Recuperare la sovranità monetaria per liberare l’economia e la società italiana dalle maglie soffocanti dell’austerità finanziaria europea. È la proposta emersa ieri nel convegno promosso al Teatro San Giuliano di Roma e intitolato “Euro. Ma di che parliamo?”. Un’iniziativa che ha visto economisti critici verso il percorso di unificazione monetaria rispondere agli interrogativi e alle obiezioni di semplici cittadini. Riflessioni e dibattito animato non hanno tuttavia sciolto le incognite che gravano su uno scenario di abbandono della valuta unica.
INTERROGATIVI SENZA RISPOSTA
A partire dal rischio di un aumento esponenziale degli interessi sull’enorme debito pubblico e di un’aggressione speculativa incontrollabile come già avvenuto nel 1992. E così, in forma speculare agli studiosi convinti della bontà dell’adesione all’euro come leva per realizzare le riforme attese da decenni, aumenta la percezione che nessuno dei protagonisti dello scontro elettorale di fine maggio possieda la risposta risolutiva.
CORAGGIO SU EURO E BANKITALIA
Fermamente persuaso che il ripristino dell’indipendenza monetaria riapra le porte alla speranza di rinascita per il nostro Paese è Antonio Rinaldi, allievo di Paolo Savona e professore di Finanza aziendale nell’Università “Gabriele d’Annunzio” di Pescara nonché docente di Mercati finanziari e Commercio internazionale presso la Link Campus University di Roma.
Tra gli economisti più sferzanti verso i pilastri dell’Unione economica e monetaria grazie ai suoi interventi polemici nel mondo accademico e nello scenario politico, Rinaldi ritiene che “in presenza di una guerra economica combattuta con armi differenti rispetto ai carri armati” è necessario un atto di coraggio: abbandonare la valuta unica europea e creare in prospettiva una nuova Banca d’Italia detenuta pro quota dai cittadini italiani maggiorenni anziché dagli istituti creditizi privati.
LA BATTAGLIA DI STRASBURGO
Per realizzare “un’Europa genuina e fedele al sogno dei suoi padri fondatori”, lo studioso è pronto ad aggregare persone di ogni matrice e orientamento politico. Perché nelle elezioni di fine maggio, spiega, i cittadini avranno un’ottima opportunità per esprimere una volontà esautorata dai burocrati di Bruxelles privi di legittimazione popolare. Un appuntamento cruciale, in cui a suo giudizio è bene non farsi sedurre da promesse illusorie ed effimere. Come i punti programmatici proposti dal Movimento Cinque Stelle.
GRILLO BOCCIATO
A partire dall’ipotesi di introdurre gli Eurobond per una responsabilità condivisa nella gestione dei debiti sovrani: “Proprio per la natura solidale della loro emissione, tali strumenti finanziari produrrebbero un interesse e un utile molto ridotto e provocherebbero contemporaneamente un rialzo dei tassi delle altre obbligazioni emesse dagli Stati”.
Ancora più impietosa è la sua valutazione sull’idea di referendum riguardante la permanenza dell’Italia nell’area della valuta unica: “È una consultazione su un tema vietato dalla Costituzione. Produrrebbe immediatamente una violenta ondata di speculazione finanziaria verso il nostro paese. E le autorità nazionali non avrebbero alcun piano per governare la fuoriuscita dall’euro”.
ABBANDONARE L’EURO?
Rinaldi riconosce che l’eventuale implosione di una costruzione economico-monetaria, divenuta intollerabile anche per la forza dell’euro rispetto alle altre valute mondiali, non creerà uno scenario del tutto roseo. L’economista spera in un “piano B messo a punto preventivamente” nel caso decidessimo di abbandonarlo a causa di shock esterni. Ma un punto è fuori discussione: “Le ferite prodotte da anni di austerità finanziaria richiederanno molto tempo per essere rimarginate”.
L’unico effetto positivo tangibile nel breve termine, rimarca, sarebbe l’incremento delle nostre esportazioni provocato da una moneta più debole e da un cambio più vantaggioso per la vendita dei prodotti italiani. Un primo passo significativo verso “l’affrancamento dai vincoli del modello economico tedesco egemone nell’area della valuta unica”.
IL PROGETTO DELL’ALTA FINANZA
Le sue argomentazioni trovano risonanza nel ragionamento di Nino Galloni, già professore di Economia nell’Università Cattolica di Milano, nell’Ateneo di Modena e alla LUISS di Roma. Allievo di Federico Caffè e membro del Collegio dei sindaci dell’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), lo studioso giunge a considerazioni più radicali: “Le simulazioni che ho svolto riguardo gli effetti dell’austerity e della spending review rivelano che nessun taglio della spesa pubblica e nessuna privatizzazione dei beni collettivi porterà al risanamento dei bilanci e a una ripresa economica. Ma è esattamente questo l’obiettivo del capitalismo ultra-finanziario sopravvissuto alla crisi del 2007-2008”.
Un programma concepito a mente fredda e perseguito con lucida spietatezza. E che le banche centrali nazionali, con il supporto delle autorità monetarie internazionali ed europee, hanno aiutato e premiato stanziando enormi risorse a favore degli istituti creditizi speculativi: “Senza pretendere un loro cambiamento più rispettoso dell’economia reale”. Per cui, precisa Galloni, a un aumento della redditività dei titoli finanziari è corrisposta una riduzione del tasso occupazionale. Esattamente l’opposto di quanto prodotto dal “capitalismo sostenibile” prevalso tra il 1949 e il 1979, in cui le risorse erano ripartite in maniera equilibrata tra profitti, retribuzioni salariali e tasse per un Welfare diffuso. Nel quale ogni fattore era rispondente alla realtà produttiva.
LE RISPOSTE SBAGLIATE DELLA POLITICA EUROPEA
Alla spirale regressiva del capitalismo contemporaneo le istituzioni comunitarie hanno tentato di fornire risposte parziali. Fra cui l’Unione Bancaria che, rileva lo studioso sulla scia delle critiche formulate dall’economista anti-euro Claudio Borghi, “trasformano lo stesso conto corrente e deposito bancario – e non soltanto le azioni e le obbligazioni possedute in un istituto creditizio – in un investimento ad alto rischio”.
Meno nociva ma del tutto inefficace ai suoi occhi sarà l’eventuale rinegoziazione dei trattati economico-finanziari che il Partito democratico, “unica forza filo-euro destinata a superare la soglia di accesso del 4 per cento”, potrebbe proporre nei prossimi mesi. L’unica strada percorribile per liberare l’Italia dalle secche in cui si è arenata è per Galloni il ritorno alle ricette di John Maynard Keynes: “Il governo dovrebbe aumentare investimenti e spesa pubblica per rimettere in moto consumi e produzione, rendendo i cittadini creditori verso lo Stato degli interessi sui titoli e le obbligazioni”.