Il gas naturale come arma diplomatica. Se fino ad ora era stata Mosca a usare la leva del ricatto energetico – con il colosso russo Gazprom che ha minacciato di tagliare le forniture di gas all’Ucraina se Kiev non salderà il suo debito, che ammonta a 1,8 miliardi di dollari, e non pagherà le forniture correnti – anche Washington ha deciso di utilizzare analoghi strumenti di pressione.
Gli Stati Uniti sarebbero infatti disponibili ad esportare la materia prima verso l’Europa per contrastare un blocco dei rifornimenti da parte del Cremlino, che alimenta non solo i consumi di Kiev, ma di molti Paesi dell’Unione europea.
LA STRATEGIA DI OBAMA
Barack Obama – scrive il New York Times -, a fianco delle sanzioni allo studio in queste ore, sarebbe intenzionato ad affiancare la realizzazione di una nuova diplomazia energetica che permetta all’amministrazione americana di muoversi in modo aggressivo per sfruttare i vantaggi delle nuove risorse per ridurre le vendite di gas naturale russo, con l’obiettivo di indebolire nel futuro le mosse di Mosca.
Ieri mattina il Parlamento della Crimea, filorusso, ha votato l’adesione alla Russia e sia Kiev sia gli Usa hanno dichiarato incostituzionale il referendum del 16 marzo, una linea sostenuta anche dai leader europei.
Da qui la volontà di accelerare e colpire Mosca nel vivo dei suoi interessi. Nonostante la Russia rimanga la principale esportatrice mondiale di gas naturale, gli Stati Uniti recentemente l’hanno sorpassata come principale produttore di gas naturale. Il boom della produzione Usa di gas naturale è dovuto principalmente alle nuove tecniche che permettono l’estrazione del gas di scisto, lo shale gas.
IL COMMENTO DEI REPUBBLICANI
Dopo le precedenti difficoltà nel definire un piano condiviso per affrontare altri dossier di politica estera come la crisi siriana, questa volta il Capo di Stato Usa sembra mettere d’accordo tutti.
Tra i sostenitori della “tenaglia” messa a punto dalla Casa Bianca – come testimonia una lettera inviata al Wall Street Journal – c’è il presidente della Camera, il repubblicano John Boehner, secondo il quale gli Usa debbono diventare una fonte alternativa di gas per gli alleati.
LE CONSEGUENZE DELLA CRISI
Ma se la strategia di Washington limiterà efficacemente il ricatto energetico di Mosca, potrebbe allo stesso tempo avere pericolose conseguenze geopolitiche (che il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha comunque detto verranno prese in considerazione).
Ad esempio quella di buttare la Russia nelle braccia della Cina, che malgrado la sua storica e sbandierata contrarietà agli interventi internazionali, non è affatto fuori dalla partita ucraina, come si evince da una nota rilanciata dall’agenzia cinese Xinhua dopo la telefonata avuta l’altro ieri tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Russia e Cina, si legge, collaboreranno su “grandi progetti”, Xi ha invitato Putin a Pechino, e ha detto che la crisi in Ucraina “che sembra essere accidentale, ha alcuni elementi di ineluttabilità”. “Attualmente – prosegue – la situazione in Ucraina è molto complicata”, ha detto il presidente cinese, che però crede che Mosca saprà gestire al meglio la pace e la stabilità.
Parole che, tradotte dal “politichese”, significano che con molta probabilità “una volta consumata la rottura con gli occidentali – scrive Bernard Guetta su Internazionale – Pechino resterà l’unico alleato di Mosca, un alleato molto ingombrante che potrebbe danneggiare gli interessi russi, soprattutto in Siberia. In questo senso Mosca sta chiaramente andando incontro a un declino accelerato“.
Un rischio da scongiurare per gli Usa, che hanno come punto prioritario della propria agenda globale il Pivot to Asia, una strategia di maggiore presenza ad Est e di contenimento della Cina, che un isolamento della Russia potrebbe paradossalmente rafforzare.
LA DISTENSIONE SECONDO KISSINGER
Pertanto, sottolinea Henry Kissinger sul Washington Post, la Casa Bianca dovrebbe puntare su “una politica saggia“, volta ad accettare come il Paese sia diviso in due grossi tronconi. Per l’ex segretario di Stato americano bisognerebbe abbandonare per il momento il progetto di spingere Kiev nell’orbita della Nato e perseguire “la riconciliazione” nazionale con un nuovo equilibrio da definire con l’avallo della Russia e del suo presidente Putin. In caso contrario, se entrambe le parti continuassero a voler imporre il proprio dominio, una nuova Guerra fredda potrebbe davvero essere alle porte.