Oggi sono presenti in Afghanistan circa 57.000 soldati dell’ISAF (International Security Assistance Force). 34.000 sono gli americani. Circa 2.000 gli italiani. A fine dicembre, saranno ritirati. Ne dovrebbero restare circa 10.000 soldati, di cui 800-900 italiani, con compiti addestrativi e di supporto delle forze afgane (Operazione Resolute Support) e con un nucleo di forze speciali e di droni americani, destinati a completare le operazioni di controguerriglia e a dare sicurezza a residui militari occidentali. Il condizionale è d’obbligo. Il presidente Karzai ha rimandato ogni decisione alla nuova presidenza. Le elezioni si svolgeranno in aprile, ma, in caso di ballottaggio, la nuova presidente afgana potrebbe divenire operativa a luglio. Ciò aggiunge un ulteriore elemento d’incertezza alla pianificazione del ritiro, di per se stessa già complessa e difficile.
LA SFIDA DELLO SGOMBERO
Le difficoltà non si riferiscono al personale, che può essere trasportato con aerei militari o civili. Lo sgombero dei materiali, soprattutto di quelli più pesanti, rappresenta invece una sfida. E’ un’operazione logistica non priva di rischi. L’Afghanistan è un’enclave continentale. I trasporti non possono avvenire direttamente per via marittima. Per raggiungere un porto in cui possano essere imbarcati, i materiali, armi e veicoli devono esservi trasportati per via ordinaria, per ferrovia o con aerei. Per poterlo essere, vanno condizionati in containers.
LE TRE SOLUZIONI
Tre sono le soluzioni possibili. La prima (Via del Sud) consiste nell’utilizzo del porto pakistano di Karachi, dove i materiali devono affluire passando per i passi Khyber e Chaman-Bothal, che mettono in comunicazione rispettivamente Kabul e Kandahar con il Pakistan. Sarebbe l’opzione più rapida e meno costosa. Non è però possibile fare completo affidamento su di essa per ragioni di sicurezza e per l’imprevedibilità del governo pakistano. I Talebani pakistani attaccano in continuazione i convogli dell’ISAF. Islamabad ha più volte bloccato i rifornimenti dell’ISAF.
IL NORTHERN DISTRIBUTION NETWORK
La seconda soluzione è quella di utilizzare il Northern Distribution Network (NDN). L’ISAF dovrebbe far affluire per via ordinaria mezzi e materiali in Uzbekistan. Da lì proseguirebbero per ferrovia attraverso i territori kazako, russo e per il Caucaso, per poi essere imbarcati nei porti del Mar Nero o del Baltico. Taluni potrebbe raggiungere l’Europa per ferrovia o per strada. La soluzione è più costosa. Richiede lunghi tempi. Alle sue difficoltà intrinseche, se ne aggiungono altre burocratiche e politiche. Nelle prime, la fantasia centro-asiatica ha modo di sbizzarrirsi nelle forme più strane. Ad esempio, l’Uzbekistan pretende di esaminare il contenuto dei singoli container, verosimilmente per obbligare le forze occidentali a “ungere le ruote” per accelerare i controlli. Per quanto riguarda la politica, Mosca ha per ora autorizzato il transito dal suo territorio. In caso d’escalation per la crisi ucraina, potrebbe cambiare idea. In tal caso, l’intera pianificazione dei trasporti dovrebbe essere rivista. Aumenterebbero incertezza, costi e tempi del ritiro. In caso di blocco russo, si potrebbero forse accelerare le intese fra gli USA e Teheran. Ciò potrebbe consentire l’uso della bretella, costruita da reparti del genio militare indiano, che unisce l’“anello stradale” afgano (da Kabul a Kandahar a Mazarr al-Sharif) con il Mar Arabico e il Golfo, attraverso il territorio iraniano. Le concessioni che l’Occidente dovrebbe fare a Teheran sarebbero però certamente elevate. Puntare su tale soluzione è quindi prematuro. Negoziarla, potrebbe però costituire uno strumento di pressione su Mosca.
IL TRASPORTO CON GLI ANTONOV
La terza soluzione è quella prevalentemente adottata dal contingente italiano, almeno per i materiali più preziosi. Essi vengono trasportati, soprattutto con aerei affittati dall’Ucraina – i cargo pesanti Antonov 124 – fino agli Emirati, e qui imbarcati per essere trasportati in Italia. E’ la soluzione più sicura, ma anche quella più costosa. Alla fine, potrebbe risultare quella preferibile, qualora il NDN dovesse essere bloccato da Mosca. Molti mezzi potrebbero poi essere ceduti alle forze afgane o distrutti.
I MATERIALI RICEVUTI
L’ANA (Afghan National Army) ha ricevuto, prevalentemente dagli USA, una consistente quantità di materiali, dal valore di circa 53 miliardi di dollari. Tra di essi, 160 aerei ed elicotteri, 100.000 veicoli, 500.000 armi portatili e 200.000 equipaggiamenti vari come kits sanitari e radio. Altro materiale è stato ceduto al Pakistan, per complessivi 7 miliardi di dollari e consegnati agli Stati che hanno autorizzato il transito dei convogli dell’ISAF sul loro territorio. Il costo complessivo dell’operazione varierà a seconda della soluzione che verrà adottata, dell’eventualità che rimangano in Afghanistan le forze dell’Operazione Resolute Support e delle turbative politiche che potrebbero avvenire nel corso del ritiro e che obbligherebbero a modificare i piani di trasporto.
UN’OPERAZIONE COLOSSALE
Il ritiro dell’ISAF dall’Afghanistan è un’operazione logistica colossale. La NATO ha affermato che dovranno essere complessivamente ritirati dall’Afghanistan 218.000 veicoli e container. Il ritiro è iniziato a fine 2012. Finora sono stati evacuati circa 80.000 veicoli e container. I costi del ritiro sono stati valutati dal Pentagono a 7 miliardi di dollari. Fonti dello Stato Maggiore della Difesa hanno avanzato una stima di 144 milioni di euro per il ritiro dei materiali del contingente italiano. Fino ad oggi quasi la metà dei materiali USA è stata ritirata dalla via di rifornimento Sud e dal porto di Karachi. Qualora si rendesse indisponibile e fosse necessario usare la via Nord, quella centro-asiatica, i costi aumenterebbero di circa un terzo.
ASPETTI ESSENZIALI
L’opinione pubblica è molto più interessata alla tattica e alla strategia che alla logistica. L’attenzione dedicata a questa colossale operazione è stata quindi ridotta. Varrebbe la pena che essa aumentasse. La logistica è molto meno spettacolare della tattica e delle operazioni di combattimento. Al tempo stesso è essenziale, soprattutto quando le forze operative vengono impiegate a grande distanza dalle loro basi. L’operato dei nostri Comandi logistici è stato brillante. Andrebbe adeguatamente valorizzato dalla comunicazione istituzionale e dai media, perché venga conosciuto dall’opinione pubblica.