L’uso della forza militare non è ancora un’opzione contemplata per risolvere la crisi ucraina, ma è sul tavolo, così come le altre.
IL MESSAGGIO DEGLI USA
A lanciare il messaggio era stato nei giorni scorsi Chuck Hagel, ministro della Difesa Usa, che aveva annunciato come si stesse preparando a rinforzare la cooperazione militare con la Polonia e i Paesi Baltici per mostrare il sostegno degli Usa ai Paesi alleati dopo l’intervento russo in Crimea.
IL DISPIEGAMENTO DI FORZE
Parole che si sono subito tradotte in fatti. Mercoledì Washington ha inviato nell’area sei caccia F-15 e un Boeing KC-135 Stratotanker per il rifornimento, che si aggiungeranno ai quattro aerei già impegnati nel pattugliamento della regione.
Nelle stesse ore, il Pentagono ha deciso di intensificare anche le operazioni di addestramento che conduce in Polonia. In settimana aggiungerà 12 F-16 e 300 militari, per condurre esercitazioni. Operazioni di routine, già programmate, ma che assumono in queste ore un significato particolare. A questo si somma la conferma dell’invio nel Mar Nero della nave da guerra Truxtun, che fa parte del gruppo della portaerei George HW Bush, assegnata alla Sesta Flotta per garantire la sicurezza del Mediterraneo.
I PROGETTI DELLA NATO
L’Alleanza atlantica, nel frattempo – ha spiegato il segretario generale Anders Fogh Rasmussen al termine della riunione Nato-Russia di mercoledì scorso a Bruxelles -, vuole rafforzare la propria cooperazione con Kiev e rivedere quella con Mosca, sospendendo anche alcune iniziative congiunte, come la missione per distruggere le armi chimiche siriane.
Non solo. Per Rasmussen la membership dell’Ucraina alla Nato resta una possibilità concreta, anche se futura. Così come l’associazione con l’Unione europea, uno dei motivi di attrito tra Russia ed Europa, ma una delle strade da percorrere per stabilizzare l’area, tanto da far dire a Franco Frattini, presidente della Sioi, ex ministro degli Esteri e candidato ufficiale del governo italiano alla segreteria generale dell’Alleanza, che sulla crisi ucraina “Bruxelles e Nato devono parlare con una voce sola“.
UNA NUOVA GUERRA FREDDA?
Ed è proprio questo il nodo che, secondo molti analisti, rende la matassa ucraina così difficile da sbrogliare.
Il pomo della discordia è sì la Crimea, terra cara ai russi, importante economicamente e strategicamente; ma le preoccupazioni del Cremlino sono concentrate per la maggior parte alla temuta espansione della Nato, arrivata ormai ai confini di Mosca, che vede in Kiev un argine non solo simbolico, ma anche territoriale all’avanzata dell’Alleanza.
L’UNIONE EURASIATICA
Tutto si intreccia – come ha sottolineato lo storico Ennio Di Nolfo in una sua analisi per Formiche.net – con le mire espansionistiche di Vladimir Putin. Il presidente russo sarebbe intenzionato a dar vita “a una specie di alleanza tra il maggior numero possibile di Stati già appartenenti all’Urss“. E il lavorio dell’Unione Europea, contigua alla Nato anche se non coincidente, di estendere la propria influenza sino a includere l’Ucraina è apparso come un gesto che impedisce questo progetto. Infatti, spiega Di Nolfo, “il controllo del Mar Nero nel momento in cui l’accesso alla Siria è reso assai più difficile dalla guerra civile in atto, diviene vitale sia per i progetti di espansione dell’influenza russa sia per la stessa esistenza della Russia così come essa è oggi“.
IL TIMORE DEI PAESI BALTICI
Disegni che, riporta l’agenzia Reuters, preoccupano in modo importante i Paesi Baltici – Estonia, Lettonia e Lituania – , tutti nell’orbita dell’Alleanza e tutti timorosi che possa toccare loro la stessa sorte di Kiev. Anche per questo la Nato – dopo la minaccia di Washington di sanzioni e della messa sul mercato di shale gas americano che neutralizzi il potere ricattatorio che Mosca ha su molti Stati europei – ha inteso lanciare un messaggio forte, che arrivasse dritto al Cremlino, e che scacciasse dall’Est Europa – come suggerisce The Atlantic – lo spettro di un nuovo comunismo sotto mentite spoglie.