Rappresentava una speranza nel radicale rinnovamento e nel rilancio del centro-destra. A lui molti guardavano con simpatia come possibile leader di una grande aggregazione liberale, popolare, riformatrice, alternativa al Partito democratico di Matteo Renzi. Ma, al contrario di quanto avvenuto per l’alfiere della “Rottamazione”, la scommessa della “Formattazione moderata” portata avanti da Alessandro Cattaneo si è clamorosamente infranta a Pavia.
La città che aveva proiettato il giovane ingegnere alla ribalta della scena pubblica, accreditandolo come uno dei sindaci più amati d’Italia e come un modello pragmatico di buon governo, ne ha vanificato le aspirazioni politiche nazionali preferendogli al ballottaggio il rappresentante progressista e ambientalista Massimo Depaoli.
Il risultato è inequivocabile: 53,13 per cento contro 46,87 per cento, per uno scarto di 2mila voti. Ad aver costretto alla sfida decisiva l’ex enfant prodige di Forza Italia, giocando un ruolo significativo nell’esito finale, sono state le liste create da due “dissidenti” del centro-destra: l’ex assessore Cristina Angela Niutta e il consigliere uscente Niccolò Fraschini, giovane aderente alla proposta di “Leopolda Blu”.
Fraschini, qual è stata la ragione della rottura con Cattaneo?
Nel 2009 avevo aderito con entusiasmo alla campagna del centro-destra, ed ero stato eletto consigliere comunale nelle fila del Popolo della libertà ricoprendo il ruolo di presidente della Commissione Istruzione e Politiche giovanili. Poi mi sono dimesso dal gruppo.
Perché?
I problemi con Cattaneo riguardavano la principale azienda municipalizzata di Pavia. La ASM, che fornisce i servizi pubblici fondamentali dai trasporti al gas. Ho scoperto e denunciato l’assunzione capillare di figli e parenti di politici locali di destra e sinistra. Ad un tratto i potentati della maggioranza di centro-destra hanno spiegato al sindaco che la mia presenza nelle liste a suo favore era incompatibile con la loro. Un veto assoluto scaturito dal fatto che la mia battaglia toccava interessi radicati.
Così ha promosso la lista civica Idea Pavia.
Sì. Pur senza ottenere risultati eclatanti abbiamo raccolto quasi il 3 per cento dei consensi al primo turno. Adesioni che unite al 2 per cento conquistato dall’ex assessore Cristina Niutta, anche lei in rotta con Cattaneo, hanno sottratto al centro-destra i voti cruciali per vincere immediatamente.
Al ballottaggio però avete appoggiato il candidato del PD.
No. Abbiamo scelto di non sostenere nessuno degli sfidanti. Alcuni di noi hanno optato per Depaoli nel segreto dell’urna. Ma senza endorsement pubblico. Ragion per cui nessuno può affermare che noi siamo passati a sinistra. La nostra area di riferimento resta il centrodestra.
Ha avuto occasione di confrontarsi con l’ex primo cittadino?
Né nelle settimane di campagna elettorale, né durante i mesi precedenti. Cattaneo ha ritenuto fossimo una lista di “ragazzini della Pavia bene”, e non ci ha degnati di una telefonata. La presunta “lista dei ragazzini” invece ha contribuito alla sua sconfitta. Abbiamo formattato il “Formattatore”.
È tramontato il sogno della “Rottamazione del centro-destra”?
Guardi, la tanto sbandierata “Formattazione” di Cattaneo era una manovra promossa dall’establishment del nostro schieramento. Nulla a che vedere con un’iniziativa concepita da outsider coraggiosi e intraprendenti.
Per questo motivo ha firmato il Manifesto-Appello per una “Leopolda Blu”?
Con grande convinzione. Nell’idea di una radicale rigenerazione del mondo liberale, popolare, moderato, conservatore prefigurata nel “Contratto per il centrodestra” vedo uno spirito genuino di rinnovamento.
Come dovrebbe essere selezionata la nuova leadership alternativa allo status quo?
Promuovendo elezioni primarie di coalizione. Per porre fine alle logiche di corte e cooptazione che hanno caratterizzato soprattutto Forza Italia.
Quali personalità potrebbero guidare i moderati?
L’unica figura che ritengo per ora credibile è Benedetto Della Vedova. Nonostante sia un po’ in ombra sul piano politico anche per la sua partecipazione all’esperienza di governo come esponente di Scelta Civica, egli non ha mai mutato le sue idee di impronta riformatrice e liberale. Ha cambiato spesso partito, mai convinzioni. Fino a pochi giorni fa nutrivo simpatia anche per Giancarlo Galan, ma devo ritirare il mio appoggio alla luce della vicenda Mose.
È percorribile la strada di una coalizione unitaria delle forze antagoniste del Partito democratico?
L’approdo può essere una grande aggregazione conservatrice e liberale. Una sorta di “PD di destra” capace di accogliere le anime composite dell’area moderata. Tranne la Lega Nord, che marcando una propria identità territoriale e richiamandosi a un “Front National in salsa regionalista” rifiuta ipotesi di fusione. Con il Carroccio sarà possibile tutt’al più un’alleanza per il governo. Ma vi è un requisito preliminare per l’intero processo.
Quale?
Il ritiro di Silvio Berlusconi dalla scena politica. L’unico atto che potrebbe liberare le enormi potenzialità a lungo compresse nel calderone del centro-destra.