Tra Matteo Renzi e Barack Obama non si sarebbe parlato di F-35. A dirlo è stato ieri a Sky TG24 il ministro degli Esteri Federica Mogherini, riferendosi alla recente visita in Italia del presidente degli Stati Uniti.
Ma il linguaggio della diplomazia è fatto anche di sfumature che sarebbe un errore (anche in buonafede) non cogliere.
Se è vero che il nome del caccia di Lockheed Martin non è mai stato esplicitato, è altrettanto rilevante come il capo di Stato Usa, durante la conferenza stampa a Villa Madama, abbia posto l’accento sul fatto che una difesa comune comporta responsabilità condivise (un concetto ribadito oggi dall’Ambasciata Usa in Italia con un tweet) .
Anche per questo, pur non avendolo messo per iscritto, la Casa Bianca considera assolutamente errata nel merito (e probabilmente anche nel metodo), la discussione su un possibile ulteriore taglio del governo ai velivoli ordinati dall’Italia (al momento sono 90, ma si parla già di scendere a 45).
La “libertà ha un costo“, ha detto a Roma Obama, rimarcando come Washington ritenga troppo scarse le risorse impegnate da quasi tutti i partner dell’Alleanza Atlantica per le spese militari.
“Noi – ha ricordato il presidente americano – abbiamo il primo esercito del mondo, non ci aspettiamo che tutti facciano lo stesso, ma c’e la Nato“. Menzionando cifre, e facendo paragoni: “Il divario tra le nostre spese e quelle europee in seno alla Nato è diventato troppo significativo“.
Tenuto conto che “siamo in una alleanza“, ha ribadito Obama, tutti devono “farsi carico della propria parte di fardello. Non possiamo accettare che gli Usa spendano più del 3% del loro Pil nella Difesa (4,1% per la precisione), gran parte concentrato in Europa, mentre l’Europa spende in media l’1%“.
Come a dire: l’amicizia e il sostegno non possono essere a senso unico. In un momento di grandi stravolgimenti che tengono impegnata Washington anche in altre parti del mondo (il Pivot to Asia ne è l’esempio più significativo), questo è il momento di dimostrare quanto l’Europa e l’Italia tengano al rapporto di cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico.
Un messaggio chiaro, franco e diretto che, pur senza mai citare il programma Jsf, non necessita forse di molte interpretazioni.