot?

Non è tempo di nuove tasse, dirette o indirette. È tempo di tagliare costi della politica, della corruzione, della spesa pubblica improduttiva, dell’evasione fiscale. Si può e si deve fare.

Cosa si attende da Renzi nelle nomine dei vertici di industrie strategiche di Stato?

Mi aspetto la valorizzazione del merito. Se sarà coniugata con il rinnovamento meglio ancora poiché ci sono tanti giovani manager che meritano fiducia e sono pronti a raccogliere la sfida in ruoli apicali. Ma se le designazioni alla guida di aziende così delicate verranno fondate su appartenenze e cordate politiche lo denunceremo. Perché i comparti economici nevralgici non possono essere messi a repentaglio a causa di scelte sbagliate.



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