Il Partito Democratico potrebbe aver raggiunto un accordo col governo per tagliare del 50 per cento il numero di F-35 opzionati dall’Italia.
A riferirlo è l’agenzia Dire, rilanciata dal quotidiano La Repubblica.
I velivoli scenderebbero così da 90 a 45. L’indiscrezione giunge a poche ore dalla riunione del gruppo parlamentare del Pd alla Camera, che stasera alle ore 20 dovrebbe decidere sulla linea da tenere in vista del voto di domani in commissione Difesa.
STRAPPI RICUCITI?
Sembrerebbe così giunta al termine la querelle interna ai democratici sulla revisione del programma Jsf. Fino a poche settimane fa nel Pd si riconoscevano posizioni ben distinti: da un lato un gruppo che si identifica (identificava?) nella posizione espressa dal capogruppo in Commissione difesa al Senato, Nicola Latorre, che in più di un’occasione ha difeso l’importanza strategica ed economica di non ridimensionare ulteriormente l’impegno italiano nel programma. Su posizioni opposte c’era il fronte capeggiato dal deputato Paolo Bolognesi che insieme al capogruppo del Pd in commissione Difesa a Montecitorio Gian Piero Scanu, ha promosso una recente inchiesta parlamentare sulle spese militari e preferirebbe puntare sull’acquisto di Eurofighter.
LA LINEA DI RENZI
Se l’indiscrezione risultasse vera, il taglio del 50 per cento dei velivoli (ai quali si sommerebbe una riduzione del programma Forza Nec, come sottolineato da Reuters) costituirebbe dunque la sintesi tra chi ritiene il programma non necessario o addirittura uno spreco, e chi considera il velivolo indispensabile per il futuro dell’Aeronautica Militare italiana. Il premier Matteo Renzi aveva annunciato una “rimodulazione” del programma F-35 durante la presentazione del decreto di finanziamento del bonus Irpef, ma senza parlare di un taglio di questa consistenza. Inoltre oggi, nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio, il vicepresidente della Camera, il renziano Roberto Giachetti, ha annunciato una spending review per la Difesa (dicastero guidato da Roberta Pinotti) e le forze dell’ordine che potrebbe portare “già con il provvedimento sulla pubblica amministrazione in arrivo a giugno” a 500 milioni di risparmi strutturali.
LE PAROLE DI PHILLIPS
La scelta dell’esecutivo si scontrerebbe però con gli auspici degli Stati Uniti. “Gli F-35 – ha detto ieri l’ambasciatore Usa a Roma, John Phillips, parlando alla trasmissione di Raidue “2next” – sono gli aerei del futuro, i caccia che sostituiranno gli esistenti nei prossimi 15-20 anni. Abbiamo accordi con l’Esercito italiano, forse dovremo rallentare l’acquisizione, ma non credo ci sia interesse a ridurla. L’Italia – ha aggiunto – non può posticipare. Svolge un grande ruolo nella difesa e ha una posizione strategica: ha bisogno della capacità di affrontare la situazione“.
L’APPELLO DI OBAMA
Il richiamo dell’inquilino di Villa Taverna si sommano all’appello fatto recentemente da Barack Obama nella sua visita nella Capitale. Se è vero che il nome dei velivoli americani, ai quali partecipa Finmeccanica, non è mai stato esplicitato, è altrettanto rilevante come il capo di Stato Usa, durante la conferenza stampa a Villa Madama con Matteo Renzi, abbia posto l’accento sul fatto che una difesa comune comporta responsabilità condivise. La “libertà ha un costo“, ha detto poi Obama, rimarcando come Washington ritenga troppo scarse le risorse impegnate da quasi tutti i partner dell’Alleanza Atlantica per le spese militari.
I RISCHI PER L’ITALIA
Ulteriori tagli esporrebbero l’Italia, secondo diversi analisti, a un rischio. La Penisola partecipa al programma Jsf con lo stabilimento di Cameri, e il contributo di molte aziende, tra le quali Finmeccanica; ma alcune fonti (come l’ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Leonardo Tricarico) indicano che le ricadute positive potrebbero non essere più così elevate a fronte di una nuova diminuzione dei velivoli acquistati.