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Ucraina, l’Italia deve respingere la minaccia di Putin e annullare il G8 di Sochi

Alla fine ce ne siamo accorti. Una guerra, vera, potrebbe esplodere in Europa. Le manifestazioni di Kiev, i rivolgimenti in Ucraina, non avevano attratto l’attenzione dei nostri media, impegnati piuttosto a seguire le tappe del nostrano cambio di governo. Anche le mosse di Putin sulla Crimea erano state seguite distrattamente nel nostro Paese e in Europa in genere. Non negli Stati Uniti invece dove le reazioni della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato erano state e sono puntuali.

Mentre Obama parlava ed il consiglio di sicurezza dell’Onu si apprestava ad una riunione straordinaria, l’Europa sonnecchiava fra dichiarazioni vaghe e non proprio consapevoli dei rischi per la sicurezza internazionale oltre che della stessa Ucraina. A Roma si celebrava il Congresso del Pse e, complice forse una posizione tedesca abbastanza ambigua nel rapporto con la Russia di Putin, non una parola chiara è emersa. Ancora una volta, sono stati nostri alleati, la Nato, a darci una sonora sveglia. Come se la pace in Europa fosse un problema degli Stati Uniti e non dell’Europa. Hanno gioco facile quanti dichiarano che la Ue pensa solo e troppo all’austerità e poco e niente ad una politica unitaria sui temi della crescita così come su quelli della sicurezza. D’altronde, se Obama parla per 90 minuti al telefono con la Russia, chi potrebbe o dovrebbe fare altrettanto per l’Europa? La contessa Ashton? Gli interessi nazionali di Paesi come la Germania da un lato e Francia e Inghilterra dall’altro sembrano essere del tutto prevalenti. Possiamo lamentarcene ma non ignorarlo.

E se così stanno le cose e cioè se la linea europea è il combinato disposto delle scelte dei singoli governi, quale è la posizione italiana? Per troppo tempo, e in una logica molto più bipartisan di quanto si possa immaginare, la Penisola ha giocato più parti in commedia ma sempre come attore non protagonista. Cercando di non deludere le aspettative (e le richieste) americane, abbiamo assecondato tutte le espressioni di potenza locale che potevano favorire i nostri interessi commerciali a breve termine. Il nostro rapporto bilaterale con la Russia non può certo essere ridotto a pur rilevanti vantaggi economici per diverse delle nostre imprese. Tuttavia, è forte il sospetto di una assenza di strategia a tutto tondo rispetto ai nostri diversi partner internazionali.

Durante la prima Repubblica questa ambiguità era in parte una necessità e in parte una virtù e in ogni caso sia pure ob torto collo era tollerata. Caduto il muro di Berlino, lo scenario è cambiato e in effetti quei protagonisti di quella politica estera hanno iniziato il loro declino. La seconda Repubblica ha visto scemare il ruolo italiano nel mondo: un po’ per la nostra soggettiva incapacità sia per ragioni obiettive di geografia. Ora, il quadro di riferimento è cambiato ancora. Non sapremmo dire se la nostra incapacità è rimasta o si è acuita ma di certo ora la geografia spinge nella direzione di un nostro potenziale, se non necessario, protagonismo. Questo vuol dire, poter contare su nuove opportunità ma mettere in previsione altrettanti rischi. Il giochino di essere amici di tutti, facendo l’occhiolino a destra e a sinistra, sta finendo e forse è già finito. La sicurezza nostra, quella dell’Europa, riguarda tutti noi.

Non possiamo pensare di delegare gli Usa e poi magari criticarli per il loro interventismo. Alcune settimane fa, il sottosegretario di Stato americano, Victoria Nuland, fu intercettata a Mosca mentre, sfogandosi, affermò quel “fuck Europe” divenuto celebre. Era un epiteto che speriamo possa non essere profetico. Per quanto ci riguarda, il rispetto delle regole e dei diritti non può essere un optional. E se vogliamo evitare un conflitto armato, dobbiamo usare la forza diplomatica e far sapere a Putin che in Europa e nel mondo la sua aggressione non sarà tollerata.

La scelta di boicottare l’appuntamento di Sochi per il G8 e la minaccia di escludere permanentemente la Russia da quel contesto potrebbe non essere di per sé risolutiva ma avrebbe una portata simbolica enorme, soprattuto se fosse adottata da tutti i Paesi della Ue che fanno parte delle prime otto economie mondiali. Che farà l’Italia? Matteo Renzi se vuole rottamare davvero la seconda Repubblica ha qui una occasione irripetibile di interpretare il cambiamento dei tempi.


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