Il principale fattore di rischio per la stabilità degli approvvigionamenti europei di gas russo attraverso l’Ucraina deriva dall’esposizione finanziaria di Naftogaz nei confronti di Gazprom.
COSA È ACCADUTO
Nel corso dell’ultimo decennio, Gazprom ha progressivamente allineato i prezzi pagati dagli acquirenti ucraini a quelli pagati dai clienti europei.
Parallelamente, il governo ucraino ha impedito a Naftogaz di alzare le tariffe amministrate praticate ai clienti residenziali (con consumi di circa 20 Gmc all’anno) e alle società che si occupano di riscaldamento (circa 8 Gmc). Queste ultime, in particolare, sono controllate dalle amministrazioni locali e godono di tariffe tanto basse da essere inferiori ai prezzi di importazione pagati da Naftogaz, che quindi le rifornisce in perdita. Inoltre, con il progressivo deterioramento della situazione politica, le amministrazioni locali hanno in molti casi sospeso i pagamenti a Naftogaz. Secondo quanto dichiarato dall’azienda, il controvalore delle morosità sarebbe di circa 2,5 miliardi di dollari.
LA CRISI DI NAFTOGAZ
Le attività di Naftogaz sono dunque in perdita e l’azienda ha accumulato nel tempo un’ampia morosità nei confronti di Gazprom. Nel solo 2013, il controvalore del gas venduto da Gazprom Export a Naftogaz sarebbe stato di circa 10 miliardi di dollari, di cui circa 1,5 ancora da saldare. A questi si aggiungono gli arretrati per il mese di febbraio 2014, portando l’esposizione di Naftogaz nei confronti di Gazprom fino a quasi 2 miliardi di dollari.
SITUAZIONE IN PEGGIORAMENTO
La situazione di Naftogaz dovrebbe sensibilmente peggiorare a partire da inizio aprile, quando lo sconto sulle forniture concesso a dicembre da Gazprom scadrà senza essere rinnovato. I prezzi delle forniture dovrebbero riallinearsi a quelli praticati all’Europa occidentale, con un aumento del 37% rispetto ai prezzi attuali. Il risultato sarà un ulteriore squilibrio nei conti di Naftogaz, a cui dovrà far fronte direttamente il governo ucraino, in quanto azionista di riferimento.
IL NODO DELLE TARIFFE
Un nodo particolarmente critico sarà quello dell’aumento delle tariffe per ridurre strutturalmente il passivo di Naftogaz. Dati gli alti consumi e la congiuntura economica negativa, l’aumento delle tariffe potrebbe tradursi in una forte perdita di consenso per il governo. La revisione delle tariffe potrebbe essere tuttavia inclusa tra le condizioni imposte dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) per concedere sostegno finanziario all’Ucraina. L’imposizione del FMI potrebbe peraltro fornire al governo un’occasione per imporre, senza assumersene la responsabilità, una misura necessaria a sanare almeno in parte la posizione di Naftogaz. Secondo le prime stime, l’aumento potrebbe essere del 40% per i clienti residenziali e per le società che si occupano di riscaldamento.
OPZIONI E VINCOLI PER L’UCRAINA
In assenza di un sostegno finanziario esterno sufficiente, il rischio è che si crei una situazione analoga a quella che condusse all’interruzione delle forniture verso l’Europa occidentale durante le prime settimane del 2009. Il contenzioso sui pagamenti potrebbe portare infatti Gazprom a ridurre o interrompere le esportazioni destinare al mercato ucraino e Naftogaz a sua volta potrebbe bloccare i flussi verso l’Europa occidentale, scaricando sugli operatori europei il problema delle mancate consegne e spingendo Gazprom a interrompere del tutto i flussi verso l’Ucraina.
IL RICATTO ALL’EUROPA
Il risultato per i decisori politici ucraini sarebbe quello di costringere le controparti europee a intervenire per evitare disagi o danni economici troppo estesi nei Paesi dell’Europa orientale più vulnerabili: Bulgaria, Slovacchia e Ungheria.
Il margine d’azione ucraino è reso più ampio dalla possibilità di poter soddisfare la domanda interna ricorrendo agli stoccaggi per un periodo nettamente più lungo di quello dei tre Paesi dell’Europa orientale. In particolare, attualmente (marzo 2014) la Bulgaria avrebbe circa un mese di autonomia, l’Ungheria circa cinquanta giorni e la Slovacchia circa due mesi, mentre l’Ucraina potrebbe disporre di oltre tre mesi di autonomia.
FORZA RELATIVA
La relativa posizione di forza ucraina ha in realtà basi deboli. I danni economici e sociali che sarebbe possibile infliggere ai Paesi europei sono ampi, ma difficilmente possono avere effetti destabilizzanti. Viceversa, un’interruzione prolungata delle forniture dalla Russia che arrivasse ad esaurire gli stoccaggi ucraini potrebbe creare un forte malcontento nella popolazione. Durante la stagione invernale, infatti, il riscaldamento rappresenta un bene di prima necessità e l’insieme della domanda residenziale e per riscaldamento collettivo può essere soddisfatto solo facendo ricorso alle importazioni russe. L’assenza o il razionamento del gas per il riscaldamento potrebbero mettere in pericolo la stabilità stessa del governo.
L’INVERSIONE DEI FLUSSI
L’ipotesi di invertire i flussi sul alcuni gasdotti e di rifornire il mercato ucraino con gas proveniente dall’UE appare invece completamente marginale. Sebbene limitati volumi siano stati esportati in Ucraina da Polonia e Ungheria nel corso del 2013 (2 Gmc), mancano al momento le infrastrutture necessarie a sostenere flussi più consistenti. Peraltro, esiste un limite strutturale molto forte alle esportazioni verso l’Ucraina: il gas esportato dai Paesi dell’Europa orientale sarebbe in realtà una triangolazione di gas russo, meno disponibile proprio in caso di crisi.
LA MIGLIORE STRATEGIA
Nel complesso, e in assenza di alternative percorribili, si potrebbe ipotizzare che per i decisori politici ucraini sarebbe vantaggioso indurre un rapido peggioramento dei rapporti tra Naftogaz e Gazprom in primavera. In questo modo, si massimizzerebbe il vantaggio di far ricadere sui Paesi dell’Europa orientale il peso dell’interruzione delle forniture, facendo anche leva sulla maggiore capacità di stoccaggio ucraina. Allo stesso tempo, si minimizzerebbero l’impatto sociale e il rischio che un prolungarsi delle interruzioni porti a un blocco del riscaldamento durante i mesi più freddi.
Si tratterebbe in ogni caso di una tattica diretta a ricevere sostegno finanziario e appoggio politico da parte dei Paesi UE, sostenibile solo per un periodo limitato e in un’ottica puramente negoziale. In un orizzonte più lungo di qualche mese, per i decisori ucraini è invece ineludibile la necessità di collaborare con Gazprom per ottenere i volumi necessari a soddisfare la domanda interna e mantenere un livello minimo di sostegno da parte della popolazione.