Skip to main content

Mps, chi ha l’ossessione di fare la guerra ai vertici del Monte

Le turbolenze che coinvolgono MPS si arricchiscono di un nuovo capitolo, che va a inserirsi nello scenario burrascosi dei conflitti tra l’attuale management e la fondazione bancaria.

LO SCENARIO

Motivo scatenante è la scelta compiuta a fine 2013 dall’assemblea dei soci di rinviare a giugno l’aumento di capitale per 3,3 miliardi proposto nel breve termine dal presidente Alessandro Profumo e dall’amministratore delegato Fabrizio Viola.

La bocciatura di un’operazione finalizzata a restituire al Tesoro i Monti bond stanziati nel 2012 per risanare i conti dello storico istituto creditizio ha acuito le rivalità con l’organismo rappresentativo delle comunità politiche locali guidato da Antonella Mansi e alimentato le polemiche con un fronte trasversale che invoca la nazionalizzazione del Monte. A gettare ulteriore benzina sul fuoco le accuse virulente tra l’odierna governance e la precedente gestione di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni al centro di indagini e processi.

LA DENUNCIA DI MPS CONTRO IL CODACONS

L’ultima notizia risale al 27 marzo. Rocca Salimbeni cita in giudizio il Codacons per “attacchi gravissimi e irresponsabili che hanno ferito il diritto all’immagine e alla reputazione della banca senese”. La quale chiede al presidente dell’organizzazione a tutela dei consumatori Carlo Rienzi e all’ingegnere Giuseppe Bivona 30 milioni di euro come risarcimento dei danni patrimoniali e morali.

CHI E’ GIUSEPPE BIVONA

Ma quali sono i fatti che hanno portato i vertici del Monte a formulare l’atto di citazione? Per capirlo è necessario ricostruire le iniziative intraprese nei confronti dell’istituto creditizio dal Codacons con il contributo del consulente tecnico Giuseppe Bivona. Analista di mercato e ingegnere, egli ha maturato una lunga esperienza nelle più importanti banche d’affari internazionali ricoprendo ruoli di alta responsabilità in Lehman Brothers, Morgan Stanley, Goldman Sachs.

Nell’agosto 2012 ha contribuito all’elaborazione di una proposta – messa a punto da Giuliano Amato, Franco Bassanini, Paolo Guerrieri, Rainer Masera, Marcello Messori, Stefano Micossi – finalizzata a portare lo stock del debito pubblico italiano a un livello di sicurezza entro il 2017 e a ricondurlo nel 2020 entro la soglia del 100 per cento. Pilastri del progetto sono un ambizioso piano di vendita di patrimonio immobiliare statale e locale, la valorizzazione delle concessioni, l’alienazione delle partecipazioni del Tesoro in Eni, Enel, Finmeccanica, StMicroelectronics, Poste italiane.

LA BATTAGLIA CONTRO I MONTI-BOND

Favorevole all’ipotesi di nazionalizzazione del Monte dei Paschi di Siena come alternativa alla ricapitalizzazione attuata grazie ai Monti bond, Bivona ha elaborato nel febbraio 2013 una consulenza tecnica con cui il Codacons ha fatto ricorso al giudice amministrativo contro la legittimità del prestito obbligazionario di 3,9 miliardi. Stanziamento poi confermato dal TAR e dal Consiglio di Stato.

L’associazione a difesa dei consumatori ha criticato l’intervento predisposto dal governo tecnico individuando la ragione del deficit di MPS negli “specifici errori gestionali, perdite su operazioni in derivati, possibili frodi e illeciti compiuti dalla gestione Mussari-Vigni”. Ritenendo la remunerazione dei Monti bond “inadeguata al rischio sopportato dai contribuenti”, l’analista finanziario ha invocato la messa a punto di un piano alternativo di ricapitalizzazione della banca.

IL VOTO CONTRO I BILANCI DEL MONTE

Argomentazioni tradotte nelle scelte compiute come azionista di MPS. Nell’aprile 2013 vota contro l’approvazione del bilancio, denunciando “l’occultamento di 5 miliardi di derivati che avrebbero prodotto una perdita tra 1,5 e 2 miliardi”. L’oggetto del contendere sono i piani di rifinanziamento di lungo termine sui Btp, frutto delle ristrutturazioni dei prodotti finanziari “Santorini” e “Alexandria” acquistati da Deutsche Bank e Nomura. Prodotti  che per Bivona andrebbero classificati come Credit Defaul Swap: strumenti derivati che offrono con un significativo tassi di rischio la possibilità di coprirsi dall’eventuale insolvenza di un debitore.

LA PAZZA IDEA DI NAZIONALIZZARE IL MONTE

Nell’agosto 2013 il presidente e il consulente tecnico del Codacons scrivono una lettera al Corriere della Sera in cui ricordano “il regime stringente previsto dall’Ue per la ristrutturazione di banche con deficit provocato da gravi errori strategici come l’acquisizione di Antonveneta, colossali perdite gestionali pari a 8 miliardi nel biennio 2011-12, carenza nel controllo dei rischi, comportamenti eccessivamente temerari”.

Scenario in cui, scrivono Rienzi e Bivona, lo Stato deve astenersi da aiuti illegittimi e promuovere cambiamenti nel management e nella governance anche entrando nell’azionariato dell’istituto creditizio: “Esattamente come ha fatto il Tesoro inglese con Llyods Bank e con Royal Bank of Scotland, di cui oggi possiede l’80 per cento”. Rilevando come l’aumento di capitale previsto dal Monte verrà destinato interamente al Tesoro anziché essere utilizzato per rafforzare la banca, chiudere i rischi finanziari in perdita, aumentare la copertura delle sofferenze, l’associazione a tutela dei consumatori rende pubblico un progetto di salvataggio e risanamento fondato sulla nazionalizzazione della banca.

LA RISPOSTA DI MPS

La replica dei vertici di MPS non tarda ad arrivare. Sulle pagine del Corriere i manager evidenziano che “la richiesta iniziale degli aiuti di Stato da parte dell’istituto creditizio è scaturita esclusivamente dall’allargamento dello spread sui titoli del debito pubblico italiano detenuti dal Monte”.

È questa, a loro giudizio, l’origine del fabbisogno patrimoniale aggiuntivo di 3,3 miliardi. Così come sono imputabili ai fattori di mercato le ragioni delle perdite gestionali registrate nel 2011 e nel 2012. Le operazioni Santorini e Alexandria, rimarcano i responsabili di Rocca Salimbeni, sono state compiute “nel rispetto dei principi contabili internazionali e una diversa rappresentazione degli strumenti finanziari acquisiti non avrebbe inciso sul patrimonio netto della Banca”.

LA SEGNALAZIONE DELLA CONSOB

Nel conflitto che si è aperto tra MPS e Codacons emerge a fine agosto una novità: la segnalazione dei vertici del Monte alla magistratura ad opera della CONSOB. È l’organizzazione a tutela dei consumatori a spiegarne le motivazioni: “Aver fornito informazioni non veritiere o quantomeno omissive sul finanziamento dell’operazione Antonveneta e sulla presunta acquisizione di titoli di Stato eseguita con la banca giapponese Nomura, tuttora al centro di un’intricato processo ricco di misteri e colpi di scena”.

GLI STOP AL PRESTITO

Alla luce dell’iniziativa assunta dall’autorità di vigilanza sulle attività di Borsa, il 22 agosto Rienzi e Bivona scrivono una lettera al Commissario Ue alla Concorrenza Joaquin Almunia affinché l’Unione europea neghi l’autorizzazione al prestito di 4 miliardi stabilito dallo Stato italiano a favore di MPS tramite la sottoscrizione dei Monti bond.

LE RICHIESTE BIZZARRE

Nello stesso tempo Rienzi e Bivona chiedono al governo Letta-Saccomanni di includere nel piano di ristrutturazione la sostituzione di Profumo e Viola, “cui non può essere affidata l’azione di risanamento della banca e la gestione di 4 miliardi versati dai contribuenti”. Sfiducia ribadita dall’analista finanziario nel corso dell’assemblea dei soci di fine 2013: “Con l’attuale management, arrivato all’inizio del 2012, MPS registra una perdita azionaria di 700 milioni, a fronte di una crescita di valore delle altre banche”.

L’ultimo atto dell’offensiva del Codacons risale al febbraio 2014, con una segnalazione alla Procura di Siena, “di fatti aventi possibile rilevanza penale”. Un salto di qualità che ha trovato reazione analoga nell’esposto-denuncia dei manager di Rocca Salimbeni. E ora, come nel più classico dei thriller, la sfida si combatterà sul terreno giudiziario.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter