Repetita iuvant, deve aver pensato l’ambasciata Usa in Italia, che oggi su Twitter ha rilanciato un articolo del Washington Post che riporta nel dettaglio il contributo economico dei singoli Paesi che compongono l’Alleanza Atlantica.
L’analisi fa il paio con quanto detto dal presidente americano Barack Obama nella sua recente visita a Roma, che ha ricordato come “la libertà” abbia “un costo” e, per questo, i membri della Nato non possano permettersi di tagliare ulteriormente la spesa militare. Un monito che, non a caso, è giunto mentre in Italia il governo sta decidendo se ridurre ulteriormente l’acquisto di F-35 nel quadro di una revisione del bilancio. Sono 90 i caccia che l’Italia si è impegnata ad acquistare dopo un primo taglio e che ora potrebbero diminuire ulteriormente.
Solo poche nazioni oltre gli Stati Uniti – si evince dall’analisi – hanno rispettato l’obiettivo della Nato di spesa di almeno il 2% del prodotto interno lordo per la difesa. Anche i più fedeli membri dell’Alleanza hanno tagliato drasticamente il loro impegno militare in questi cinque anni, la Germania del 4%, il Regno Unito del 9%, e l’Italia che ha tagliato quasi un quarto del suo bilancio militare, secondo i dati raccolti.
La crisi ucraina ha riportato al centro l’importanza della Nato, che in molti credevano ormai obsoleta. Esperti internazionali hanno dichiarato allarmati al New York Times che “sarebbe sconvolgente tagliare la spesa militare in un momento come questo. Mentre i cinesi e i russi sono arrivati al punto da poter schierare forze professionali, noi continuiamo a tagliare e tagliare. Stiamo dimenticando il vecchio adagio per cui non esiste un sostituto alle truppe sul terreno“.
Tutto questo mentre, per sopperire a queste mancanze, gli Stati Uniti, che spendono circa il 4 per cento del loro prodotto interno lordo nella difesa, hanno dovuto negli ultimi anni addirittura aumentare i loro investimenti nell’Alleanza Atlantica. Secondo l’ultimo rapporto annuale della Nato (dati 2013), Washington ha pagato il 73 per cento della spesa totale per la difesa dell’alleanza. Nel 2007 la quota era del 68 per cento.
Tra i Paesi poco virtuosi c’è l’Italia, che spende appena l’1,7% del Pil. Si comprende bene, allora, come Obama, pur non citando mai il velivolo di Lockheed Martin, intendesse lanciare un messaggio chiaro al governo italiano: non è il momento di ridurre il proprio impegno nel mantenere una difesa comune con un Paese amico ed alleato, perché, come ha ribadito il presidente Usa, l’impegno nella Nato “non può essere un esercizio solo degli Stati Uniti“. E poco importa che l’altro ieri, a Sky Tg24, il ministro degli Esteri Federica Mogherini abbia detto che tra Renzi e Obama non si sia parlato di F-35. Alla Casa Bianca confidano che Palazzo Chigi abbia posto attenzione agli accenti, più che alle parole.