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Rai, perché Renzi ha ragione. Parola di ex giornalista Rai

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

La battuta, ma non è solo una battuta, di Matteo Renzi è giusta. Se l’Usigrai avesse proclamato lo sciopero prima delle elezioni, il PD renziano avrebbe preso un 2 per cento in più. Oggi difendere la Rai non è oggettivamente possibile. Basta conoscerla anche poco.

RAI E SERVIZIO PUBBLICO

Sgombriamo subito il campo dall’argomento che tutti i difensori dello status quo, in realtà dei loro inammissibili privilegi, mettono in campo: chi attacca la Rai attacca il servizio pubblico. Non è vero. Primo perché la Rai non fa servizio pubblico. Secondo perché un servizio pubblico non necessariamente deve coincidere con la proprietà pubblica di una azienda. La Rai è una mega azienda con tanti ottimi professionisti e tanti lavativi dove i sindacati interni, in primis l’Usigrai, fanno il bello e il cattivo tempo. I professionisti lavorano, seriamente e bene, i lavativi no. Ma questo probabilmente accade in tutte le aziende con migliaia di dipendenti.

LE ANOMALIE

La cosa che non torna è che quanti non fanno il loro dovere trovano sempre qualcuno che li protegge e così molto difficilmente vengono sanzionati. Insomma è un giocare alla meno. Solo qualche esempio, fra i tanti. In Rai lo straordinario è forfettizzato. Lo prendono tutti. Solo che molti lo fanno regolarmente ed altri non lo fanno mai. Altra anomalia. In Rai non è premiato chi fa presto a lavorare ma chi fa tardi. Le trasferte vengono pagate oltre le 7,15 ore, con il risultato che chi ha finito il lavoro dopo sei ore , aspetta inevitabilmente lo scatto della diaria. In Rai poi, per un accordo sindacale, agli operatori di ripresa è stata riconosciuta la qualifica di giornalista, quindi è stato dato uno stipendio maggiore. Logica avrebbe voluto che ai nuovi giornalisti fosse stata data la possibilità di chiudere da soli alcuni servizi, facendo le riprese e i testi. E questo voleva l’azienda. Solo che così non è stato per pali e paletti messi dal sindacato dei giornalisti che temeva che poi anche agli stessi giornalisti potesse essere data una telecamera. Così la Rai si è trovata con centinaia di dipendenti che facevano lo stesso lavoro di prima ma che costavano molto di più. La reazione strisciante dell’azienda allora qual è stata? Bloccare il turnover e rivolgersi ad operatori privati che, costano, ma lavorano mediamente il doppio.

LE SEDI REGIONALI

Capitolo sedi regionali. Bisogna distinguere le strutture amministrative da quelle giornalistiche. Le strutture amministrative possono essere accorpate per macro regioni, o addirittura eliminate, le redazioni possono stare comodamente, viste le tecnologie di oggi, in un appartamento grande riducendo di almeno il 70 per cento le spese che oggi sostengono le sedi. Personale. In eccesso e non perché la Rai produce e gli altri comprano, o almeno non solo per questo. Non so oggi ma fino a tempo fa a fronte di 11 testate giornalistiche in Rai c’erano 140 direttori e vicedirettori con il loro bravo stipendio. La ragione è semplice. La Rai, non licenzia nemmeno quelli che per contratto come i direttori e vice, possono essere licenziati. Così ad ogni cambio di governo nuova infornata di promozioni e decine e decine di persone che sono lasciate a non fare niente. Talvolta, per salvare la faccia, si nominano 7/8 vice per una singola testata ma la sostanza non cambia. I giornalisti sono come una piramide rovesciata, tanti graduati e pochi soldati. Una promozione non si nega quasi a nessuno. Siccome a volte la cosa potrebbe diventare imbarazzante ci sono gli ad personam. Gli organici delle testate nazionali sono mediamente il doppio di quelli di pari testate private e questo senza considerare che molti servizi vengono presi dalle sedi territoriali.

CONTRATTI VECCHI E NUOVI

Passiamo al contratto. Su questo fronte molto è cambiato ma si trascinano ancora vecchi istituti e percentuali per il lavoro festivo o semplicemente ex festivo dei giornalisti che sono semplicemente vergognose. Basti pensare che per le feste più importanti si arriva al 360 per cento della paga giornaliera. Ritmi di lavoro. Non si può fare di ogni erba un fascio ma non sono pochi i giornalisti che protestano per chiudere, in un giorno, due servizi di un minuto. E l’elenco potrebbe continuare. La gente ha capito perfettamente il gioco. La retorica del servizio pubblico non paga più. Le sedi regionali sono, anche inconsciamente, una longa manus del potere politico locale.

IL BENE DELL’AZIENDA

L’osservatorio di Pavia, ogni tanto, conta minuti e secondi ma chi fa giornalismo sa perfettamente che altrettanto importanti delle notizie date, sono quelle ignorate e queste spesso non si contano, proprio per non dispiacere qualche presidente o assessore. Se i sindacati interni vogliono davvero il bene dell’azienda e dei dipendenti devono accettare di mettersi ad un tavolo, con umiltà, e rivedere tutta l’organizzazione del lavoro. Resistere ad oltranza è sbagliato. Lo sciopero è sbagliato, al di là della sua legittimità. Andando avanti così, arriverà un momento, che può anche non essere questo, che i fatti travolgeranno tutto. E sarebbe un peccato. Perché in fondo la Rai è sempre una bella azienda.


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