L’euro non ha funzionato bene, ha generato nei suoi 15 anni di vita più divergenza che convergenza, conducendo con la crisi a penalizzazioni eccessive per i Paesi periferici. Il ritardo con cui si è consentito alla BCE di debellare attraverso gli OMT il panico finanziario ha fatto si che quest’ultimo guidasse per un lungo periodo le scelte di politica economica dei paesi sotto attacco, con effetti recessivi che potevano essere limitati. Ma esserne consapevoli non porta a proposte di abbandono dell’euro che determinerebbero danni ben peggiori.
Rotture traumatiche avrebbero conseguenze politiche ed economiche che potrebbero portare, con la chiusura dei mercati a un isolamento economico-finanziario dell’Italia, all’apertura di contenziosi legali con i creditori, alla conseguente incertezza sui valori di bilancio e all’erosione con l’inflazione dei risparmi delle famiglie.
Esistono quindi barriere politiche, economiche e tecniche all’uscita. Esse però non valgono in ogni circostanza. Se l’opzione di stare nell’euro dovesse divenire troppo onerosa, per persistenza della disoccupazione di massa ed estensione dei fenomeni di impoverimento, allora potrebbero formarsi maggioranze di cittadini i cui interessi sono più colpiti e che ritengono sopportabili i costi di un’uscita. Non si può dunque fare affidamento nell’elevatezza delle barriere all’uscita per mantenere invariato il frame work politico ed economico.
Occorre sfruttare tutti gli spazi disponibili per rafforzare l’architettura europea. Primi passi in tale direzione si osservano, ad esempio, nel lento delinearsi di un’unione bancaria. Si tratta di movimenti parziali e lenti che rimandano a un lungo periodo che non è detto si sia in grado di raggiungere.
E’ compito della politica – sotto la spinta in primo luogo dei paesi che hanno un interesse comune come Italia, Francia e Spagna – accelerare i tempi ampliando così la portata dei mutamenti in due direzioni: ridefinendo il percorso di aggiustamento del Fiscal Compact, e rendendo maggiormente simmetrico il riequilibrio competitivo intra-europeo.