I conti di Alitalia non tornano per i “patrioti”. Lo scrive su Repubblica di oggi Ettore Livini, in un articolo che passa in rassegna gli ultimi cinque anni della ex compagnia di bandiera, dopo il salvataggio messo in campo da Silvio Berlusconi per scongiurarne il crack finanziario. Intesa San Paolo, Benetton e Air France hanno investito quote significative che, in gran parte, sono andate in fumo. E ora, tutti in fiduciosa attesa di Etihad…
AIR FRANCE
“Parigi è entrata in Alitalia sei anni fa firmando un assegno di 323 milioni, convinta di essere riuscita a coronare il suo sogno: conquistare i cieli tricolori a un prezzo da saldo – scrive Livini su Repubblica – A ottobre scorso, la società transalpina, a furia di risultati in profondo rosso, ha preso atto di aver buttato i soldi dalla finestra e ha alzato bandiera bianca. Il valore della sua partecipazione nel vettore romano è stato portato a zero”. La compagnia francese ha inoltre deciso di sfilarsi anche dall’ultimo dall’aumento di capitale di 200 milioni, sottolinea il quotidiano.
BENETTON
Anche la famiglia Benetton ha pagato cara la partecipazione in Alitalia: 100 milioni “per staccare il suo biglietto”, investimento svalutato già di 96 milioni di euro. A differenza di Air France, però, il gruppo Atlantia controllato dalla famiglia Benetton ha dovuto finanziare con 40 milioni di euro l’aumento di capitale dello scorso ottobre, per “difendere i propri interessi” – come si legge dalle pagine di Repubblica – essendo anche socio di riferimento di Fiumicino.
INTESA SAN PAOLO
“L’avventura aeronautica è costata carissima pure a Intesa-SanPaolo, regista dell’intera operazione”. Livini mostra la fotografia delle “spese” di Intesa: ” i 100 milioni pagati per entrare in Alitalia sono diventati oggi 39, con 61 milioni persi in svalutazioni. E il salasso finale rischia di essere ancor più pesante visto che l’istituto di credito – tirato per la giacchetta dalla politica – continua ad alzare la posta: nell’ultimo aumento di capitale ha investito altri 76 milioni di euro”.
FONSAI, PIRELLI
Hanno deposto le armi Fonsai e Pirelli, la prima azzerando la sua partecipazione (da 50 milioni) e la seconda vedendo andare in fumo 15 milioni sui 20 spesi per la sua quota.
POSTE ITALIANE
Se la cordata ideata da Silvio Berlusconi serviva per eliminare il controllo statale dalla ex compagnia di bandiera, eccolo adesso rientrare con Poste Italiane, con un capitale di 75 milioni, dopo gli auspici fattivi del governo Letta esauditi dal gruppo statale quando era capeggiato da Massimo Sarmi (sostituito dal governo Renzi con Francesco Caio).