Liquidata con superficialità come un marcato spostamento del baricentro politico sull’estrema destra, l’avanzata del Front National nelle elezioni locali francesi riflette il rifiuto radicale di un’Unione Europea fondata su intransigenti politiche di austerità e sul Fiscal Compact. È la convinzione espressa da Gennaro Malgieri, giornalista, scrittore e intellettuale conservatore che ha contribuito nel luglio 2013 alla redazione di un “Manifesto per una nuova destra”.
A giudizio dell’ex direttore del Secolo d’Italia, dell’Indipendente e della rivista Percorsi, l’ostilità radicata Oltralpe nei ceti popolari più colpiti dalle strategie comunitarie ha trovato spazio e risonanza in una proposta che prefigura una visione di Europa. Prospettiva che manca al cantiere popolare del centro-destra, a causa di gelosie, tatticismi, miopie, spinte all’auto-conservazione caratterizzanti le formazioni che si richiamano al PPE. A partire da Forza Italia, verso cui il giudizio dell’autore di “Lessico inattuale. Un conservatore di fronte al pensiero unico”, “Conservatori europei del Novecento” (domani, 25 marzo, la presentazione alle ore 18 a Palazzo Ferrajoli, in Piazza Colonna, a Roma), e “L’allegro naufragio. La scomposizione del centro-destra e la crisi del bipolarismo italiano” in uscita ad aprile, è molto critico.
È plausibile la costruzione di un Centrodestra Popolare che accolga le famiglie dell’area conservatrice, nazionale e moderata?
Sono un antico sostenitore della semplificazione politica ma i fatti non mi hanno dato ragione. Oggi non vedo i presupposti per una ricomposizione del centrodestra in una formazione unitaria. Ma non mi scoraggio e ritengo percorribile una “Costituente della Nazione” frutto della convergenza tra Unione di Centro, Popolari per l’Italia, Nuovo Centrodestra, Fratelli d’Italia-AN, e ciò che resterà di Forza Italia con il venir meno del ruolo propulsivo di Silvio Berlusconi.
Non vi è il rischio di produrre un amalgama eterogeneo sui temi europei?
Per evitarlo è necessario un ragionamento aperto da parte dei fautori dell’attuale unificazione comunitaria e da parte dei suoi critici più radicali. Una discussione franca e non manichea affinché nessuno affermi la propria egemonia sulle altre componenti. E perché sia possibile creare su una piattaforma liberal-conservatrice un movimento unitario a struttura federale, competitivo con i progressisti in vista delle prossime elezioni politiche. Per il voto europeo non si farà in tempo. Al massimo verrà costituito un cartello elettorale utile al superamento del 4 per cento dei consensi.
Il percorso di aggregazione dovrebbe procedere per cerchi concentrici a partire dall’alleanza UDC-NCD-PI?
I tempi devono essere lunghi. Per ora si può mettere in campo una “lista polifonica” per ottenere una rappresentanza nel Parlamento europeo. Ma non può essere questo l’obiettivo. L’approdo finale è un’aggregazione in cui la salvaguardia delle rispettive identità non soffochi le altre realtà. Un nuovo rassemblement, ben diverso dallo schieramento edificato attorno al carisma personale di Berlusconi negli ultimi vent’anni. Non è più immaginabile un’operazione come il Predellino del novembre 2007.
La nuova coalizione dovrà aprirsi alla Lega Nord?
Sì, se il Carroccio desiste da atteggiamenti istericamente anti-europeisti. Ma le forze aderenti al PPE devono comprenderne le ragioni. Perché chi ha condiviso l’attuale Ue della moneta, delle banche, dei tecnocrati, che sta stringendo il cappio attorno al collo dei cittadini europei, ha il dovere di capire che essa è nata male e si sta sgretolando.
Silvio Berlusconi potrebbe favorire l’estinzione di FI agevolando una Costituente per la Nazione?
Lo ritengo difficile considerando lo spartiacque del 10 aprile, quando l’ex capo del governo sarà costretto agli arresti domiciliari o affidato ai servizi sociali. Il fondatore di Forza Italia potrebbe negli stessi giorni farsi mallevadore di una nuova aggregazione che nasca dalle ceneri della sua creatura politica. Avrebbe l’opportunità di uscire temporaneamente di scena in modo alto, e far sì che il progetto di contenitore unico del centro-destra coltivato per vent’anni non svanisca del tutto.
Ma è pensabile un cantiere popolare con la nuova FI nettamente ostile alle politiche di austerità e al Fiscal Compact?
Nella Forza Italia che conosco vi sono componenti diverse. Se gli “azzurri” avessero ascoltato una figura come Antonio Martino, avremmo potuto sventare lo sciagurato inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. Per questa ragione auspico un ripensamento e un mea culpa da parte delle forze conservatrici-moderate che firmarono e votarono con leggerezza tali provvedimenti. Una forte autocritica è il requisito per muovere critiche serie all’Unione Europea. Altrimenti ogni obiezione resta pura demagogia e non persuade i cittadini.
È questo il segreto dell’exploit del Front National nelle elezioni locali in Francia?
Certo. Non si tratta soltanto di un voto di protesta, ma dell’adesione a una certa idea di Europa antitetica all’Unione di Bruxelles e Francoforte. Una visione che prospetta un punto di incontro tra esigenze comunitarie e sovranità popolare delle diverse realtà nazionali. Per il FN si tratta di un percorso già avviato nel 2012, quando nelle elezioni presidenziali Marine Le Pen raggiunse il 17 per cento dei voti. E oggi in 900 comuni il partito conta di eleggere mille consiglieri. Rapportati ai 36.700 centri coinvolti nella tornata politica, il risultato è un lusinghiero 25-27 per cento.
Non si tratta di uno spostamento popolare verso la destra più estrema?
Conquistare comuni come Nimes o contendere la vittoria a Avigonone e Lione, città tradizionalmente orientate a sinistra, riflette un mutamento più profondo. Ben al di là della connotazione di destra radicale nell’opposizione ai socialisti, il Front National ha superato il “radicalismo partitocratico” per andare ai contenuti. Parlando di sovranità e identità popolare, contro un’austerità omologante che premia unicamente l’economia tedesca. In Francia vi è un diffuso sciovinismo, ma non euro-scetticismo. L’aspirazione di milioni di cittadini d’Oltralpe è una UE che non attribuisca a un anonimo governo continentale il destino economico dei popoli europei.
Vede uno scenario del genere per il voto europeo nel nostro Paese?
No. Beppe Grillo, collettore delle spinte anti-europeiste in Italia, non ha il programma alternativo e la visione che possiede la leader del FN, storicamente radicata nella Francia profonda. Rispetto al voto protestatario per il M5S, è molto più consapevole quello a favore della Lega. Mentre le altre formazioni euro-scettiche si limitano a una critica superficiale e di maniera. Paradossalmente dovrebbe essere una forza europeista come il Nuovo Centro-destra a maturare la consapevolezza che il PPE non può identificarsi con le tesi di Angela Merkel. E verificare se l’odierna UE corrisponda all’orizzonte indicato dai “padri fondatori” popolari: Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Paul Henri Spaak, Konrad Adenauer.