L’argomentazione può apparire troppo astratta ma essa cerca di collegare temi appena visibili e tuttavia collegati. In primo luogo occorre tenere presente la spinta della Nato a estendere la portata del suo controllo militare.
Da anni questo si spinge verso il Mediterraneo orientale (cosa non nuova), verso il Mar Rosso e all’interno del Mar Nero, grazie alla partecipazione della Turchia e alla prossimità della flotta americana agli Stretti.
Capire l’importanza degli Stretti è necessario per capire anche le reazioni di Putin. Si può discutere sulla capacità di Putin di realizzare il progetto di ridar vita a una specie di alleanza tra il maggior numero possibile di Stati già appartenenti all’Urss. Probabilmente questa è una velleità. Ma è anche una realtà.
Il lavorio dell’Unione Europea (contigua alla NATO anche se non coincidente) di estendere la propria influenza sino a includere l’Ucraina appare come un gesto che impedisce il progetto di Putin. Infatti il controllo del Mar Nero nel momento in cui l’accesso alla Siria è reso assai più difficile dalla guerra civile in atto, diviene vitale sia per i progetti di espansione dell’influenza russa sia per la stessa esistenza della Russia così come essa è oggi.
Perciò si possono capire le motivazioni che spingono Putin a voler controllare la Crimea e soprattutto il porto di Sebastopoli. Ciò che si capisce meno è il modo seguito per raggiungere questo obiettivo.
La sfida diretta alla NATO e all’Unione Europea è un grossolano errore poiché l’obiettivo poteva essere raggiunto con altri mezzi e senza acuire troppo lo scontro. Infatti sarebbe stato possibile concordare con il governo di Kiev, certo a fatica ma senza i costi che la Russia sia avvia a pagare per il suo tentativo di imporsi con la forza, una specie di condominio costituito in termini tali da non violare la sovranità ucraina e da non esasperare le tensioni etniche.