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Le fidanzate dei preti scrivono al Papa: “Basta con il celibato sacerdotale”

Ventisei donne di ogni parte d’Italia scrivono al Papa, chiedendogli di rivedere le norme che regolano il celibato sacerdotale. La lettera, di cui ha dato notizia ieri il sito Vatican Insider, è giunta in Vaticano a mezzo raccomandata e contiene i nomi di battesimo di donne che stanno vivendo, hanno vissuto o vorrebbero vivere “una relazione d’amore con un sacerdote di cui sono innamorate”.

IL CONTENUTO DELLA LETTERA

Ben poco, scrivono nella missiva, “si conosce della devastante sofferenza a cui è soggetta una donna che vive con un prete la forte esperienza dell’innamoramento. Vogliamo, con umiltà, porre ai tuoi piedi (al Papa, ndr) la nostra sofferenza affinché qualcosa possa cambiare non solo per noi, ma per il bene di tutta la Chiesa”. Il fatto è, proseguono le firmatarie, che “noi amiamo questi uomini, loro amano noi e il più delle volte non si riesce pur con tutta la volontà possibile a recidere un legame così solido e bello, che porta con sé purtroppo tutto il dolore del non pienamente vissuto. Una continua altalena di tira e molla che dilaniano l’anima. Quando, straziati da tanto dolore, si decide per un allontanamento definitivo, le conseguenze non sono meno devastanti e spesso resta una cicatrice a vita per entrambi. Le alternative sono l’abbandono del sacerdozio o la persistenza a vita di una relazione segreta”.

“LA FRUSTRAZIONE DI UN AMORE NON COMPLETO”

Nel primo caso, si legge nella lettera, “la forte situazione con cui la coppia deve scontrarsi viene vissuta con grandissima sofferenza da parte di entrambi”, visto che “anche noi vogliamo che la vocazione sacerdotale dei nostri compagni possa essere vissuta pienamente, che possano restare al servizio della comunità”. Nel secondo caso, quando cioè si convive segretamente, “si prospetta una vita nel continuo nascondimento, con la frustrazione di un amore non completo che non può sperare in un figlio, che non può esistere alla luce del Sole”.

 IL CELIBATO SACERDOTALE NON E’ UN DOGMA

Il problema non è nuovo. Qualche mese fa, poco prima di entrare in servizio come Segretario di Stato, mons. Parolin ricordava che “il celibato sacerdotale non è un dogma della chiesa, e se ne può discutere perché è una tradizione ecclesiastica”. E’ possibile, aggiungeva, “parlare e riflettere e approfondire quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’unità e secondo la volontà di Dio”. Di certo, non è un tabù, come prima di lui (nel 2006) aveva detto l’allora prefetto della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes, e più recentemente il cardinale Jorge Bergoglio nel libro-conversazione con il rabbino Abraham Skorka, benché la posizione di colui che sarebbe diventato Francesco fosse contraria a svolte immediate.

LA POSIZIONE DEL CARDINALE BERGOGLIO

L’allora arcivescovo di Buenos Aires, infatti, osservava che il celibato sacerdotale “è una questione di disciplina e non di fede”, e come tale “si può cambiare”. Non subito, però: “Per il momento io sono a favore del mantenimento del celibato, con tutti i pro e i contro che comporta, perché sono dieci secoli di esperienze positive più che di errori”. E sull’oggetto della lettera delle ventisei donne legate sentimentalmente a un prete, Bergoglio all’epoca diceva: “Se un sacerdote mi dice che ha messo incinta una donna, io lo ascolto e cerco di tranquillizzarlo e poco a poco gli faccio capire che il diritto naturale viene prima del suo diritto in quanto prete. Di conseguenza deve lasciare il ministero e farsi carico del figlio, perché quel bambino ha anche diritto ad avere un padre con un volto. Io mi impegno a regolarizzare i suoi documenti a Roma, ma lui deve lasciare tutto”.

LA POSIZIONE DELLA CHIESA ORIENTALE

Chi è favorevole a riconsiderare il celibato sacerdotale, guarda con favore a quanto accade nella chiesa cattolica orientale. I preti possono sposarsi ma non possono essere ordinati vescovi.



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